Una spia al soldo dell’Unione Sovietica a Buckingham Palace. Non è lo spunto per la trama di un romanzo, ma la realtà. Una storia vera, accaduta tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, che vede protagonisti la regina Elisabetta e il curatore delle opere d’arte del Palazzo, il britannico Anthony Blunt. A far rumore non è solo questa notizia, non del tutto nuova per i biografi della monarchia britannica, bensì il fatto che nessuno abbia rivelato alla sovrana la presenza a corte di un uomo del Cremlino.
Al servizio di Sua Maestà (e di Mosca)
Anthony Blunt (1907-1983) non è un nome nuovo per gli appassionati della storia dei Windsor. Formatosi al Marlborough College e all’Università di Cambridge, nel 1945 l’uomo divenne uno dei più importanti professori e storici dell’arte europei. Nel 1945, ricorda il Telegraph, fu nominato da Giorgio VI “Surveyor of the King’s (Queen’s) Picture”, curatore dei quadri di Buckingham Palace, incarico mantenuto anche sotto il regno di Elisabetta II, fino al 1972. Questa è stata la vita pubblica di Blunt, la quotidianità vissuta alla luce del sole.
Nell’ombra, però, lo storico avrebbe vissuto un’esistenza parallela, molto meno formale, compassata e decisamente più pericolosa. Attorno al 1934, infatti, Anthony Blunt sarebbe entrato a far parte di un gruppo di spie al servizio dei sovietici denominato “Cambridge Five” e composto dagli agenti Kim Philby, Guy Burgess, Donald Duart Maclean e John Cairncross. Il nome del gruppo deriva dal luogo in cui i suoi membri si sarebbero conosciuti, ovvero l’Università di Cambridge.
Blunt avrebbe continuato a passare indisturbato informazioni ai sovietici per tutto il periodo della Seconda Guerra Mondiale, mentre combatteva per il proprio Paese, servendone anche l’intelligence. Nel 1939, dopo l’invasione tedesca della Polonia, si unì alla British Army, nel 1940 prese parte all’evacuazione di Dunkerque e nello stesso periodo venne reclutato perfino dal servizio di intelligence MI5. Proprio approfittando del legame con i servizi segreti britannici l’uomo avrebbe inviato al Cremlino i risultati della decodificazione, attraverso la macchina “Enigma”, dei messaggi cifrati tedeschi (tale decrittazione viene ricordata con il nome “Ultra”).
Blunt avrebbe avuto un ruolo, sebbene non provato, anche nel celebre scandalo Profumo: secondo le indiscrezioni nel 1963 Buckingham Palace lo avrebbe incaricato di acquistare per 90mila sterline e poi far sparire i dodici ritratti fatti ad alcuni esponenti della royal family dall’illustratore Stephen Ward. I reali avrebbero tentato di cancellare le tracce del loro legame (pure questo mai verificato) con l’artista non solo perché questi sarebbe stato all’origine dello scandalo, ma anche per la sua presunta amicizia con il principe Filippo (che sarebbe stato uno dei soggetti dei suoi ritratti).
La confessione
Nel 1963 un’altra spia del KGB, l’editore americano Michael Straight avrebbe rivelato prima all’FBI e poi all’MI5 la doppia vita di Blunt riporta il Guardian. A Straight era stato proposto un lavoro a Washington, nell’amministrazione Kennedy, come consulente per i finanziamenti nel settore delle arti. L’uomo, però, sapeva che se avesse accettato il suo passato sarebbe stato passato al setaccio. Così avrebbe deciso di raccontare volontariamente della sua attività di spionaggio e dei suoi legami con i sovietici.
Stando ai resoconti sarebbe stato proprio Blunt a reclutare Straight. Il 23 aprile 1964 anche Anthony Blunt ammise di fronte ad Arthur Martin dell’MI5 di essere una spia per conto dell’Unione Sovietica e di aver fatto il doppio gioco durante la Seconda Guerra Mondiale. In cambio ricevette l’immunità diplomatica e la possibilità di continuare il suo lavoro per la Royal Collection.
Martin raccontò che durante l’interrogatorio, inserito nei file declassificati, Blunt non sarebbe stato “a proprio agio” e che ogni domanda “era seguita da una lunga pausa”, durante la quale “sembrava” quasi “che stesse discutendo con se stesso sul modo in cui rispondere”. Nel 1979 fu l’allora primo ministro Margaret Thatcher a denunciare in pubblico, alla Camera dei Comuni, la sua attività di spionaggio. Di conseguenza Blunt perse tutti i titoli onorifici e la sua reputazione.
Ciò che la Regina (non) sapeva
Grazie ad alcuni documenti dell’MI5 declassificati lo scorso 14 gennaio e consultabili ai Natonal Archives è stato possibile ricostruire meglio queste fasi cruciali della vita di Blunt, sebbene rimangano diversi dubbi. In particolare è piuttosto nebulosa la cronologia dei fatti relativa alle informazioni che la regina Elisabetta avrebbe ricevuto in via più o meno ufficiosa. Secondo i file la sovrana non sarebbe stata messa al corrente della presenza di una spia dei sovietici a Palazzo fino al 1973, spiega la Bbc. Per ben nove anni dalle ammissioni di Blunt la sovrana sarebbe stata tenuta all’oscuro di tutto.
Un fatto sorprendente di cui il capo dell’MI5 Michael Hanley scrisse nel novembre 1972, riportando, come spiega il Guardian, quanto gli aveva riferito Martin Charteris, segretario privato di Elisabetta II: “Charteris pensava che la Regina non sapesse e non vedeva alcun vantaggio nel rivelarglielo. Avrebbe aggiunto solo altre preoccupazioni”. Senza contare che “la Regina non era affatto entusiasta di Blunt e lo vedeva raramente”.
Ma perché Elisabetta sarebbe stata messa a parte della vicenda proprio nel 1973? I file declassificati spiegano che la decisione di informare la sovrana arrivò quando Blunt si ammalò di cancro e Buckingham Palace iniziò a temere che con la sua eventuale morte tutti i dettagli della storia sarebbero divenuti di dominio pubblico.
Tuttavia sembra che già negli anni Cinquanta a Sua Maestà siano arrivate delle voci di un possibile coinvolgimento del suo collaboratore con il Kgb. Ipotesi per nulla remota. Infatti nel 1973, quando fu ufficialmente avvertita dell’accaduto, la Regina sarebbe rimasta impassibile, apprendendo le notizie “con molta calma e senza sorpresa”, disse il suo segretario privato Charteris, citato nei documenti dell’intelligence resi pubblici dagli Archivi Nazionali. Il collaboratore aggiunse anche un altro dettaglio importante: “[Elisabetta II] ricordava che [Blunt] era stato un indiziato già all’indomani del caso Burgess/Maclean”.
Il commento si riferisce ai sospetti di spionaggio dei britannici e degli americani su Guy Burgess e Donald Duart Maclean, in seguito ai quali i due fuggirono a Mosca, facendo scoppiare un grave scandalo. Non solo: proprio nel 1951 Anthony Blunt sarebbe stato interrogato ben undici volte dal servizio di sicurezza britannico a proposito di presunti legami con il Cremlino, puntualmente negati.
La biografa di Blunt, Miranda Carter, sostiene che Sua Maestà sarebbe stata messa al corrente dei fatti, in via ufficiosa, dopo il 1965, ma la corte avrebbe “voluto mantenere una cortina di plausibile negazione”, cioè riservarsi il diritto di negare, forse persino davanti all’evidenza. Carter è abbastanza certa che l’imperturbabilità con cui Elisabetta avrebbe accolto il racconto del caso nel 1973 possa essere una prova, o almeno un forte indizio, del fatto che la questione non fosse affatto nuova per lei.
Nonostante ciò, però, è impossibile dire con certezza se e cosa la regina Elisabetta sapesse di tutta la vicenda, quale fosse il suo grado di consapevolezza prima del ’73. Questo rimane uno dei misteri legati alla vita di Anthony Blunt. A proposito di enigmi e segreti, poi, la Bbc ha spiegato che data la natura del loro lavoro i servizi di intelligence come l’MI5 non sono soggetti al Freedom Information Act, cioè al diritto pubblico di accedere alle informazioni detenute dall’autorità.
È l’agenzia di sicurezza a scegliere cosa declassificare e quando. A volte alcuni passaggi dei documenti o interi file relativi a un caso continuano a mantenere il vincolo di segretezza.
In merito alla vicenda Blunt il direttore generale dell’MI5, Sir Ken McCallum, ha dichiarato: “Sebbene molto del nostro lavoro debba rimanere segreto, questa pubblicazione riflette il nostro impegno costante a essere aperti laddove è possibile”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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