Parsons, il re della nuova danza

Quando, negli anni '80, fecero capolino sul palcoscenico i ballerini di «Caught», una delle più riuscite coreografie di danza moderna di tutti i tempi firmata dall'artista statunitense David Parsons, allora pressoché sconosciuto al grande pubblico, fu subito chiaro che un capitolo nuovo si era aperto nel mondo dell'arte performativa. Lo spettacolo, con quella forza teatrale ed espressiva che sarebbe diventata una costante dei lavori di Parsons, insieme all'uso sapiente delle luci stroboscopiche che in un'alternanza continua fra chiari e scuri facevano apparire i danzatori continuamente sospesi in aria, è ancora oggi il pezzo più famoso dell'intero repertorio della Parsons Dance Company, e il più elogiato dalla critica. La musica portava la firma del chitarrista rock Robert Fripp, fondatore dello storico gruppo inglese King Crimson. La vera novità, però, erano le coreografie: fisiche e al tempo stesso leggere come nuvole, ironiche e a tratti sensuali, capaci di coinvolgere ed emozionare il grande pubblico, e non solo la stretta cerchia di appassionati. Da lì a pochi anni David Parsons sarebbe diventato un maestro e un'icona della modern dance, firmando oltre settanta coreografie divenute veri e propri cult, commissionate da festival internazionali e messe in scene dalle maggiori compagnie del mondo (l'Opera di Parigi, il Netherlands Dance Theater, l'English National Ballet...). Persino le colonne sonore sembravano scelte appositamente per soddisfare i palati più eterogenei: si spaziava dalle partiture di Mozart e Rossini al jazz di Phil Woods e Miles Davis, per sconfinare nel tango, nei ritmi samba, fino alla musica elettronica e ai grandi nomi del rock. Oggi, dopo tre lunghi anni di assenza, la Parsons Dance torna in Italia per riproporre dal vivo una selezione delle sue creazioni più celebri, più una nuova coreografia presentata in anteprima europea: «Round my world», accompagnata dalle note di un violoncello solista digitalizzate dal compositore Zoe Keating. Il tutto, in uno straordinario spettacolo di luci (a cura dell'eclettico light designer Howell Binkley, pilastro della compagnia fin dal suo esordio, nel 1987), di musica, colori, evoluzioni e acrobazie che debutterà a Milano, al Teatro Nuovo, dal 31 gennaio al 5 febbraio, per proseguire in un lungo tour che toccherà alcune delle maggiori città dello stivale, fra cui Genova, Torino, Bologna, Roma, Padova, Trapani, Palermo e Catania. In scena, un gruppo affiatato di giovani ballerini, per lo più statunitensi - fatta eccezione per l'italiana Elena D'Amario, ventunenne di Pescara, finalista della nona edizione di «Amici» di Maria de Filippi, e dall'agosto 2011 membro ufficiale della compagnia -, scelti non solo per l'alta preparazione tecnica e atletica, ma anche per il carisma, la presenza scenica, il sex appeal.

Saranno loro i protagonisti delle cinque coreografie selezionate per il pubblico milanese, fra cui vale la pena ricordare - oltre all'indimenticabile «Caught» del 1982 e all'inedito «Round my world» - il lavoro pensato nel 1990 sulle partiture di Milton Nascimento, composte dal musicista brasiliano come omaggio alla compagnia in occasione del «Festival in the Sun» in Arizona; o l'ironico «Hand dance» del 2003, ispirato alla tecnica del mimo e ad una forte gestualità capace di dar vita a un'infinita varietà di immagini e movimenti; o ancora il tango e le danze popolari di «Swing Shift» del 2002, costruito su quattro coppie con due strepitosi assoli finali. Ritmo, tecnica, energia, virtuosismo e teatralità sono alcuni degli ingredienti della Parsons Dance che rendono questo spettacolo un unicum del panorama contemporaneo. Da non perdere.

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