Ufficializzate le candidature per la guida del Pd, si comincia a capirne la natura: sarà un partito di plastica. La dimostrazione più evidente è stata la porta in faccia sbattuta a Pannella e a Di Pietro. Erano un «cavallo di Troia» che rischiava di introdurre, l'uno da posizioni libertarie l'altro da istanze populiste, il granello di sabbia del «popolo» nell'ingranaggio della macchina che Veltroni e Rutelli, in perfetta sintonia d'interessi, stanno costruendo per metterla al servizio dei poteri forti. I «democratici» sono di fatto un'oligarchia che neppure l'insulso rito di primarie teleguidate riuscirà a nascondere. Questo apre al centrodestra praterie di consensi. A condizione che Berlusconi & C. sappiano cogliere il peccato originale del Pd che è quello di aver cancellato ogni rappresentanza dal basso. Tre fatterelli accaduti nelle ultime ore lo provano. Esaminiamoli.
Il primo è il sondaggio pubblicato da Il Giornale che mostra come il Pd non riuscirà a sommare i voti di Ds e Dl, ma libererà consensi soprattutto a sinistra. La ragione è molto semplice. Se la politica cessa di essere progetto e diventa mera rappresentazione d'interessi chi - come gli ex Ds - vede nella militanza una speranza di condizione migliore si sente frustrato. Non a caso l'antiberlusconismo ha funzionato come collante perché suscita invidia sociale. Ma oggi è difficile immaginare le sfogline delle ex feste dell'Unità che si spaccano la schiena per i reggitori di coda del milieu debenedettiano. Lassenza dalla corsa per la premiership di candidati autenticamente diessini sradica di fatto i «democratici» dal loro unico aggancio popolare.
Ne è una prova la velenosa intervista che D'Alema ha dato al Corriere. Il popolo dei Ds non dimentica che Walter Veltroni ha dichiarato: «Non sono mai stato comunista». Per paradosso l'unico candidato popolare (in tutti i sensi) è Rosy Bindi, destinata al naufragio, e non è un caso che a lei sia andato l'appoggio di Parisi segnalando peraltro uno strappo nella compagine prodiana. Si dice che Enrico Letta sia il rappresentante dei «dossettiani». Non è così: Enrico Letta è solo l'enfant gatée del blocco economico cattolico.
Il secondo fatto è il regalo che i margheriti hanno fatto a Carlo De Benedetti con il ddl Gentiloni, scippando una rete a Berlusconi e donandola al gruppo Espresso. È una sorta di nemesi: Rete 4 fu dei Formenton e stava per incontrare De Benedetti nella grande guerra per Repubblica. Ovvero stava per fallire. Andò nella spartizione della Mondadori a Berlusconi e si salvò. Vedremo ora che torna per Gentiloni concessione nelle mani dell'Ingegnere che fine farà. Questa è la prima cambiale che i futuri oligarchi del Pd pagano al loro più cospicuo sponsor il quale peraltro ha dichiarato di recente: «Ho sempre fatto gli interessi miei e dei miei azionisti, ma rivendico un ruolo sociale dell'impresa» elevando Bill Gates a suo modello. Ora basterebbe ricordare le vicende Olivetti per esclamare: da che pulpito. Ma questo riferimento illustra paradigmaticamente cosa sarà il Pd.
Il terzo fatterello è la totale scomparsa di due riferimenti fondamentali: l'area laica (e si spiega il niet a Pannella) e l'area diessina (e si spiega la freddezza D'Alema-Veltroni). Il modello di società che l'attuale sindaco di Roma e il suo predecessore hanno in mente non prevede infatti variabili né di libero pensiero, né di pensiero collettivo, prevede soltanto la narcotizzazione dei ceti più deboli e il governo degli ottimati. È una visione tutta romana, tutta curiale che ha fatto nascere un mostro: una sorta di Giano bifronte che con Veltroni guarda agli apparatnik, al generone e ai palazzinari e con Rutelli guarda ai grand commis, ai furbetti del borsino.
Questo mostro si chiama Veltrelli e ha una concezione della società e delleconomia pre-marxista e marxiana: è l'economia di Ricardo dove la merce ha valore per il lavoro che immagazzina e lo Stato ha il ruolo non di regolatore, ma di interdittore. È una visione cupa dell'uomo incapace di autodeterminarsi che deve essere guidato appunto dagli oligarchi. Non a caso Veltrelli è il rappresentante più puro della Casta e la sua ideologia è il pensiero Lebole, la fabbrica che vestiva tutti i funzionari di partito. È infatti un partito prêt à porter quello che sta nascendo: pronto a soddisfare gli appetiti di chiunque pur di perpetuarsi. È effimero, patinato, come Veltrelli l'unico politico italiano che non dismette mai giacca e cravatta perché così vuole la buona società e il pensiero Lebole.
Per il centrodestra l'occasione è dunque unica. Se il Pd guarda a Ricardo e cioè all'economia dell'offerta (e perciò privilegia i produttori, meglio se collettivizzati) Berlusconi&C. devono guardare alla scuola economica austriaca. Devono rileggere Carl Menger e occuparsi della domanda (e cioè dei cittadini come uomini liberi): dell'economia come strumento della soddisfazione dei bisogni. Lo scontro che si apre è tra chi pone il valore-lavoro e chi esalta il valore dell'utilità.
Se il centrodestra saprà far esplodere questa contraddizione sarà in grado di rappresentare gli interessi dei cittadini senza aggettivi.
Carlo Cambi
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