Le opere dei «Presocratici»

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Se fossi in voi andrei a fare una visita ad Angelo Tonelli. Non vi sbagliate: abita a Tellaro, nel magnifico borgo su cui sfocia Lerici, sul Golfo della Spezia. Chiedete, lo conoscono tutti, figura imponente e dinamica, capelli all’aria e barbone pazzesco: sembra un incrocio tra Mangiafuoco, Sandokan e Prometeo. Di solito Tonelli anima il borgo ligure con rituali iniziatici e poetici; tendenzialmente è considerato un pazzo (il che è un complimento). In realtà Tonelli, autore di testi poetici roboanti fin dal titolo come Canti del Tempo (Crocetti, 2008) o Canti di apocalisse e d’estasi (Campanotto, 2008), è uno dei più grandi traduttori e interpreti dell’antichità classica in Italia. Piccolo excursus tanto per capirci: per Bompiani ha tradotto e commentato Empedocle, per Rizzoli ha risorto dall’oblio il mistico e alchimista Zosimo di Panopoli e ci ha fornito una edizione importantissima degli Oracoli caldaici, per Marsilio ha dato voce a Properzio. Il lavoro di Tonelli culmina nella traduzione di tutte le tragedie di Eschilo, Sofocle e Euripide per Marsilio: l’opera, completata tra il 2000 e il 2007, è eccezionale perché è la prima volta che i grandi tragici vengono tradotti interamente per mano di un unico poeta. Tanto per non farsi mancare nulla, Tonelli è il traduttore ufficiale di T.S. Eliot per Feltrinelli.
E ora siamo al cospetto di un’altra, iliadica impresa culturale: Tonelli si getta nella traduzione dei «presocratici», intitolando il lavoro Le parole dei Sapienti. L’opera, o meglio, l’epopea, «articolata in sette volumi» (intanto è uscito il primo, dedicato a Senofane, Parmenide, Zenone e Melisso; Feltrinelli, pagg. 288, euro 9,50), «si propone come innovativa sia a livello strutturale che ermeneutico». Che vuol dire? Anzi tutto che Tonelli traduce «soltanto le parole autentiche e dirette dei Sapienti», eliminando le così dette «testimonianze»; d’altra parte il traduttore «intende liberare il più possibile la loro parola dalle manipolazioni più o meno volontarie della tradizione dossografica o di altri pensatori». In sintesi, Tonelli si scaglia contro «gli esangui ermeneuti contemporanei», proponendoci a tutti gli effetti un testo «sacro» - e non una pillola anestetica per dottorandi in cerca di cattedra.
Diretto allievo di Giorgio Colli, lo straordinario studioso che per primo parlò di «sapienti» e non più di «presocratici» (per lo meno nella rassegna allestita per Adelphi, La sapienza greca), del maestro Tonelli assume lo sguardo, raffigurato icasticamente nel denso saggio La nascita della filosofia (Adelphi, 1975) in cui Colli dimostra che «l’età dei sapienti va contrapposta, e in qualche modo merita di essere messa più in alto, rispetto all’età dei filosofi». L’intuizione più personale di Tonelli è invece quella di sottolineare, con nutriti documenti, che «con ogni evidenza la Madre della Sapienza d’Oriente e d’Occidente è una sola e la medesima, benché da essa germoglino frutti ben diversi» (tesi già esplicitata nella traduzione di Eraclito, Dell’Origine, condotta sempre per Feltrinelli, 1993). Così, ad esempio, Parmenide e Melisso sono interpretati anche tenendo sotto agli occhi le Upanishad, Senofane, il geniale fustigatore dell’antropomorfismo («Ma i mortali si illudono che gli dei siano nati/ e abbiano vesti e voce e aspetto uguale al loro»), viene letto alla luce della sua grandezza poetica: «la Sapienza ha sguardo capace di sondare il Divino e l’umano, e può essere guida alle genti».

Ne viene fuori, e questo è il raggiungimento più grande del lavoro di Tonelli, che «i Sapienti greci non erano uomini da scrivania», ma uomini «che intraprendevano un cammino di continua ricerca di se stessi», uomini d’azione, dunque, oppure folli vagabondi (come i taoisti cinesi, o i monaci matti giapponesi) e uomini politici, come Zenone, che congiurò contro un tiranno, e pur di non rivelargli i nomi dei suoi complici si mozzò la lingua con i denti sputandogliela in faccia. Ostinatamente contrari al luogo comune e alla vanità della ragione, questi Sapienti, umilmente eroici.

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