Parte il campus: poli di studio tra Italia e Cina

Francesca Lojola

Una fucina di ingegneri e manager italiani nella terra del Dragone, come pure di laureati cinesi «di cerniera». Gli uni e gli altri con il plus di un prezioso bagaglio interculturale, preparati a irrobustire le fila di chi fa impresa nonché di una novella classe dirigente. È il succo dell’iniziativa battezzata Campus italo-cinese che, con l’intesa tra il Miur e il ministero dell’istruzione della Repubblica popolare di Cina, dà corpo a due inediti poli di studio per l’ingegneria e per l’economia e il management: entrambi a Shanghai, nelle rispettive sedi delle università Tongji e Fudan (considerate eccellenti negli specifici settori), il primo in collaborazione con i Politecnici di Milano e Torino e il secondo con il coinvolgimento degli atenei Bocconi e Luiss. A sostenere il progetto, che schiude nuove opportunità al sistema delle imprese italiane, un plotoncino di grandi aziende che include Fiat, Finmeccanica, Mediaset, Merloni e Telecom, alle quali s’aggiungono Fondazione Cariplo, Banca Popolare di Milano, Unicredit, Banca Intesa e Fondazione Banca del Monte di Lombardia. La scelta di Shanghai non è casuale, dato che proprio nell’area metropolitana della capitale economica della Cina si concentra buona parte delle oltre 500 imprese italiane già attive in loco. Si tratta, soprattutto, secondo una recente indagine Bocconi, di aziende lombarde del settore meccanico che producono per il mercato locale, già presenti da almeno un decennio attraverso apposite joint venture.

I corsi universitari, che saranno attivati a settembre, comprendono due Bachelor (laurea italiana di primo livello e Xueshi cinese) in Ingegneria dell'informazione e in Ingegneria meccanica e della produzione, e, per l'area economica, un master biennale in International management, tutti ugualmente forieri del doppio titolo.

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