Il pantheon letterario "spettinato" dell'eretico Francesco Permunian

Una raccolta di citazioni e pensieri d'autore di ogni tempo e Paese firmata da uno dei narratori più eccentrici delle nostre Lettere

Il pantheon letterario "spettinato" dell'eretico Francesco Permunian
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Prima di chiedersi cosa sia un libro come I demoni beati (Oligo) uno splendido ossimoro sgraffignato ai pensieri di Gottfried Benn occorre domandarsi chi sia l'autore, Francesco Permunian, a sua volta un impenetrabile ossimoro.

Permunian è un solitario, amico di tutti. Vive appartato, ed è al centro del mondo letterario. Eremita, ti inonda di mail. Rivendica il suo essere provinciale, e il suo nome risuona internazionale: «Oui, je suis François Permunianì». È un pacifico, dinamitardo. Un abitudinario, imprevedibile. Un narciso ecoista (ma non egoista). Un outsider molto ben introdotto. Un emarginato consacrato. Un boicottato richiestissimo. È un veneto mitteleuropeo. Schifa la critica, la quale non riesce a non occuparsi di lui. Snobba i salotti, che vorrebbero averlo. Un eccentrico, normalissimo. Un marginale, ma centralissimo. Ortodosso nella sua eresia. Insopportabilmente simpatico.

Bibliotecario che passerebbe la vita a scrivere, scrittore che non può vivere senza leggere, Francesco Permunian ama così tanto la letteratura da permettersi il lusso di detestarne la maggior parte, quella degli intellettuali vanitosi e vittimisti, degli scrittori falsi che scivolano nel melodramma, i maestrini che hanno solo da imparare, gli autori soddisfatti di loro stessi, i ruffiani editoriali, i saltimbanchi festivalieri... Sono tutti bersagli delle sue stoccate: mendicanti delle patrie lettere, marmaglie artistiche, gramigne letterarie, apprendisti stregoni della penna, venerate anticaglie e giovin autori di moda. Quelli che attraversano le pagine come zombi e restano impalpabili fantasmi della scrittura.

Archivista di ricordi, lector egregius, ascoltatore di racconti e cantore di storie, Francesco Permunian, da Cavarzere Cavàrxare, profondo Veneto, terra di paludi, alluvioni, meraviglie, castelli, santi e bestemmie è un collezionista di voci, quelle dei suoi scrittori prediletti. Le cerca (in libri, giornali, riviste), le riconosce, le acchiappa, le ritaglia, le archivia, le mette in bacheca. Ed ecco I demoni beati, una vetrinetta di carta in cui esporre brani di romanzo, stralci di lettere, appunti di diario, capoversi di articoli... mettendo in un suo personalissimo ordine il disordine di citazioni che spaziano nel tempo, nelle geografie, nei canoni letterari.

Anzi, no. I demoni beati è il collage di un artista, chiamato Francesco Permunian, che incolla, assembla e sovrappone citazioni imperdibili, risonanze poetiche, pensieri filosofici, lettere editoriali, scampoli di saggi, rimasugli di mémoires, scatti fotografici, spigolature e pettegolezzi (ah, quanto vale di più, a volte, una piccola maldicenza che un grosso romanzo!). Sono oggetti e frammenti di cui si compone la vita creativa dell'autore.

Anzi, no, no: è uno Zibaldone, ecco cos'è I demoni beati! Uno scartafaccio incompleto e incompiuto in cui c'è dentro di tutto: l'invettiva, il sogno, la morte, la parodia, il riso, il pianto, la vita, la solitudine, la gloria, l'effimero, la disperazione, il burlesco. Soprattutto i ricordi di un gruppo di autori che compongono il pantheon privato, piccolo ma scelto, del lettore onnivoro e spettinato Francesco Permunian. Dentro cui riposano, insonni, Goffredo Parise, Thomas Bernhard, Mandel'tam, Gombrowicz, Proust, Bohumil Hrabal... ma dove pure avrebbero potuto starci Manganelli, Meneghello, Piovene, Sergio Quinzio, Testori e padre Turoldo

O forse, no. No, no... I demoni beati è il personalissimo, affollato, fantasmagorico «carro di Tespi» letterario di Francesco Permunian, un teatro mobile strapieno di parole e intuizioni, insegnamenti e provocazioni che porta in giro per le pagine una variegata compagnia di attori-autori, grandi e meno grandi, alcuni ormai caduti nell'oblio, altri ancora molto letti e amati, che non scrivono mai a sproposito. Eccoli. Roberto Bolaño, lo «stregone». Jorge Luis Borges, il Venerabile Cieco. Il disperato Alexander Langer. Eccelsi artigiani come l'implacabile Achille Campanile e il placido Aldo Buzzi. Nobilissimi scrittori contadini come Julio Llamazares e Juan Rulfo. Il Santo Eretico Guido Ceronetti. L'oscuro romanziere palermitano Angelo Fiore. O il Vecchio Poeta Victor Hugo.

Tutta gente che gli tiene compagnia e che ha formato e modellato la sua educazione letteraria. La sua stessa scrittura.

I demoni beati è un'opera mobile, che muta, si espande, si allarga, si moltiplica, che l'editore non riesce a contenere, che come la letteratura non si può fermare. Permunian, permanet.

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