La Parmalat ai francesi? Ora si muove Tremonti: tutelare nostre aziende

Schieramenti delineati per la "battaglia" per il controllo di Parmalat in vista dell’assemblea del 14 aprile per il rinnovo dei vertici. Ma, dopo il caso Bulgari, si muove anche il governo: no a scalate straniere

La Parmalat ai francesi? 
Ora si muove Tremonti: 
tutelare nostre aziende

Schieramenti delineati per la "battaglia" per il controllo di Parmalat in vista dell’assemblea del 14 aprile per il rinnovo dei vertici. All’appello mancano solo i candidati di Lactalis, il gruppo francese che ieri ha annunciato a sorpresa di avere raccolto in poche sedute l’11,42% del capitale di Parmalat e che, entro questa sera, renderà nota la sua lista di nomi per il board.

Le diverse divisioni nel gruppo Intesa Sanpaolo ripropone l’amministratore delegato uscente Enrico Bondi in cima a una lista di "manager e imprenditori di primissimo livello" tra cui spiccano i nomi dell’ad di Wind Luigi Gubitosi e del numero uno di Palladio Roberto Meneguzzo. La banca, ha confermato Corrado Passera, è pronta a fare la sua parte ma "deve esserci un progetto industriale". Intorno alla lista di Intesa, secondo le previsioni, si coaguleranno i consensi di chi vuole difendere l’italianità di Parmalat. Intanto il governo sta studiando la possibilità di adottare un provvedimento a difesa e tutela delle imprese italiane. Il ministro Tremonti ha, infatti, svolto una relazione sulla normativa francese a tutela delle imprese strategiche, in vista di un prossimo provvedimento del governo. L’attenzione è rivolta in particolare ai recenti casi Gucci, Parmalat ed Edison.

Assente la cordata italiana Al momento non risulta costituita una "cordata italiana"; ambienti vicini a Luca Cordero di Montezemolo, che nelle scorse settimane aveva valutato il dossier con il suo fondo Charme II, negano nuovi contatti per un ingresso nel gruppo di Collecchio. Dalla polica arriva un’esortazione: "Credo che in Italia ci siano le energie, le capacità che mi auguro sapranno proporsi adeguatamente", ha detto il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Non dobbiamo essere "solo prede", ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni ha chiesto che sia il governo a lavorare a una cordata italiana, mentre la rappresentante della Cgil Susanna Camusso ha ventilato un "rischio Bulgari". A difesa dell’italianità si schierano, a sorpresa, anche i tre fondi esteri Skagen, Mackenzie financial corporation e Zenit asset management, che con la loro discesa in campo lo scorso 26 gennaio avevano acceso i riflettori su Parmalat: il candidato amministratore delegato Massimo Rossi, che conta di raccogliere tra il 20 e il 25% delle preferenze in assemblea, ha escluso "categoricamente", conversando con l’Agi, l’ipotesi di un accordo con Lactalis e si è schierato piuttosto a favore dell’indipendenza e italianità di Parmalat e aprendo a "chiunque abbia la stessa idea", a cominciare da Intesa Sanpaolo. Assogestioni, raccogliendo intorno a sè il 2,28% del capitale, ha presentato un elenco di tre nomi per il consiglio: il primo è quello di Gaetano Mele di Lavazza.

Il boom su piazza Affari Nel frattempo in Borsa è stato nuovamente "boom" di scambi, con oltre 100 milioni di pezzi passati di mano, pari al 6% del capitale, che si sommano al 10% movimentato ieri e all’ulteriore 10% scambiato tra martedì e mercoledì.

Il titolo ha chiuso in rialzo del 4% a 2,60 euro per azione; nell’ultima settimana ha guadagnato il 10,96%. Non esclusi altri colpi di scena prima di un’assemblea nella quale si arriverà presumibilmente alla conta dei voti.

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