Ora Colombo fa giustizia con i libri

L’ex pm di Mani Pulite entra nel gruppo editoriale Mauri Spagnol: sarà vicepresidente della Garzanti

da Milano

Antonio Di Pietro è diventato ministro. Francesco Saverio Borrelli indaga sulle malefatte del calcio e Gerardo D’Ambrosio è senatore. Ora tocca a Gherardo Colombo, l’intellettuale del Pool, cominciare una seconda vita: Colombo diventerà vicepresidente della Garzanti e si tufferà in mezzo ai libri, la sua passione insieme ai codici. A febbraio il magistrato, insofferente ai ritmi da catena di montaggio della Cassazione, aveva annunciato il suo addio alla toga. Ora, anche se l’iter non è formalmente completato, ecco il passo successivo: Colombo entra nel sancta sanctorum del gruppo editoriale Mauri Spagnol, uno degli editori più prestigiosi e importanti d’Italia, con un portafoglio di marchi titolatissimi: Longanesi, Vallardi, Garzanti, Guanda.
La scintilla è scoccata durante le presentazioni dell’ultimo libro di Tiziano Terzani, Un altro giro di giostra: alla Garzanti hanno capito che Colombo poteva essere un ottimo investimento e un biglietto da visita di lusso e hanno cominciato a coccolarlo. «Io - spiega lui - ho detto loro che avevo una mezza intenzione di dimettermi e loro mi hanno prospettato l’ipotesi di lavorare per Garzanti. L’idea mi ha affascinato». Certo, Colombo è una di quelle persone che hanno interpretato il loro ruolo con un grammo in più di passione e a questo punto gli stavano strette le rarefatte geometrie burocratiche della progressione in carriera. Così si è deciso al grande salto: nel bene e nel male la diaspora del Pool dimostra la vivacità e la forza di quel gruppo di Pm che fra il ’92 e il ’94 defenestrarono la Prima repubblica. Stare dietro le quinte, a quanto pare, non fa per loro: e così al traguardo anagrafico dei sessant’anni Colombo chiude la sua prima vita, tutta in prima linea, e qualche volta anche oltre, dall’indagine sulla P2 a quella sul delitto Ambrosoli, fino al processo Imi-Sir.
Tante inchieste, tanti processi, tanti colletti bianchi nel mirino: il sogno di cambiare il Paese, ben oltre i limiti del perimetro penale, è naufragato mentre i capelli s’imbiancavano. Ora è il tempo della riflessione: «Che la giustizia funzioni molto male in Italia è un dato di fatto. Ho iniziato a pensare che per migliorare la giustizia fosse necessario fare qualcosa fuori dalle aule del tribunale per costruire una cultura della giustizia». Cambiare il Paese, in profondità e senza scossoni, senza la pretesa di riformarlo con le manette e gli avvisi di garanzia dal Palazzo. «La giustizia può funzionare meglio solo se cambia la relazione fra i cittadini e le regole, se dall’insofferenza si passa ad una relazione in cui si condividono i fondamenti che sono nelle Costituzione».
Colombo ci prova da tempo con un ventaglio di attività: le tavole rotonde, le lezioni nelle scuole, i saggi. Ora il tempo libero diventa una professione, la vocazione civile, condita con il sale dell’ideologia, si trasforma in un impegno stabile, nella possibilità di incidere sul catalogo che è presente negli scaffali della classe dirigente con nomi altisonanti come Claudio Magris, George Steiner, Abbé Pierre. «La prima cosa che voglio fare è iniziare a leggere i libri e a valutarli, anche sotto il profilo dell’affidabilità». Il primo strumento è dunque lo scandaglio, il tentativo di costruire titolo dopo titolo la mappa di quei valori che hanno animato Colombo nei 33 anni in cui è rimasto in servizio: la legalità, il rispetto per la Costituzione, la messa a fuoco dei diritti fondamentali delle persone, la memoria di chi ha sacrificato la vita per difendere gli ideali, il tentativo di esplorare gli angoli bui del potere, magari accendendo anche la lampada supplementare della dietrologia. Un mix di curiosità e furore, sia pure con i tratti garbati del borghese, che trabocca dai limiti imposti all’azione di un Pm o di un giudice.
Meglio cercare soluzioni alternative, Colombo vuole provare un nuovo percorso: «Ricordo qual era il sentimento di indignazione ai funerali di Giovanni Falcone 15 anni fa. Indignazione che poi è scemata e che sarebbe importante far rivivere». I libri, quindi come miccia e la seconda vita per rilanciare le battaglie condotte in precedenza.

«La sua vivacità culturale, la sua passione per la ricerca e l’impegno - si legge in un nota del gruppo - la comune tensione verso una società migliore assicureranno alla Garzanti un rilevante contributo intellettuale».

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