
Buongiorno Egr. Dr. Feltri,
Apprendo con molto dispiacere che il lungo silenzio di Vittorio Sgarbi, molto loquace da sempre e interessante da ascoltare, è dovuto alla depressione che lo sta invadendo. Credo venga curato e monitorato, ma come cittadina e lettrice del Giornale a Sgarbi vicino, vorrei chiedere se fosse possibile fare qualcosa per aiutarlo, una petizione, un consiglio, una parola moltiplicata tante volte quante i lettori volessero spendere, affinché sia fatto tutto il possibile per salvare questa persona da una malattia che parte solo e soltanto dalla propria testa e dalla propria volontà. Mi appello soprattutto a Lei, Dr. Feltri, che stimo molto e che ho sentito dedicare su Facebook un pensiero a Sgarbi. Spero possa fare qualcosa per andargli incontro anche da parte di tutti noi e convincerlo di farsi curare da uno specialista da lei consigliato con tanto affetto. Un enorme in bocca al lupo a un critico d'arte strepitosamente divulgativo.
Grazie e cordiali saluti
Roberta Bartolini
Genova
Cara Roberta,
non è con le petizioni, la raccolta di firme e neppure con i consigli e la buona volontà che è possibile tirare fuori una persona dal tunnel buio della depressione, la malattia del nuovo millennio che non risparmia neanche i giovanissimi e che oggi dilaga più che mai. Nemmeno l'amore, che tutto può, può fare qualcosa in questi casi. Lo sanno bene i parenti, mariti, mogli, genitori, figli, fratelli, di un individuo che soffre di questo terribile male, il male oscuro, di cui io stesso ho patito, scegliendo tuttavia con lucidità di farmi aiutare, fiducioso come sono nella medicina e nella scienza.
È il malato a dovere compiere questa scelta, quella di andare verso l'uscita, di reagire quando non si ha neanche la forza di alzarsi dal letto e di lavarsi. Non si può fare a meno dei farmaci in questi casi, ossia quando lo stato di malessere è radicale, profondo, capace di limitare e rendere impossibili i comuni gesti e le consuete attività quotidiane. Mi addolora sapere che il mio amico Vittorio, così ricco di vita, di energie, di talento, sia divorato interiormente dal mostro della depressione, che non risparmia nessuno, né giovani né vecchi, né ricchi né poveri, né donne né uomini. Al di là dell'uso dei medicinali, trovo utile - e parlo per esperienza personale, ossia senza la pretesa di fornire una ricetta medica di sicura efficacia - la compagnia di un animale domestico. I miei amici a quattro zampe, gatti, cani, cavalli, asini, hanno lenito molto la mia sofferenza interiore, mi hanno fatto sorridere, mi hanno fatto riscoprire la gioia di vivere, di stare al mondo, di essere vivo. Trovo i gatti particolarmente buffi e non c'è giorno in cui il mio amato Ciccio non mi regali addirittura risate. Poi, quando alla sera mi raggiunge a letto e si sdraia beato accanto a me e mi guarda con tenerezza, avverto come un calore nel cuore, una pace straordinaria che dal mio gatto proviene. E chissà quanti lettori potranno ritrovarsi in questa mia confidenza, che consegno a te, cara Roberta, che ti preoccupi dello stato di salute di una persona che ti è estranea ma anche familiare, a cui riesci a volere bene pur non conoscendola. Anche questa è una cosa bella.
Chi è depresso non riesce ad apprezzare nulla di tutto ciò. E proprio questo è l'aspetto più tragico di tale morbo, che rende ciechi, ciechi davanti ai piccoli grandi piaceri della vita, ciechi davanti alle piccole grandi bellezze, davanti alla grande bellezza. Per un uomo come Vittorio Sgarbi, che subisce da sempre in modo così totalizzante la bellezza, come quella dell'arte in tutte le sue forme, è condizione atroce quella in cui egli in questo momento versa. Quello che lo emozionava prima ora non lo emoziona più. Gli è indifferente. Non lo scuote. Non lo smuove. Non gli fa effetto. Non gli dà piacere.
Ma io sono certo che questa non sia che una parentesi, che Vittorio uscirà da quel tunnel, poiché c'è troppa vita in lui perché egli possa rinnegare la vita, egli è troppo in grado di accorgersi del bello per smettere di scorgerlo intorno a lui. Accadrà che un giorno egli deciderà di muoversi verso quella luce. Non possiamo salvare nessuno. E questo è difficile da accettare, non ci è dato di salvare, non ci è dato di trattenere, non ci è dato di scegliere al posto dell'altro. Possiamo solo amare, aspettare, sperare, tendere la mano, credere, esserci, anche silenziosamente, in qualche modo esserci, mentre l'altro compie l'impresa, mentre l'altro si salva da sé. Così abbiamo fatto e facciamo tutti.
Non posso non concludere questa epistola esprimendo un pensiero che ho trattenuto troppo a lungo: la condizione di salute di Sgarbi tanto
dipende dal fango e dalla persecuzione mediatica di cui egli nei mesi scorsi è stato fatto bersaglio. Ci sono persone che reggono a questa macellazione spietata. E altre che restano triturate dentro. Come è successo a Vittorio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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