Un pastore e le sue 400 pecore unici abitanti nel paese di Giuda

Antonio Duca si ostina a vivere nel borgo diroccato in provincia di Matera dove Gibson girò The Passion. Craco, evacuato dopo il sisma dell'80, fu usato come set per la scena del suicidio dell'apostolo traditore

Un pastore e le sue 400 pecore  
unici abitanti nel paese di Giuda

Sotto l’albero sul quale si impiccò Giuda, brucano pecore e capre. È il gregge del pastore Antonio Duca, unico abitante di un paese abbandonato dagli uomini e dimenticato da Dio.

L’ultimo a ricordarsi di Craco, una sorta di presepe-fantasma in provincia di Matera, fu nel 2003 Mel Gibson che qui girò una delle scene più intense del suo The Passion: il suicidio di Giuda Iscariota, l’apostolo che tradì Gesù Cristo per trenta denari. Molti di più ne offrirebbero invece al signor Duca per «tradire» l’amata Craco. Ma lui niente, tosto come gli zoccoli delle sue 400 bestie, ha sempre risposto di no. Anche a costo di sfidare denunce e diffide piombategli sul capo dalle autorità locali che lo accusato di «danneggiare le case del paese».

La verità è che finché il rude Antonio continuerà a presidiare il territorio con il suo gregge, qualsiasi ipotesi di speculazione è destinata a rimanere al palo. Ma a chi potrebbero far gola le macerie di Craco? A molti, a molti... Perché queste non sono ruderi normali, ma pietre ricche di una suggestione tutta particolare. Non a caso questo paesino medievale a 391 metri sul mare è stato scelto spesso dalle produzioni cinematografiche come set: qui nel 1978 Francesco Rosi ambientò alcune scene di «Cristo si è fermato a Eboli» tratto dal capolavoro di Carlo Levi; tra gli altri film girati a Craco «King David» di Bruce Beresford (1985), «Nativity» di Chatrine Hardwicke (2006), «Il sole anche di notte» di Paolo e Vittorio Taviani (1990), «Terra bruciata» di Fabio Segatori (1999), «Tre fratelli» di Rosi (1981).

Anche Antonio Duca, a ben guardarlo, sembra un personaggio cinematografico. Cosa vuoi più dalla vita? Un lucano, appunto. E quel «lucano», chissà, potrebbe proprio avere la faccia aspra e l’anima pura del pastore di Craco. Il figlio di Antonio di fare il mestiere del padre non ne vuole sapere («andrà all’università», dice il padre con orgoglio), intanto rimedia qualche euro facendo da cicerone ai turisti «fuorilegge» che si avventurano tra i vicoli proibiti di Craco. I cartelli affissi dal Comune parlano chiaro: «È severamente vietato l’accesso». Ma quelle bicocche piene di mistero esercitano sui «forestieri» un’attrattiva ben maggiore delle abitazioni belle e pulite del nuovo paese rinato tra frazione Peschiera e contrada S. Angelo a 7 chilometri dal borgo antico. Per la Craco d’antan il colpo di grazia arrivò col terremoto ’80: fu allora che gli 800 residenti della Craco antica abbandonarono definitivamente le loro abitazioni.

Un’agonia cominciata nel 1963 dopo una frana che distrusse una parte del paese e proseguita con l’alluvione del 1972 che fece ulteriormente scivolare Craco verso valle; nei decenni successivi la terra seguitò a essere ballerina, fino a stabilizzarsi negli ultimi anni. Ma per un vero rilancio dell’area non basta una natura meno nemica che in passato, ci vorrebbero finanziamenti speciali.

Ma qui di soldi ne sono arrivati sempre pochi, briciole rispetto ai fiumi di danaro che giustamente hanno trasformato i Sassi di Matera in un patrimonio dell’umanità riconosciuta dall’Unesco. E che dire dei pozzi petroliferi della vicina val d’Agri? Dovevano essere la ricchezza di tutta la Basilicata. Le cose, invece, sono andate diversamente.

Gli abitanti di Craco non si fanno illusioni: «Per recuperare il vecchio paese ci vogliono troppi soldi, solo un grande magnate potrebbe salvarci... ». Qualche tempo fa si fece il nome di Francis Ford Coppola, originario di Bernalda, paese a pochi chilometri da Craco, ma non se n’è mai fatto nulla. E così l’unico a fare il pendolare tra Craco nuova e Craco vecchia resta il pastore Antonio che di giorno porta il suo gregge all’ombra della torre normanna e la sera ritorna tra le mura del paese «moderno».

«Vorrebbero cacciarmi - racconta Antonio Duca ai giornalisti che è arrivano fin quassù per raccontare la sua storia -. Dicono che sono un rivoluzionario.

Il Comune mi ha denunciato e portato in tribunale: per qualcuno le mie capre danneggiano le case. Ma io so di avere ragione e non mi muovo». Paura che crolli tutto? «Craco è stata in piedi mille anni e resterà in piedi per altri mille».

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