La paura della paura

Una volta gli stranieri ci giudicavano dei pusillanimi congeniti perché abbiamo perso qualche guerra. Non si chiedevano che cosa avrebbero fatto i loro soldati se fossero stati male armati e male organizzati come i nostri. Adesso gli stranieri pensano che ci voglia un certo coraggio a vivere in Italia, l'Italia dei terroristi, della mafia, dello sciopero permanente, del «niente funziona», questa repubblica fondata sul caos e che in campo internazionale conta meno di Malta. Ma si sbagliano di nuovo. Milioni di italiani vivono qui, non potendo andare altrove, non certo per sprezzo del pericolo. Non ci siamo fatti più eroici: le circostanze ci hanno fatti più martiri. I nostri capi odierni l'ardimento non lo fingono nemmeno più. Ma non sono da rimproverare. Non si può sostenere che la paura sia sempre vergognosa e nociva. La natura ce la dà con l'intenzione di farci del bene. Tuttavia c'è paura e paura(...)
Non governare da soli, quando la democrazia lo consente e lo invoca, è segno di debolezza e di cattivo auspicio. È prevedibile che si finirebbe col non governare più, né da soli né in compagnia. Quando si chiese a Jean Dutourd da che si potesse riconoscere un grande capitano, rispose: «Dal fatto che non sbaglia di nemico».

A noi basterebbe che i nostri capitani non sbagliassero paura. Se non possono fare a meno di tremare, e nell'Italia contemporanea è difficile farne a meno, tremino però per la giusta causa.
Sergio Ricossa - 12 febbraio 1980

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