La storia della compagnia LaMia, proprietaria dell’Avro RJ85 precipitato in Colombia mentre trasportava la squadra del Chapecoense nella notte di domenica, è segnata da affari fracassati e fondi di provenienza sospetta, originati da una partnership tra un imprenditore spagnolo radicato in Venezuela, un faccendiere cinese che trafficava diamanti in Africa e il governo venezuelano dell’epoca di Hugo Chávez.
La compagnia LaMia (Línea Aérea Mérida Internacional de Aviación) è stata fondata nel 2009 da un’iniziativa dell’allora governatore dello stato di Mérida, Marcos Díaz Orellana, per favorire il turismo locale. L’obiettivo principale era far tornare a volare aerei dall’aeroporto di Mérida “Alberto Carnevalli”, situato a 1526 metri sul livello del mare e circondato dalle Ande. Lo scalo era stato abbandonato nel 2008 dalle compagnie aeree a seguito dell’incidente del volo Santa Bárbara Airlines 518, schiantatosi contro una montagna subito dopo il decollo, provocando la morte di 46 persone. La prima aeronave tornata ad atterrare nell’aeroporto, il 16 agosto 2010, era parte della flotta della neonata LaMia. Un’inaugurazione acclamata in pompa magna dal Correo Del Orinoco, giornale creato da Chávez e pubblicato a spese del governo venezuelano, come un “sogno concretizzato per gli abitanti di Mérida”. Grandi aspettative circondavano la LaMia, compagna di capitale misto (statale e privato), che sarebbe dovuta diventare un vanto del regime. I piani prevedevano la messa in operazione di 12 aeronavi da 20 milioni di dollari di costo ciascuna, e una rapida espansine estera, con rotte a Panama, Aruba, Trinidad y Tobago, Manaus e Boa Vista.
La società venne registrata formalmente come azienda del settore “scienza e tecnologia”, beneficiando così di generose sovvenzioni statali venezuelane e anche di un fondo di investimento creato dal governo cinese per stimolare l’economia del Venezuela. L’imprenditore responsabile per l’amministrazione della compagnia aerea era lo spagnolo Ricardo Albacete Vidal, naturalizzato venezuelano e attuale presidente della LaMia.
Tuttavia, gli affari non sono mai decollati per davvero. Anzi, la LaMia non ha mai fatto partire neanche un aereo dall’aeroporto di Mérida, tanto che in poco meno di un anno Albacete dovette ricapitalizzare la società. Operazione difficile in un paese bolivariano, dal quale gli imprenditori stranieri si tengono alla larga e dove già scarseggiavano perfino i beni di prima necessità, come la carta igienica. Ma miracolosamente, in un’intervista concessa ad un canale televisivo venezuelano nel giugno 2011, Albacete affermò aver trovato un partner interessato a salvare la LaMia: un imprenditore cinese conosciuto solo con le sillabe Sam Pa. “C’è un cinese, nostro amico, che gode di buona situazione economica. Lo conosco da anni perché ho un’azienda anche in Cina. Ci sta appoggiando in questa operazione. Si chiama Sam Pa e fa affari in Angola”, dichiarò Albacete, raccontando di aver ricevuto un apporto finanziario da parte dell’uomo d’affari cinese.
Ma Sam Pa è molto conosciuto anche dalla stampa internazionale. In un lungo reportage pubblicato dal Financial Times nell’agosto 2014, il cinese (il cui vero nome sarebbe Xu Jinghua) è indicato come colui che ha aperto le porte dei paesi africani alle statali cinesi per sfruttare le risorse naturale dal continente. Uno degli principali affari mediati da Sam Pa ha coinvolto la società petrolifera angolana Sonangol. “Durante l’ultimo decennio, Pa è emerso dall’oscurità per conquistare affari in cinque continenti dal valore di decine di miliardi di dollari”, è scritto nel pezzo del FT firmato dal giornalista Tom Burgis, specializzato in questioni africane e autore del libro “The Looting Machine: Warlords, Tycoons, Smugglers and the Systematic Theft of Africa's Wealth”. Durante la sua oscura quando repentina carriera, Pa si sarebbe seduto al tavolo con dittatori del calibro di Robert Mugabe o Hugo Chávez. In diverse occasioni è stato accusato di essere coinvolto in operazioni illegali, come il contrabbando di diamanti dello Zimbabwe. Tanto che la sezione antiterrorismo del Dipartimento del Tesoro degli USA lo ha inserito nella lista di soggetti sottoposti a sanzioni internazionali con l’accusa di “pregiudicare le istituzioni democratiche dello Zimbabwe e partecipare al traffico di diamanti”. “Tra le altre cose, Pa avrebbe versato oltre un milione di dollari ad una agenzia governativa di repressione dello Zimbabwe”, si legge nel rapporto di Washington, che proibiva qualsiasi transazione di cittadini americani con il cinese e ne congelava tutti gli attivi nel territorio degli Stati Uniti. Le sanzioni non hanno impedito a Pa di continuare a fare affari in Africa e addirittura negoziare l’acquisto di un campo petrolifero in Galizia, Spagna. Ma evidentemente deve averne combinata qualcuna anche in patria, perché nell’agosto dello scorso anno Pa è stato arrestato a Pechino dopo un’indagine promossa dallo stesso Partito Comunista Cinese contro suoi membri coinvolti in episodi di corruzione.
Pur avendo ricevuto ingenti somme da Pa, la LaMia non è riuscita a superare da un profondo rosso di bilancio. Contemporaneamente è uscita anche dai radar della stampa venezuelana, che fino a poco prima l’aveva esaltata come orgoglio nazionale. Nel 2015 Albacete decise di affittare i velivoli della LaMia ad un’azienda boliviana creata con lo stesso nome, il cui principale business era organizzare voli charter per squadre di calcio e nazionali sudamericane. Tra gli aerei affittai, vi era l’Avro RJ85 caduto nei pressi di Medellín, uccidendo 75 persone. La LaMia boliviana ha come soci lo stesso Albacete, il pilota Miguel Quiroga, che era ai comando dell’aereo al momento dell’incidente ed è perito nello schianto, e il direttore generale Gustavo Vargas. Vargas ha confermato alla stampa locale che l’aereo era di proprietà di Albacete e che pagava all’imprenditore venezuelano un affitto mensile. Tuttavia, in un’intervista concessa al giornale spagnolo El Confidencial, Albacete ha affermato che la responsabilità degli aerei era della società boliviana. “Non siamo soci né funzionari della LaMia boliviana, ma solo della LaMia venezuelana. Abbiamo lasciato lo stesso nome solo a causa delle immagini verniciate sulla fusoliera degli aerei”, ha affermato Albacete, sottolineando come Sam Pa avrebbe presto comprato l’aereo. Albacete si trova attualmente in Spagna, dove lavora come lobbysta della compagnia petrolifera angolana Sonangol. La stessa di Sam Pa.
Gli inquirenti colombiani hanno recuperato le scatole nere del velivolo e le analisi potranno indicare le cause dell’incidente. Non si esclude che la scarsa manutenzione del mezzo abbia provocato il disastro. L’Avro RJ85 è stato prodotto dalla British Aerospace dal 1978 al 2002, quando è uscito di produzione. Un modello simile a quello precipitato è utilizzato dalla Royal Air Force per trasportare la Regina Elisabetta II nei suoi viaggi internazionali. Tuttavia, se nella versione originale il velivolo ha una disposizione per il trasporto di 70 posti, la LaMia avrebbe aumentato il numero dei sedili portandoli a 112. L'aereo precipitato era ll’unico mezzo della compagnia aerea che riusciva a volare, dato che gli altri tre velivoli di sua proprietà sono bloccati a terra da mesi ufficialmente per manutenzione.
Carlo Cauti
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