«Ora seduce anche Hollywood e il Giappone»

Adesso anche Hollywood vuole Valentina. A voler lanciare sul grande schermo la sexy eroina di Guido Crepax è una casa di produzione della California, che ha chiesto i diritti alla famiglia del grande disegnatore per girare un lungometraggio sulla celebre icona pop. L’accordo è ancora da definire, ma l’ipotesi di un film, secondo il primogenito Antonio, «non è assolutamente da escludere». Lo ha rivelato al Giornale alla vigilia dell’uscita per Magazzini Salani della prima edizione critica di due album che Antonio Crepax ha curato personalmente insieme alla madre Luisa e ai fratelli Caterina e Giacomo.
Signor Crepax, Valentina star di Hollywood: una bella scommessa.
«Bella ma rischiosa. La complessità di Valentina la rende un soggetto interessante, ma complicato da tradurre in un film. Certo, l’idea non ci dispiacerebbe. Aspettiamo che i tempi siano maturi».
Eppure una serie tv su Valentina era già stata girata in Italia, alla fine degli anni Ottanta...
«Sì, con Demetra Hampton, e i risultati si sono visti... Diciamolo chiaramente: quel film fu una schifezza. Enfatizzando solo certi aspetti, quelli “erotico-soft”, ha appiattito il personaggio, lo ha svilito. All’epoca la scelta, che per noi figli fu un errore, era stata di papà. Oggi la responsabilità è nostra: siamo eredi di un patrimonio culturale che dobbiamo diffondere, ma anche difendere. I libri che stiamo pubblicando, e che saranno i primi di una collana, vanno in questa direzione: presentare le storie più belle e spiegarne i retroscena, le curiosità».
Un’edizione critica, appunto. Caso raro se non unico per un fumetto.
«Pecchiamo di presunzione, dice? Può essere. L’idea è nata due anni fa, durante la mostra su Crepax alla Triennale di Milano. Ci siamo stupiti della quantità di giovani interessati alla sua opera. Così abbiamo pensato a un progetto editoriale che spiegasse loro chi era Valentina. Questa almeno è la prima ragione».
La seconda?
«Sfatare un luogo comune: e cioè che Valentina fosse un fumetto elitario, dalle storie complicate. Intendiamoci: era un fumetto colto, ricco di citazioni dal cinema, dall’arte, dalla letteratura. Ma per mio padre ciò non significava escludere la gente dalla cultura, ma, al contrario, avvicinare la cultura alla gente. Ognuno poi era libero di scegliere il livello interpretativo che preferiva. Ecco, con questa edizione vogliamo fornire una chiave di lettura in più».
Un esempio?
«Una volta papà pubblicò una storia ispirata all’opera di Kandinsky ma ambientata incomprensibilmente in Olanda. In realtà per quelle vignette aveva preso spunto da alcune mie fotografie, scovate in un cassetto, che avevo scattato durante una vacanza ad Amsterdam. Papà era così: una specie di vampiro delle storie altrui. Senza saperlo, te le ritrovavi sulle tavole».
C’è un aspetto di Valentina che è stato ignorato o frainteso?
«Non ne è stata capita la poliedricità. Anche le femministe che l’attaccarono, secondo me non avevano letto bene le storie. Altrimenti si sarebbero accorte che anche Valentina era femminista. Anzi, per certi versi, era più moderna e libera delle femministe. Rappresentava quelle aspirazioni tipiche delle donne di oggi, autonome, che lavorano, che non sono diverse dagli uomini né sulla professione e nemmeno nella vita privata o nelle fantasie».


Due anni fa la mostra a Milano, oggi l’edizione critica, domani forse un film. Altri progetti?
«Una mostra all’estero. Ci è arrivata una proposta dal Sud America e una dal Giappone: Valentina è un mito anche laggiù».

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