Un pedofilo a Calderoli: «Castrazione chimica per ritornare a vivere»

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Un pedofilo a Calderoli: «Castrazione chimica per ritornare a vivere»

Emiliano Farina

A Roberto Calderoli, l'accusa di essere uno «sciacallo irresponsabile» non è proprio andata giù. Il ministro per le Riforme difende e rilancia la proposta sulla castrazione chimica per gli stupratori attraverso la confessione di uno di loro. «Un condannato per gravi reati sessuali su minorenni - spiega il ministro leghista - ha chiesto di sottoporsi spontaneamente alla terapia: ha ammesso le proprie responsabilità dichiarando che l'unica strada percorribile è quella dell'andro-sospensione. In caso contrario si è detto certo che una volta uscito di prigione tornerà a violentare».
Per spiegare la necessità di una campagna da «tolleranza zero» verso i reati sessuali, oltre all'esempio pratico, Calderoli si rifà alla legislazione di altri Paesi che applicano da tempo la castrazione chimica. «L'unica risposta che posso dare a chi mi attacca è di informarsi meglio. Infatti la misura che propongo viene già applicata con successo in Stati come Danimarca, Norvegia, Svezia, Germania e Stati Uniti. Alcuni di questi sono persino guidati da governi di centrosinistra».
Oltre alla discussione sull'opportunità o meno dell'introduzione della castrazione, infuriano le polemiche anche sulla richiesta di espulsione di tutti gli immigrati irregolari. Una decisione che, secondo il coordinatore nazionale delle segreterie del Carroccio, rientra «nell'operazione di bonifica del Paese». Immediata la replica di Alfonso Pecoraro Scanio: «Calderoli sembra uno sciacallo perchè così si accusano anche i tanti extracomunitari che lavorano onestamente nel nostro Paese. Bisogna aumentare la tutela dei cittadini - conclude il presidente dei Verdi - ed essere molto rigorosi coi criminali che abbiano precedenti: sia italiani che extracomunitari».
Il passaggio dal dibattito politico a quello della vita quotidiana è drammatico. Secondo l'Istat, il 2,6 per cento delle donne tra i 14 e i 59 anni è stata oggetto di uno stupro o di un tentativo, mentre lo 0,6 ha subito violenza. Il 27 per cento delle aggressioni sessuali avvengono per strada ma è il fenomeno casalingo a farla da padrone. Infatti in tre casi su quattro, il protagonista del reato è un familiare o un amico. Dai dati forniti da Telefono rosa, risulta che l'aumento delle violenze tra le mura domestiche è collegato all'abuso di alcol (+11 per cento) e droghe (più 4,8 per cento). La vittima standard della violenza è la donna tra i 35 e i 54 anni, sposata e con figli. Generalmente fa la casalinga o l'impiegata. In aumento anche le segnalazioni da parte di donne laureate: il 14 per cento, quasi il 2 per cento in più rispetto al 2003. L'autore tipico della violenza è invece il marito o convivente, di professione impiegato (21 per cento).
Numeri e situazioni che, oltre ai fatti di cronaca di questi ultimi mesi, testimoniano una terribile escalation che chiede di essere fermata. In questo senso, il cambiamento avvenuto nel 1996 delle norme sullo stupro, passato da reato contro la morale a delitto contro la persona, non sembra abbia avuto effetti decisivi. Neanche con l'inasprimento delle pene e l'introduzione della querela irrevocabile. Con la vecchia disciplina, chi commetteva quella che veniva chiamata «violenza carnale», doveva scontare una pena dai 3 ai 10 anni.

Con la riforma, si è passati dai 6 ai 10 anni con l'aggravante di 2 anni in più in caso di violenza di gruppo o commessa contro un minore. In compenso oggi lo stupro si chiama «violenza sessuale».
Nel 1996 il Parlamento era arrivato a modificare le norme del codice Rocco dopo quasi vent'anni di dibattito.

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