Una pallanuoto da scudetto ma solo dopo i quarant’anni

Milano vince il campionato da due anni nella categoria Master. Le prime squadre «annaspano» in serie B

Un paradosso in piscina. La Canottieri Milano è campione d'Italia di pallanuoto da due anni di fila, ma nella categoria master, riservata ad atleti che hanno superato la boa dei 40 anni. Dietro di loro bisogna scendere fino alla serie B, il terzo livello nazionale, per ritrovare la stessa Canottieri, più Geas e Cus nel maschile, Metanopoli nella femminile. Come dire: i veterani hanno sempre fame d'oro, le nuove leve annaspano. E la pallanuoto, in città, resta un oggetto misterioso a sessant'anni dall'ultimo scudetto, quello della Canottieri Olona nel 1947, con il leggendario Cesare Rubini, che era pure nazionale di basket e sarebbe diventato uomo-simbolo dell'Olimpia.
«Ma noi non ci sentiamo dei portabandiera: siamo solo dei romantici che non rinunciano al piacere di uno sport sano e divertente e al gusto della vita di spogliatoio», se la ride Renato Siberna, 44 anni, assicuratore, giocatore, anima della Canottieri master: c'era anche lui, nel 2000, quando quella che era una squadra di C si ritrovò esclusa dal campionato per sopraggiunti limiti di età e allora decise di iscriversi al torneo per veterani. Vincendo lo scudetto 2005 a Livorno e 2006 ad Anzio, con un gruppo che ha pure qualche ex-giocatore di serie A, come il mancino D'Amelio e Tomassini. E che, nelle finali nazionali, incrocia i pari categoria di club nobili quali Recco e Posillipo e personaggi come Mario Scotti Galletta e Sante Marsili, iridati a Berlino nel 1978.
«In squadra abbiamo avvocati, commercialisti, un giornalista, c'è pure un medico che gioca e, se occorre, cuce le ferite», prosegue Siberna, figlio di Renato, tricolore a Camogli quando il campo era ancora in mare, «ma senza nuovi stimoli si appassisce: quest'anno quindi ci siamo iscritti anche alla categoria over 30. Ci alleniamo un paio di volte alla settimana. Ed è poco…». Partite interne il venerdì sera alla Canottieri di Alzaia Naviglio Grande 160. L'obiettivo? Le finali di Napoli, in luglio.
Ma perché Milano - una decina di squadre, 721 atleti tesserati - si fa notare solo con i vecchietti terribili? «Perché nessuno investe in questo sport, che pure offre moltissimo sotto il profilo educativo», spiega Danilo Vucenovich, presidente del comitato lombardo della Federnuoto «e perché c'è un problema di impianti. In città si gioca solo alla piscina Samuele di via Mecenate, al Saini di via Corelli e alla Canottieri, confinati in orari serali. Con la pallanuoto scende meno gente in vasca rispetto al nuoto e chi gestisce guadagna meno.

Il vivaio è buono, non mancano atleti che passano a club più quotati ma quando abbiamo tentato di portare il Cremona a giocare a Milano la serie A1, la mancanza di risorse e di una piscina adeguata ci hanno fermato. Bisognerebbe dedicare una vasca solo alla pallanuoto, per dare tempo e spazio ai giovani, come insegnano Liguria e Campania». Nell'attesa, i veterani continuano a nuotare.

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