Cosa fece Giacomo I alle donne accusate di stregoneria

Il successore di Elisabetta I intraprese una cruenta persecuzione contro centinaia di donne accusate di stregoneria e fu il primo e unico sovrano a scrivere un trattato che condannava quanti praticavano le arti magiche

Cosa fece Giacomo I alle donne accusate di stregoneria

Giacomo I d’Inghilterra (conosciuto anche come Giacomo VI di Scozia, 1566-1625) è ricordato non solo come il primo sovrano di Inghilterra, Irlanda e Scozia (tuttavia Inghilterra e Scozia costituirono il Regno Unito della Gran Bretagna solo nel 1707), ma anche come un feroce persecutore di streghe. Gli studiosi lo definiscono un uomo molto intelligente e colto. Nonostante la vasta sapienza, però, il Re non fu immune dalle superstizioni del suo tempo: ossessionato dalla paura nei confronti della magia e della stregoneria James I portò avanti quella che riteneva una vera e propria missione per estirpare il male dal suo regno. Scrisse perfino un testo che esortava alla caccia alle streghe, caso unico nella Storia. Le sue azioni non ebbero certo come risultato il trionfo del bene, ma solo la diffusione di terrore e sospetti.

Cugino e successore di Elisabetta I

Giacomo I nacque in Scozia in un periodo storico piuttosto turbolento: i genitori, Maria I di Scozia (Maria Stuart) e il secondo marito Enrico Stuart, cattolici, dovevano difendere la loro vita e il loro potere dagli aristocratici calvinisti. James era cugino di Elisabetta I: la bisnonna materna del Re, infatti, era Margherita Tudor, sorella di Enrico VIII, ovvero il padre di Elisabetta.

Nel 1558, dopo la morte di Maria Tudor, sorellastra della “Regina Vergine”, Maria Stuart reclamò il trono d’Inghilterra, approfittando di due circostanze apparentemente favorevoli: una parte del popolo considerava Elisabetta illegittima, visto che Enrico VIII aveva annullato le nozze con la madre, cioè Anna Bolena. Inoltre Enrico Stuart era un suddito inglese, discendente degli Stuart e dei Tudor e ciò ne faceva un candidato perfetto per la Corona d’Inghilterra.

I tentativi di Maria Stuart di rovesciare Elisabetta I non andarono a buon fine, complicati anche dalla misteriosa morte di Enrico. Quest’ultimo, malato di vaiolo, si ritirò a Edimburgo. Il 10 febbraio 1567, però, rimase ucciso nell’esplosione della sua casa. Secondo molti si sarebbe trattato di un attentato, di cui forse Maria era a conoscenza, per eliminare un Re consorte giudicato un fallimento sia dal punto di vista politico, come sovrano (sebbene non regnante) sia da quello privato, come marito e padre.

I nobili scozzesi si sollevarono di nuovo contro la loro Regina, costringendola ad abdicare in favore di Giacomo I il 24 luglio 1567. Maria non si diede per vinta: alla testa del suo esercito tentò di riprendersi il trono con la forza, invano: dopo la sconfitta nella battaglia di Langside (13 maggio 1568), fuggì in Inghilterra, convinta che Elisabetta I le avrebbe offerto il suo aiuto.

Le cose andarono diversamente: la sovrana inglese fece imprigionare Maria e il 1° febbraio 1587 firmò la sua condanna a morte per decapitazione, eseguita l’8 febbraio successivo. L’accusa era di cospirazione e tradimento, poiché durante la sua detenzione la monarca scozzese avrebbe più volte tramato per uccidere Elisabetta.

Poco prima di morire la “Regina Vergine”, che non aveva eredi diretti, nominò come suo successore il figlio di Maria Stuart, Giacomo I, da tempo suo alleato e già Re di Scozia dal 1567 (era stato incoronato il 29 luglio 1567 con il nome di Giacomo VI). Giacomo salì al trono di Inghilterra e Irlanda il 24 marzo 1603 e venne incoronato il 25 luglio dello stesso anno.

L’ossessione del Re

Ad accendere la miccia dell’interesse nefasto di Giacomo nei confronti della magia sarebbe stata proprio la tragica fine della madre. A tal proposito, sul sito HistoryExtra, la storica Tracy Borman ha riportato un aneddoto inquietante, sebbene fantasioso: Giacomo I avrebbe rivelato all’inventore e scrittore Sir John Harington che “la morte” di Maria Stuart sarebbe stata “visibile in Scozia prima ancora che accadesse realmente”. Dei veggenti, infatti, avrebbero “visto una testa insanguinata che danzava nell’aria”.

Harington avrebbe raccontato questa storia del tutto irreale molti anni dopo la decapitazione di Maria. Inoltre non sappiamo esattamente chi avrebbe riferito a Giacomo della “visione” e quando, ma è davvero molto probabile che sia giunta alle sue orecchie dopo che la notizia dell’esecuzione era stata comunicata alla Scozia. Ci sarebbe anche un altro evento che avrebbe scatenato la paura e la rabbia del Re contro chi praticava la magia e, in particolare, le streghe.

Nel 1589 il sovrano, allevato nella comunità della Chiesa di Scozia, di fede presbiteriana, sposò per procura la figlia del Re luterano Federico II di Danimarca, Anna. Impossibile non vedere in questa unione una strategia per indebolire i cattolici di Scozia e rafforzare i legami con i nobili protestanti.

Nel settembre di quell’anno, ha spiegato la celebre scrittrice Philippa Gregory sul suo sito, Anna di Danimarca intraprese il viaggio via mare che l’avrebbe portata nel suo nuovo Paese. Non arrivò mai. Una tempesta sorprese la sua imbarcazione, danneggiandola. Per poco la Regina non rimase uccisa. Dovette riparare in Norvegia, in attesa che il tempo migliorasse. Poco dopo venne tentata una seconda partenza, che non andò meglio: una falla nell’imbarcazione costrinse Anna a tornare di nuovo in Norvegia. L’inverno era ormai alle porte, così venne deciso di rimandare il viaggio alla primavera successiva.

Re Giacomo, venuto a sapere dell’inconveniente, andò su tutte le furie e decise di recarsi in Norvegia. Vi arrivò sano e salvo e, nel 1590, venne celebrato un secondo matrimonio alla presenza di entrambi gli sposi. Il viaggio di ritorno, però, non fu affatto tranquillo: il Re e la Regina dovettero affrontare altre tempeste e, stando al resoconto della Borman, una delle imbarcazioni reali sarebbe affondata.

Giacomo I non ci mise molto a convincersi che le intemperie dovevano essere state opera delle streghe, decise a impedire le sue nozze e forse perfino a uccidere lui e sua moglie. Il sovrano credeva nelle forze occulte, in questo era un “figlio del suo tempo”, come si dice. Non lo avrebbe mai neppure sfiorato il pensiero che la sfortuna di quei viaggi fosse dovuta soltanto a una coincidenza e, soprattutto, all’arrivo della stagione fredda. La colpevolezza delle malefiche e la necessità di infliggere loro una punizione esemplare divenne un chiodo fisso per lui, dando inizio a una drammatica persecuzione.

Le streghe di North Berwick

Nel 1590, dopo la partenza di Giacomo I e Anna, a Copenaghen iniziò un processo contro alcune donne accusate di essere delle streghe e di aver scatenato le tempeste che avevano sorpreso i sovrani in mare con l'intento di ucciderli. La notizia dell’esecuzione delle imputate raggiunse la corte, rinsaldando l’idea del sovrano di essere vittima di un sortilegio. Così Giacomo I decise che era arrivato il momento di combattere il male con il massimo rigore, appellandosi alla legge scozzese del 1563 (abrogata solo nel 1736) che, come ha ricordato Storica National Geographic, puniva il reato di stregoneria con la pena capitale.

In questa persecuzione vennero coinvolte tra le 60 e le 70 persone, secondo il sito della National Library of Scotland e History Extra, forse addirittura più di 100, ha ipotizzato ancora Storica National Geographic. Una delle accusate, Agnes Sampson, avrebbe addirittura rivelato al Re le frasi esatte che lui e la consorte si erano detti la prima notte di nozze, dandogli la prova inconfutabile di essere una strega. Inoltre raccontò, come ha riportato il Guardian, che la notte di Ognissanti del 1590 nella chiesa di North Berwick, non lontano da Edimburgo, il demonio aveva dato appuntamento a circa 200 streghe, scozzesi e danesi, per tramare contro Re Giacomo e la sua sposa.

Non dimentichiamo che la Sampson e le altre vennero sottoposte a tortura: uno dei metodi più usati all’epoca in Scozia, ha chiarito Storica National Geographic, era la privazione del sonno. Sappiamo bene che dopo supplizi del genere quasi tutti confesserebbero qualunque cosa, anche le storie più assurde come quelle citate e ammetterebbero gli atti più abietti, magari suggeriti dagli inquisitori. In più questi ultimi ascoltavano solo ciò che confermava la loro opinione, oppure travisavano le dichiarazioni per conformarle al loro pensiero.

La Sampson e le altre non erano certe streghe, bensì vittime che avrebbero detto e fatto qualunque cosa pur di salvarsi, non del tutto consapevoli del fatto che il loro destino fosse già scritto. Non sappiamo quante persone vennero condannate in questo frangente, né le modalità di esecuzione della pena, ma le fonti hanno suggerito l’ipotesi della morte sul rogo. Il processo voluto da Giacomo I non rimase un episodio isolato. La Scozia subì ondate cicliche di violenta repressione tra il 1590 e il 1662. In totale le persone uccise sarebbero circa 2500, stando alle stime riportate da Storica National Geographic, di cui l’84% sarebbero donne, secondo il Guardian.

Le vittime non sono state dimenticate. Il Sunday Times ha spiegato che dopo una campagna durata due anni il gruppo “Witches of Scotland”, impegnato nella conservazione della memoria di quei tragici fatti, ha ottenuto dal Parlamento scozzese la promessa di scuse ufficiali per le vittime della caccia alle streghe avvenuta tra il XVI° e il XVII° secolo e il sostegno dell’ex politica Nicola Sturgeon, primo ministro della Scozia dal 2014 al 2023.

“Daemonologie”

Giacomo I sfruttò non solo il suo potere, ma anche le sue risorse intellettuali per combattere le streghe. Nel 1597 pubblicò il trattato “Daemonologie”, in cui spiegava con dovizia di particolari il concetto di stregoneria, definendola “alto tradimento nei confronti di Dio”, come ha specificato la National Library of Scotland e incitando il popolo a perseguire le malefiche con costanza e vigore. “Daemonologie” è rimasta un unicum, poiché nessun sovrano oltre Giacomo I ha mai scritto un trattato di questo tipo.

Giacomo I voleva convincere gli scettici dell’esistenza delle streghe, bollate come “odiose schiave del diavolo” che infestavano la Scozia del tempo. Era anche certo che le fattucchiere fossero per la maggior parte donne a causa della debolezza del sesso femminile, che per questo era facile preda del demonio, incline alle sue lusinghe. Un pregiudizio diffuso all’epoca, attraverso il quale gli inquisitori giustificarono le peggiori nefandezze e che rimase ben saldo nelle menti degli uomini per secoli.

Nel trattato Sua Maestà indicava anche i metodi per individuare una strega, le punizioni da infliggere ed elencava i vari metodi di divinazione, accostandoli alla magia nera. Tentò anche di costruire una dissertazione filosofico-religiosa su questi temi. Per suffragare le sue teorie, poi, inserì diverse citazioni tratte dalla Bibbia e, come ha evidenziato Philippa Gregory, incluse nella definizione di “strega” anche le donne che esercitavano i mestieri di guaritrici e di levatrici.

Per l’umanità, secondo il sovrano, le uniche speranze di salvezza dal male erano la preghiera e

l’obbedienza all’autorità (ovvero al Re). Con i processi e la pubblicazione di “Daemonologie” Giacomo I fece deflagrare l’odio e la paura latenti nel popolo, trasformando la Scozia in un regno del terrore.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica