Green Day, il nuovo singolo The American dream is killing me riparte dalle idee del vostro grande successo American idiot?
«In realtà oggi il sogno americano è diventato un incubo».
Addirittura?
«Oggi gli States sono più divisi che mai, tutti sono schiavi dei social, le persone sono manipolate dagli algoritmi».
Difficile anche prendere posizioni.
«Io stesso cerco di non postare sui social nulla di politico: non voglio che la mia opinione diventi la propaganda di qualcuno».
Billie Joe Armstrong è voce e chitarra dei Green Day, è il leader di questa band da cento milioni di copie e pure in questa intervista ha parlato spesso a nome del bassista e del batterista, ossia di Mike Dirnt e di Trè Cool. Se il punk rock ha una popolarità trasversale nel mondo il merito è anche di questi tre cinquantenni californiani e di brani come Boulevard of broken dreams o Wake me up when september ends che sono entrati nelle playlist pop di mezzo mondo. Chitarre taglienti, batteria pesante, metrica asciutta. Adesso pubblicano il brano The American dream is killing me, l'apripista del disco Saviors che uscirà a gennaio e non è certo una iniezione di ottimismo. Di energia sì (nessuna ballata tradizionale). Ma il clima dell'album è cupo, tra le sparatorie al supermercato di Living in the 20's e le «nonne fatte di Fentanyl» in Strange days are here to stay con il verso nostalgico: «Da quando è morto Bowie nulla è stato più come prima». E l'altra sera i Green Day hanno suonato un concerto (quasi) a sorpresa ai Magazzini Generali di Milano per 800 persone che per due ore abbondanti sono tornate agli anni Novanta dei riff di chitarra affilati e delle magliette sudate. A proposito, Billie Joe a un certo punto ha pure indossato la maglietta della Nazionale italiana con il numero 72, suo anno di nascita, stampato sulle spalle. Uno sketch che ritorna sin dai tempi degli Stones nel 1982.
In The American dream dipingete un mondo «tra TikTok e tasse».
Armstrong «Il sogno americano nato negli anni '50 sembrava un dipinto di Norman Rockwell, il padre al lavoro, la mamma a casa, tutti sorridenti. Ora è cambiato tutto e quell'idea è morta con la crisi. Il costo della vita è aumentato drasticamente, ci sono senzatetto ovunque e molti sono costretti a scegliere tra pagare le bollette oppure l'affitto di casa».
Ci vogliono dei Saviors, dei salvatori come dice il titolo dell'album?
Armstrong «In realtà non ci sono salvatori. Dovremmo soltanto metterci insieme e aiutarci l'un l'altro. Abbiamo iniziato a scrivere le canzoni durante la pandemia e siamo rimasti molto colpiti dalle immagini in arrivo dall'Italia. Le persone che si aiutavano, la gente che cantava sui balconi».
In Dilemma lei canta: «Ero sobrio, ora sono di nuovo ubriaco». Riferimenti autobiografici?
Armstrong «Quel brano si riferisce all'importanza della salute mentale. Quando eravamo bambini ci dicevano che tutto è colpa della testa ed è vero. Tutto nasce da lì, anche l'abuso di sostanze».
Lei ha sconfitto i suoi demoni (ha avuto problemi di alcolismo - ndr)?
Armstrong «Stamattina sì, domani non so».
Il rock non se la passa tanto bene.
Armstrong «Oggi i generi sono saltati e ci sono artisti come Jelly Roll o Post Malone che li mescolano molto. Quanto al rock, beh, voi avete i Måneskin che sono la più grande band italiana di sempre».
Trè «Ethan è un grande batterista. Ci conosciamo bene, sono andato a vederli cinque volte dal vivo».
Tutto cambia. Sono finiti anche i Beatles.
Armstrong «Sono stati degli innovatori e anche stavolta sono riusciti a tirare fuori una canzone da una quasi canzone, un provino registrato tanti anni fa».
In carriera avete avuto due successi giganteschi. Dookie del 1994 e American idiot di dieci anni dopo.
«E Saviors riempie la distanza tra loro».
Il 16 giugno suonerete agli I-Days di Milano.
Suonate insieme da oltre trent'anni e non vi siete mai separati.«Siamo ancora amici e abbiamo ancora voglia di parlare insieme. Ma soprattutto in una band sai che, quando inizi a litigare, si arriva presto alla fine del litigio».
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