In questi ultimi anni, a Hollywood e non solo, si è parlato sempre più spesso di cancel culture. Se, da una parte, questo tema ha riguardato soprattutto la scelta di offrire al pubblico prodotti sempre più piatti e privi di quel conflitto che rappresenta la scintilla per ogni racconto ben scritto, dall'altra la cancel culture si è trasformata nella "moda" di cancellare dall'orizzonte della settima arte personaggi problematici, utilizzando tuttavia sempre due pesi e due misure. I casi più emblematici sono, senza dubbio, quelli di Johnny Depp e di Kevin Spacey, esplosi entrambi nel pieno del movimento #MeToo, che portò a una vera e propria caccia alle streghe.
Il caso di Johnny Depp
Johnny Depp, come è ormai risaputo, venne accusato di abusi e violenza domestica dall'ex moglie Amber Heard. L'attrice di Aquaman accusò il compagno di averla ripetutamente colpita e portò a sostegno della propria tesi alcune immagini che la ritraevano con delle ferite sul volto. La prima fase della querelle tra i due si concluse con un accordo di divorzio. Quando tutto sembrava concluso, però, l'attrice scrisse un articolo sul The Washington Post dove, pur senza nominarlo, accusava Depp di essere "un picchiatore di mogli". A quel punto Johnny Depp, stanco di stare a guardare, decise di passare all'azione e denunciò l'ex compagna per diffamazione. Un'azione che, tuttavia, correva il rischio di non salvare una carriera che era stata già messa a dura prova.
L'attore, infatti, aveva già perso il ruolo di Jack Sparrow nella saga di Pirati dei Caraibi. Una saga che, e questo è indubbio, si reggeva proprio sulle spalle del personaggio eccentrico e carismatico, come dimostra il fallimento di qualsiasi tentativo di reboot della saga senza Jack Sparrow. Tuttavia le perdite di Johnny Depp non si limitarono a questo: dopo aver perso la causa a Londra contro il The Sun - il giudice dichiarò che il giornale inglese aveva tutti i motivi per pubblicare gli articoli che erano stati scritti - Johnny Depp fu "invitato", per non dire costretto, a dare le dimissioni da Animali Fantastici, dove interpretava il mago oscuro Grindelwald. Il suo personaggio venne "ereditato" da Mads Mikkelsen, che lo interpretò in Animali Fantastici - I segreti di Silente, che ad oggi rappresenta l'ultimo capitolo di una saga fallimentare. Nell'estate dello scorso anno, però, il processo per diffamazione si è pronunciato a favore di Johnny Depp, delineandolo come vittima delle bugie e delle manipolazioni di Amber Heard. Questo verdetto ha fatto sì che Johnny Depp fosse libero di ricostruire la sua immagine e la sua carriera: lo scorso maggio è stato accolto al Festival di Cannes, nella serata di apertura, con il film Jeanne Du Barry. Tuttavia è indubbio che la sua carriera, in futuro, porterà sempre il marchio dell'infamia, dal momento che ci sono ancora molte persone che reputano che a salvare l'attore sia stata la sua fama e che la sua colpevolezza sia stata "coperta" proprio dal fatto che Johnny Depp è un uomo bianco molto potente e molto amato. Di fatto, anche se è risultato innocente, Johnny Depp continua a essere in parte cancellato da Hollywood, a causa della corsa dei nostri giorni di dichiarare qualcuno colpevole, prima che sia la giustizia a farlo.
Le accuse contro Kevin Spacey
Discorso simile a quello che è avvenuto a Kevin Spacey. Nel 2017 l'attore, che aveva da poco concluso le riprese del film Tutti i soldi del mondo, venne accusato di molestie sessuali da parte dell'attore Anthony Rapp, che asserì che quando aveva quattordici anni e Kevin Spacey ventisei l'attore gli salì sopra, mentre Rapp era a letto, facendogli delle avances. A questa accusa l'attore rispose di non ricordare nulla e di essere ubriaco al momento dei fatti: chiese scusa per il suo comportamento e utilizzò un tweet per annunciare al suo pubblico di essere omosessuale. Ma l'incubo, per Spacey, era solo all'inizio. Ridley Scott decise di sostituirlo all'interno di Tutti i soldi del mondo, cancellando di fatto tutta la sua interpretazione e scegliendo un altro attore. Ma forse il colpo più duro fu vedersi licenziato da House of Cards, una serie che, al pari di Pirati dei caraibi per Johnny Depp, si reggeva essenzialmente sulla presenza e l'interpretazione di Kevin Spacey. Successivamente, poi, l'attore venne accusato da altri quattro uomini che lo denunciarono per molestie sessuali avvenute quando Spacey era il direttore artistico del teatro Old Vic, tra il 2004 e il 2013. E proprio per rispondere a questi capi d'accusa Kevin Spacey ha da poco affrontato un processo che lo ha ritenuto non colpevole. La sentenza, che è accompagnata anche dall'ammissione dello stesso Spicey di essere una persona promiscua, ha quindi lavato la reputazione dell'attore, ma anche in questo caso la lettera scarlatta rimane ben visibile sulla sua persona. Kevin Spacey, notoriamente, non è una persona piacevole. Anche prima delle accuse delle molestie, infatti, erano emersi dettagli sulla sua persona che lo rendevano qualcuno con cui non era piacevole lavorare. Ma essere una brutta persona non è un reato. Eppure nel caso dei personaggi illustri lo sia: non basta essere innocenti davanti alla legge, bisogna essere irreprensibili anche agli occhi del pubblico. Si pensi, ad esempio, all'episodio di Will Smith avvenuto agli Oscar dello scorso anno. Will Smith è un attore molto amato, con una grande carriera alle spalle. Durante la notte degli Oscar, durante la quale ha anche vinto come miglior attore protagonista per King Richard - Una famiglia vincente, Will Smth non ha digerito una battuta di Chris Rock su sua moglie e lo ha colpito in faccia con uno schiaffo. Atteggiamento tutt'altro che elegante e che gli è costato l'allontanamento dalla cerimonia degli Oscar per dieci anni. E il pubblico ha cominciato subito a definirlo come un uomo violento, mettendo in cattiva luce un attore che, in qualità di essere umano, ha le stesse probabilità di chiunque di sbagliare. Sembrerebbe dunque che, al giorno d'oggi, l'opinione pubblica conti più della giustizia. E, se da una parte, questo sottolinea una crescente insicurezza nei confronti delle autorità preposte a difendere i cittadini, dall'altra mette in luce anche quanto libertà d'espressione e diffamazione camminino fianco a fianco nella cultura odierna.
I casi ancora chiacchierati: Armie Hammer
Un altro caso che ha fatto molto scandato è stato quello di Armie Hammer. L'attore, che si è fatto conoscere con il film The Social Network e ha poi raggiunto la fama con Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, ha visto cambiare la sua vita (e, ça va sans dire, la sua carriera) dopo che è stato accusato di molestie sessuali, di fantasie cannibalistiche e di stupro. Anche in questo caso, appena le accuse sono emerse, Hollywood è passata al contrattacco, cancellando l'attore dal proprio universo. Armie Hammer si è visto licenziato dal suo agente, eliminato dai progetti a cui avrebbe dovuto prendere parte. E quando non è stato possibile cancellarlo, come nel caso di Assassinio sul Nilo, si è scelto di non fare promozione al film, di non pubblicizzarlo e, di fatto, di colpevolizzare un'intera pellicola solo perché aveva avuto l'ardire di assumere un personaggio tanto problematico. Armie Hammer si è dunque fatto indietro, accettando l'ombra a cui l'opinione pubblica lo aveva destinato: è andato in una clinica di recupero per migliorare se stesso, ha visto sbandierata la sua infedeltà ed è diventato uno dei tanti paria di Hollywood. E tutto questo, come riporta il The Guardian, senza che la polizia di Los Angeles lo abbia ritenuto colpevole di violenza sessuale. Nel caso di questo crimine specifico, infatti, la polizia dopo una lunga e, a loro detta, approfondita indagine, non ha trovato prove sufficienti per accusare ufficialmente l'attore, che al momento dunque risulta innocente. Ma non per Hollywood.
Due pesi e due misure
I casi di Johnny Depp e Kevin Spacey dimostrano quanto il pubblico sia portato spesso a riconoscere agli attori colpe maggiori di quelle effettive, spesso perché coi loro comportamenti hanno disatteso le loro fantasie e le loro aspettative. Ed è proprio per questa tendenza che Hollywood sembra avere molta facilità a cancellare e rimuovere attori problematici - altri casi possono essere quelli di Shia LeBoeuf o di Casey Affleck, che, essendo meno famosi di un Johnny Depp, ad esempio, hanno fatto infuriare meno il pubblico. Tuttavia bisognerebbe anche riflettere sul fatto che a Hollywood sembra esserci un atteggiamento da "due pesi e due misure". Se, per quanto riguarda gli interpreti, è facile ricorrere subito alla cancel culture, quando si parla di registi è più facile utilizzare la carta del "bisogna separare l'arte dall'artista". Si pensi ad esempio a Woody Allen, regista che da decenni è accompagnato dall'accusa di aver molestato la figliastra Dylan Farrow quando lei aveva solo sette anni. La vicenda era emersa per la prima volta durante il divorzio tra Woody Allen e Mia Farrow, avvenuta a seguito della scoperta del tradimento perpetrato da Woody Allen con la figlia adottiva della Farrow, che aveva diciannove anni. Quando è stato il momento di combattere per l'affidamento dei figli, Mia Farrow denunciò pubblicamente l'ex marito dell'abuso sulla figlia. All'epoca, però, le indagini non trovarono alcuna prova a sostegno dell'accusa e Woody Allen poté tornare alla sua vita. L'accusa risaltò fuori quando venne annunciato la consegna di un Golden Globe alla carriera allo stesso Allen. In quell'occasione Dylan Farrow scrisse una lettera al New York Times in cui raccontava l'abuso subito quando aveva sette anni. Davanti a un racconto così dettagliato, Hollywood dovette in qualche modo fare qualcosa. Cancellò l'uscita di Un giorno di pioggia a New York e gli attori che vi avevano preso parte, tra cui Timothée Chalamet, si rifiutarono di fare promozione e decisero di devolvere il loro salario a enti benefici legati agli abusi sui minori. Tuttavia Woody Allen continua ad essere un regista che lavora e il cui suo ultimo lavoro verrà presentato al prossimo Festival di Venezia.
Discorso analogo e che mette ancora più in luce l'ipocrisia di Hollywood e del mondo del cinema è il caso di Roman Polanski. In questo caso ci si trova davanti a un regista che è stato ritenuto colpevole di abuso su minori e che dalla sentenza vive "in esilio" in Francia per evitare l'arresto negli Stati Uniti. Arresto che avverrebbe in ogni stato che prevede l'estradizione, come l'Italia. Il caso riguarda Samantha Gailey (ora Geimer), che all'epoca aveva tredici anni. La ragazzina era stata invitata a casa di Jack Nicholson - che non era in casa per questioni di lavoro - e, stando a quanto si legge sull'Indipedent, la Gailey era stata convinta ad andare per realizzare un servizio fotografico. Durante la serata, però, Polanski diede alla bambina un farmaco sedativo e fece sesso con lei, prima di portarla a casa. L'anno era il 1977 e all'alba del giorno dopo Polanski venne arrestato con sei capi d'accusa. Tuttavia, per proteggere anche la bambina dal dover apparire in tribunale, l'accusa ufficiale divenne quella di rapporto sessuale extramatrimoniale con persona minorenne. Ufficialmente, quindi, Polanski non venne mai denunciato per stupro. Tuttavia, quando venne rilasciato con la condizionale, Polanski ne approfittò per scappare, lasciare gli Stati Uniti e ricostruirsi una vita in Francia senza dover tornare in prigione.
Nonostante, dunque, Polanski sia stato riconosciuto colpevole agli occhi della legge, Hollywood non ha fatto molto per "cancellarlo". Le testate parlano dei suoi film, le pellicole o gli attori che vi prendono parte vengono candidati agli Oscar e tutti sono sempre molto attenti a, appunto, separare l'opera dall'artista che la realizza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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