C he curioso calcio è il nostro: a volte si prende talmente sul serio da sfiorare il ridicolo, in modo inconsapevole. Prendete Cesare Prandelli, serio e capace allenatore della Fiorentina: ha spedito le cassette delle ultime partite della sua squadra agli arbitri per documentare le sevizie riservate al suo centravanti. E, quasi allunisono, da Firenze tutta è partita la campagna dal titolo «Salvate il soldato Toni» reclamando una particolare attenzione alle caviglie del giovanotto che pure non è alto un soldo di cacio, e a giudicare da come si muove nelle aree di rigore, sa lavorare di gomiti oltre che di capoccione. Fin qui niente di nuovo sotto il cielo. Ogni tanto spunta qualcuno che invoca una tutela speciale. La sorpresa è nella dichiarazione seriosa attribuita allo stesso Luca Toni, modenese di Pavullo, e perciò dotato anche del necessario disincanto per non cadere nel trappolone. «Non posso essere io a chiedere la mia tutela, ci devessere qualcuno di più importante», ha spiegato.
Chi facciamo intervenire? Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, con la scusa che è toscano pure lui ed ha a cuore le sorti del Napoli e magari quelle del centravanti della Nazionale? Oppure puntiamo sulla signora Franca che già si è misurata sui napoletani più intelligenti dei lombardi? E di grazia, cosa dovremmo fare per tutelare, in questo caso, lincolumità del benamato Totti che viene sottoposto a una specie di tortura pubblica, preso di mira con interventi (vedere lultimo subìto a Treviso) che hanno riscontro solo in altre discipline sportive? Prima di Toni, che non sè mai lamentato durante la fortunata sequenza dei suoi gol, altri attaccanti del suo valore e magari anche più celebri, da Riva a Van Basten, sono stati accolti dalle feroci grinfie dei Burgnich e dei Pasquale Bruno di turno. Le hanno prese di santa ragione, non hanno mai porto laltra caviglia, ma han tirato dritto.
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