È brutta la vita del toro. E' tristissima la fine del toro quando si trova di fronte un torero artista e malefico che lo stuzzica e lo ferisce con le banderillas e lo provoca con il capote e poi la muleta e poi lo punta e quindi lo mata.
Questa è stata la fine dell'Italia, ubriaca e smarrita e umiliata di fronte al perfido matador, già campione di tutto e campione ancora di questo continente. E' brutto sentire in bocca, nel sogno, la dolcezza dello zucchero e risvegliarsi con il gusto aspro di una realtà diversa da quella della notte dei desideri, dei progetti, delle fantasie. L'Italia si è arresa alla Spagna e a se stessa, ha finito la corsa prima ancora di partire, è arrivata oltre l'ostacolo e qui si è fermata, bloccata dai limiti e dalle paure ma soprattutto dalla forza dell'avversario, illustrata dai titoli e ribadita dal gioco.
Perché arrabbiarsi per un errore di Chiellini o di Barzagli o di Bonucci sui tocchi di Silva e Jordi Alba? Perché scaldarsi per i nervi scoperti di Balotelli e la fatica generosa di Cassano? Perché cercare ancora una scusa, una giustificazione, un alibi a una sconfitta che ci stava e c'è stata, perché il football, ogni tanto almeno, consegna la vittoria a chi la merita e non a chi la scippa.
La Spagna, quella di ieri sera, è stata la Spagna che tutti, ahinoi, conosciamo ma che pensavamo, da cialtroni o romantici diciamo così, che così non fosse, almeno per questa finale. Ma i campioni non tradiscono e i gol, di eccellente fattura, degli spagnoli, sono stati la scintillante corona su un corpo regale. C'è poco da scherzare con la presenza, non desiderata, di Mario Monti in tribuna, inutile prima e superfluo dopo, come la monotonia della sua voce. I segnali del campo erano quelli di una notte maledetta, l'infortunio di Chiellini, quello successivo di Thiago Motta e di Balzaretti, il finale, eroico e patetico, in dieci uomini, stremati, alla ricerca del nulla con le banderillas malvagie di Torres e Mata (che cognome), sono stati il riassunto del sogno trasformato in incubo.
Non può essere sempre festa, non può essere sempre il carnevale di Balotelli, non può durare in eterno la maestria di Pirlo o la saldezza della nostra difesa. Ci sono anche gli altri e se gli altri vestono di rosso e non sono più furie ma giocano un football di delizia tecnica e di saggezza tattica, allora orejas y ovaciones , come si usa nella plaza de toros, quando il torero merita l'applauso e la riverenza e il toro giace, insanguinato e ormai finito. Così, lentamente si è conclusa la prima notte di luglio, mentre le bandiere tricolori erano bagnate di lacrime e non di spumante.
Non vorrei che adesso, secondo usi e costumi di questo nostro Paese così meraviglioso e così impossibile, si passasse dall'euforia alla depressione, ai pomodori e agli insulti. Gli azzurri non lo meriterebbero, così il loro allenatore. In piedi, dunque, ringraziamo la nazionale per avere riempito di regali e promesse queste sera caldissime di prima estate.
Nessuno avrebbe mai immaginato che saremmo arrivati a Kiev, nessuno avrebbe scommesso un euro su questa finale, dopo aver eliminato, con un semplice sospiro, Inghilterra e Germania. Così, invece, è accaduto, era il mese di giugno, sembra un anno fa.
Oggi è il tempo dei ricordi e dei rimpianti ma l'Italia è di nuovo una squadra, ha perso un'altra finale dopo quella olandese contro la Francia. Allora stava nascendo la nazionale che sarebbe diventata campione del mondo, sei anni dopo.
E' la speranza, l'ultimo appiglio di queste ore amare. Possiamo tornare a sognare. La notte sarà lunghissima. Vorremmo che finisse in fretta per non pensare più alla corrida e al torero. Sento rumori di nacchere e tamburi. Onore ai campioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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