Il pane da mille e una ricetta

Roberta Corradin

Caro, vecchio, buon senso marchigiano. Quello dei pescatori che non buttano via niente perché tutto è nutrimento, anche il pane vecchio. Dall'ultima edizione di Pane Nostrum a Senigallia, in provincia di Ancona, fra i tanti pani provenienti da tutta l'Italia e l'Europa, ci ricordiamo ancora le gallette del marinaio, fatte ad anelli come degli otto accoppiati, sfornate da un panificatore marchigiano apposta per l'esposizione, perché purtroppo quelle bellissime gallette oggi non le fa più nessuno e ancora una volta ci si chiede «Ma come fanno i marinai?»... E soprattutto, che cosa mangiano i marinai marchigiani adesso, pane a cassetta a lunga conservazione?
In attesa che qualcuno faccia chiarezza sul regime alimentare dei barcaioli da Pesaro a Grottammare, riportiamo i frutti dell'estro creativo locale, che fa del pane vecchio una delizia insospettabile quand'è ripresentata a tavola. Ferran Adrià, a Milano per l'ultima edizione di Identità Golose, ha detto che sta nascendo la nuova cucina italiana. Bene, a noi piace pensare che rinasca anche così, dall'ingegno con cui si assemblano le briciole di pane.
Mauro Uliassi, per cominciare, ha una sua personale nobilitazione della panzanella, canocchie e quenelles, ispirata alle merende che le mamme marchigiane davano ai bambini: pane e frutta. Perciò nella panzanella di Uliassi, in stagione, gioca anche l'anguria. Mauro pesta il pane secco, lo sbriciola e lo inumidisce con succo di pomodorini a pendolo; lo insaporisce con cipolla tritata, basilico, tabasco e un goccio di aceto di vino rosso. Rimesta e alla fine unisce i pomodorini a spicchi. Ottiene una panzanella morbida ma abbastanza compatta da poter formare delle quenelles, che serve con una corte di salse colorate. C'è quella di filetti di peperone, frullati con poco olio extravergine di oliva e sale. C'è quella di olive taggiasche, frullate con poco olio. E c'è una tautologica salsa di panzanella, che rinforza il concetto primario del piatto, e si ottiene frullando 100 g della panzanella preparata prima con 2-3 cucchiai di acqua, sale, pepe e olio extravergine di oliva. Sul tutto, vanno dei «fiocchi di pane» che poi sarebbero il prodotto di una essicazione quanto mai ariosa di grossi pezzi di pane asciugati in forno a 70°, passati al setaccio e selezionati con un criterio al contrario: si usano solo quelli che non passano attraverso le maglie. Ritostati in forno a 140°, si pregiano di una consistenza ariosa, di fiocco. Sulle quenelles di panzanella proposte con un gioco geometrico di salse vanno adagiate due canocchie per commensale, spadellate con poca acqua e sgusciate. Nell'angolo, due rombi di anguria ammiccano al ricordo delle merende mangiate in piedi sul bagnasciuga, pane e cocomero, e poi via di nuovo a far castelli di sabbia.
Se Uliassi si ispira alle merende, Moreno Cedroni propone un dessert che è una rielaborazione delle vecchie colazioni con pane e caffelatte. Lungi dal voler peccare di hybris nel tentativo di ricreare gli equilibri sottili della ricetta, proponiamo una summa che potrà essere di ispirazione agli esecutori già bravini. Moreno sostituisce il caffelatte d'antan con un gelato di latte, caffè espresso e panna liquida. Poi lavora sul concetto di tiramisù, e prepara una salsa con mascarpone, zucchero, tuorlo d'uovo e panna: porta quasi a bollore la panna zuccherata e la stempera col tuorlo in una terrina; lascia intiepidire e amalgama il mascarpone. Inzuppa il pane raffermo in una soluzione di caffè e zucchero, sino a ottenere una base su cui adagia il gelato e che guarnisce, beato lui, con dadini di una sua laboriosa gelatina di liquore al caffè. Noi cuochi comuni possiamo presentare la base di pane ammollato nel caffè, con su il gelato, un velo di salsa al mascarpone, e, se abbiamo pazienza di prepararli, pure i dadini di gelatina. Oppure, soluzione veloce, possiamo acquistare dei chicchi di caffè rivestiti di cioccolato e guarnire il dessert con quelli, il concetto non cambia e Moreno di sicuro non si scandalizza.
Sul sito di Mare nostrum, www.marenostrum.com, smanettando tra un link e l'altro, si trovano pure le ricette tradizionali marchigiane riadattate dai docenti dell'Istituto alberghiero Panzini, che per l'occasione si sono esibiti in piazza insieme agli studenti.
La minestra di passatelli, un classico regionale, diventa una pasta asciutta da condire con filetti di sgombro e una julienne di guanciale, giocabilissima per un invito a cena, non solo per un riciclaggio di pane vecchio da operare in famiglia. I passatelli si possono preparare anche con il pan grattato già pronto, ma quello fatto in casa è più saporito (si fa tostare il pane in forno a 180° finché risulta dorato, poi lo si frantuma e lo si passa al setaccio). I docenti del Panzini invitano a sperimentare la versatilità del passatello: provateli con un sugo di funghi porcini, con la fonduta, con salsicce e verdure.
Per fare i passatelli, si amalgamano 6 uova, 150 g di pane grattato, 150 g di parmigiano e 150 g di farina di grano tenero sino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Con l'apposito attrezzo si cavano i passatelli, che vanno adagiati con cura su un vassoio spolverato di pane grattugiato e tenuti in frigo sino al momento di cuocerli. Se non avete l'attrezzo per schiacciare i passatelli, fate passare il composto da una schiumarola a fori grandi.

Per la salsa, spadellate filetti di sgombro e pomodorini in extravergine insaporito con aglio, timo e peperoncino; insaporitevi i passatelli lessati al dente e scolati; guarnite con una julienne di guanciale spadellato a parte e con foglioline di timo fresco. Un figurone. E dire che è solo pane vecchio...

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