Qualcuno ci va per nostalgia, qualcuno perché sente il richiamo della foresta, qualcuno perché ha ancora il manifesto di Mao in camera, qualcuno perché non ha mai smesso di credere nel partito, qualcuno perché semplicemente sognava da una vita di vedere quanto fosse grande la Grande Muraglia. E così sono partiti. Tutti in Cina a scuola di comunismo.
La notizia non arriva da mestatori e neppure da twitter. La scrive l’Espresso , settimanale debenedettiano. I giovani quadri del Pd non vanno in viaggio di studio a Londra, a riscoprire il blairismo e neppure nella Washington di Obama, non inseguono vaghi sogni socialdemocratici e snobbano il welfare scandinavo. No, nulla di tutto questo. Vanno a studiare a Nanning, capitale del Guangxi, Cina meridionale, ospiti del Partito comunista cinese.
«Come si legge sul sito dell’International Department del Comitato centrale del Pcc - rivela l’Espresso - una delegazione capeggiata dalla professoressa Mariangela Matonte, in rappresentanza del Dipartimento formazione del Pd, ha visitato la Cina per un «tour di studio» dal 30 novembre al 10 dicembre. Dodici studenti di Officina Politica, corso di formazione dei futuri dirigenti Pd, sono stati ospiti presso un campus di partito dove tuttora si studia il marxismo». Magari il Pd si è aggregato a una gita di partiti della sinistra europea alla scoperta di Mao? No, sono stati gli unici ad andare.È un’anomalia tutta italiana. È un viaggio alla ricerca delle proprie radici. È che la Cina di questi tempi è radical chic. È un residuo del ’68 che non è mai stato smaltito. È un mercato ricco per le coop. È l’unico posto dove ormai si studia il marxismo ortodosso.
Su Facebook i dodici neo maoisti hanno messo anche le foto. Come a dire: guardate è tutto vero. Il Pd manda i leader del futuro a prendere lezioni di marxismo e ci tiene a farlo sapere in giro. In fondo in questa crisi di identità, avranno pensato, offriamo ai nostri ragazzi un punto di riferimento preciso. La Cina è un colosso economico. È l’impero che sorge a Est. Sono quelli che hanno l’America alguinzaglio e ricordano a Obama che il debito degli Stati Uniti è nelle mani di Pechino. La Cina come esempio vincente da seguire. La Cina che in fondo non ha mai rinnegato il comunismo e, anche se è diventata ricca, continua a essere uno stato totalitario, dove gli operai non sono ancora andati in paradiso e la libertà individuale è un concetto che non esiste.
La Cina in fondo è come Cuba: un sogno. L’unica differenza è che i padroni cinesi hanno imparato più in fretta a giocare in Borsa.
Il timore è che il Pd si senta solo. Non sappia più bene cosa sia e a chi aggrapparsi. Non ci sono più ideologie.
D’Alema sembra un banchiere svizzero, la Bindi una pasionaria del biancofiore, Veltroni uno sempre in rotta per l’Africa ma ogni volta perde il biglietto, perfino Bersani ha perduto quel sapore naïf da festa dell’Unità e bocciofila di paese. Senza più Berlusconi a Palazzo Chigi non sanno bene come lamentarsi e Monti li sta facendo morire di noia. L’unica via di fuga era la Cina. Andiamo lì e magari ci convincono che siamo ancora comunisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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