Ancora cristiani perseguitati. È il caso di Asia Bibi, la donna pakistana ma di religione cristiana arrestata nel 2009, in seguito condannata a morte per blasfemia (l'accusa era di aver insultato Maometto durante una lite con alcune donne musulmane) e ora detenuta in isolamento nel carcere femminile di Multan (nella provincia del Punjab) sta sempre peggio. Le sue condizioni, a detta del presidente dell'organizzazione in difesa delle minoranze Life for All, sono sempre più “tragiche” ed avrebbe bisogno di “adeguate cure mediche”. Che sicuramente non ha in un carcere descritto in un rapporto pubblicato sul Pakistan Christian Post come “dalle pessime condizioni igieniche”.
Anche se la sua sentenza lo scorso luglio era stata sospesa in attesa di un riesame del caso da parte della Corte suprema (la massima istanza giudiziaria pachistana), si fa a quanto pare sempre più urgente la necessità di intervenire prima che sia troppo tardi. Anche perché a quanto riferito da alcune fonti Asia Bibi sarebbe anche stata minacciata di morte.
Oltretutto, non riesce a vedere la sua famiglia che saltuariamente e da dietro le sbarre. Suo marito e i loro cinque figli tra l'altro sono costretti ad una vita di clandestinità per sfuggire alla vendetta degli estremisti religiosi. Il marito, Ashiq Masih, ha raccontato ad Avvenire che quando Asia è stata condannata a morte, tutta la famiglia vive in un clima di terrore: “siamo stati costretti a fuggire dal paesino in cui vivevamo e a trasferirci a Lahore”, dove però le difficoltà non sono mancate. Anche perché da quando il ricorso contro la sentenza capitale è stato accettato, la tensione degli estremisti è cresciuta al punto da far circolare fotografie dell'uomo per impedirgli di trovare lavoro, estremamente necessario per mantenere i cinque figli.
Due dei quali (i maschi) sono nascosti in una località protetta, mentre le tre figlie femmine vivono con il padre nell'aula di un scuola. In isolamento e solitudine. “Ma non possiamo lamentarci. Asia – dice l'uomo – sta molto peggio di noi: è chiusa in una cella da oltre cinque anni. Dobbiamo essere forti anche per lei”.
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