Pedali: "Le mie radici? Sono nella musica nera"

In Popin Jazz è affiancata da star del jazz come Fresu, Dado Moroni, il giovane Cafiso e Tamburini: "È la sintesi del mio percorso musicale e del mio amore per i vari generi"

Pedali: "Le mie radici? Sono nella musica nera"

Ha inciso diversi album, nel 2003 ha partecipato a Sanremo Giovani e la sua canzone, "Vorrei", è stata la più trasmessa dalle radio. Ha cantato un po' ovunque - persino al Madison Square Garden di New York - ma non molti hanno sentito parlare di Daniela Pedali, gran voce in bilico tra pop, soul e jazz. Ora ci riprova con "Popin Jazz", il nuovo cd che la vede affiancata da star del jazz come Paolo Fresu, Dado Moroni, il giovane Francesco Cafiso, Marco Tamburini.

Punta molto su questo disco.

Si, è la sintesi del mio percorso musicale e del mio amore per i vari generi. Una serie di canzoni che attraversa trasversalmente tutti gli stili con un occhio particolare alla fusione tra pop e jazz.

Si può definire easy jazz?

Piuttosto io parlerei di soul jazz, visto che le mie radici sono nella musica nera. E' un lavoro con cui volevo dire qualcosa di più profondo e personale.

Come ha fatto a coinvolgere stelle come Fresu e Moroni?

E' stato un processo naturale, hanno ascoltato il progetto e si sono subito sentiti coinvolti nel reinterpretare brani come Eleanor Rigby dei Beatles, Billy Jean di Michael Jackson o Se mai, versione italiana di Smile di Charlie Chaplin, che avevo già inciso nel mio album precedente.

Come nasce artisticamente Daniela Pedali?

Da bambina, quando cantavo da sola nella mia stanza, ero felice e mi sentivo me stessa. Da allora non ho più smesso e ho deciso di trasformarla in una professione. Ho partecipato a diversi concorsi e ho tentato diverse strade finchè il produttore Angelo Valsiglio mi ha scoperto e mi ha permesso di incidere il primo album.

È stata anche in tv?

A 16 anni ho partecipato a Re per una notte, il programma su Italia 1 di Gigi Sabani che anticipava i talent show e poi a Derstinazione Sanremo di Pippo Baudo e Claudio Cecchetto, lo show che mi ha permesso di partecipare a SAnremo Giovani nel 2003. Ma a Sanremo il successo non è arrivato. Quei tre minuti sul palco di Sanremo sono stati un'emozione unica perchè il Festival fa parte della nostra cultura. E' stata un'esperienza entusiasmante e non è vero che non abbia avuto successo. Il mio brano è stato il più trasmesso dalle radio tra quelli dei giovani e poi è arrivato il successo internazionale.

Cioè?

Subito dopo il Festival ho firmato un contratto in America con la Sony Discos, ho registrato un disco in spagnolo per il mercato latinoamericano e ho fatto una tournee massacrante, a volte persino due concerti al giorno. Un'esperienza che mi ha insegnato molto. Poi ho avuto successo in Russia, Ucraina e il pezzo Swords, che ho inciso con gli inglesi London Beat, è arrivato a sorpresa in testa alla classifica in Danimarca.

Quali sono le sue radici musicali?

Ascolto da sempre il soul e il rhythm'n'blues di Ray Charles, Aretha Franklin, Otis Redding e le grandi cantanti di jazz, ma la vera folgorazione mi è arrivata col primo disco di Whitney Houston. Da allora ho continuato a coltivare le radici nere ma cercando di amare sempre più me stessa per trovare una strada personale. Insomma vorrei essere originale e non imitare nessuno.

Che cos'è per lei la musica?

La musica, soprattutto il jazz, per me sul palco si diventa cronaca, scambio di energie, istintività, dialogo e comunicazione con il pubblico. Un groviglio di emozioni.

Come mai non ha provato anche lei con i reality e con i talent show?

Preferisco seguire la strada dei concerti e dei dischi ora che è avviata. Devo dire che i reality, ad un certo punto, hanno messo in crisi la mia carriera.

Come mai?

Perché ormai tutto passa solo da lì. E' giusto e bello che ci siano e che aiutino tanti ragazzi ad emergere, ma non devono diventare il canale esclusivo per avere visibilità ed entrare nel mondo discografico. Meno male che poi mi sono ripresa e ora punto molto su Pop In Jazz.

Daniela Pedali ha un sogno?

Ne ho mille perché sono esuberante, ma forse il più grande, legato alla mia carriera, è quello di vedere una folla sterminata che canta con me una delle mie canzoni.

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