“Operazione Paget”. Cosa svela l'inchiesta sulla morte di Lady Diana

Tutte le teorie di complotto riguardanti la morte della principessa Diana vennero analizzate durante l’indagine denominata “operazione Paget”, che portò a una conclusione ancora oggi molto discussa

“Operazione Paget”. Cosa svela l'inchiesta sulla morte di Lady Diana

Subito dopo la morte di Lady Diana, avvenuta a Parigi il 31 agosto 1997, cominciarono a diffondersi diverse teorie di complotto, secondo le quali la principessa non sarebbe deceduta a causa di una fatalità, bensì dopo un attentato studiato nei minimi dettagli. Una squadra di investigatori iniziò a cercare prove che spiegassero in maniera incontrovertibile la dinamica dei fatti, per capire se davvero si fosse trattato di assassinio, o di un semplice incidente. Le indagini, durate due anni, ricostruirono quella terribile notte, ma le conclusioni a cui arrivarono gli esperti non hanno mai convinto del tutto l’opinione pubblica.

Un personaggio scomodo

Poche ore dopo lo schianto nel Tunnel dell'Alma sui giornali e nei programmi televisivi di mezzo mondo cominciò a farsi strada l’ipotesi secondo Lady Diana sarebbe stata uccisa da qualcuno per cui la sua presenza e, soprattutto, la sua popolarità, rappresentavano un pericolo. La principessa, sostenevano alcuni, sarebbe diventata un personaggio scomodo e, per questo, da eliminare. I sospetti si concentrarono subito sulla royal family britannica: qualcuno sottolineò che la morte di Lady D. avrebbe permesso a Carlo di risposarsi con Camilla senza suscitare le ire dei cittadini britannici.

Teoria, quest’ultima, piuttosto debole, visto che Diana aveva ottenuto il divorzio dal marito l’anno precedente alla sua morte. Inoltre Carlo dovette comunque lottare per far accettare Camilla a corte, affrontando sia la regina Elisabetta, sia l’opinione dei sudditi, per cui Diana era ormai diventata una leggenda. Forse, paradossalmente, la morte della principessa ha creato ulteriori ostacoli all’unione dell’attuale Re e della sua storica amante.

Altri, invece, erano certi che il presunto attentato contro Diana fosse stato orchestrato dal principe Filippo, il quale avrebbe ordinato all’MI6 di uccidere la ex nuora per impedirle di sposare il suo fidanzato Dodi. Il motivo di una tale crudeltà sarebbe stato nella religione dell’uomo, che era musulmano.

Secondo le indiscrezioni per il duca di Edimburgo lo scandalo di un possibile matrimonio tra la madre del futuro Re d’Inghilterra e un uomo di fede islamica avrebbe travolto la Corona britannica. Mohamed al-Fayed fu un tenace sostenitore di quest’ipotesi, ma non riuscì mai a dimostrarla. Era convinto che i Windsor si fossero coalizzati contro Diana, che l’allora premier Tony Blair fosse il complice che avrebbe autorizzato l’omicidio su commissione e i servizi segreti gli esecutori materiali insieme ai paparazzi.

“Sono profondamente convinto, al 99.9%, che non sia stato un incidente”, disse al-Fayed al Mirror nel febbraio 1998. “La macchina non si è schiantata accidentalmente. C’è stato un complotto. Non mi darò pace finché non avrò stabilito esattamente cosa è accaduto”. Anche questa teoria è discutibile: Diana e al-Fayed non avevano ufficializzato la loro unione (non ancora, almeno, sebbene stando alle indiscrezioni avessero intenzione di farlo proprio il 1° settembre 1997). Poteva trattarsi di un semplice flirt estivo. Per la verità nessuno sa se Diana fosse davvero innamorata di Dodi, o se lo “usasse” per far ingelosire il cardiochirurgo pakistano Hasnat Khan, per alcuni il suo vero amore.

Per anni circolò anche un’altra supposizione, secondo la quale, al momento della morte, Diana sarebbe stata incinta del figlio di Dodi. Altro polverone che la royal family avrebbe voluto evitare a ogni costo, visto che il nascituro sarebbe stato, come da tradizione, di religione islamica. La presunta gravidanza della principessa, però, non è mai stata dimostrata. Anzi, per la precisione l’amica di Lady D., Rosa Monckton, assicurò che Diana avrebbe avuto il ciclo dal 15 al 20 agosto 1997, i giorni della loro vacanza in Grecia.

Inoltre il medico legale Richard Shepherd, che si occupò di stabilire le cause della morte della principessa, dichiarò al Daily Mail: “Patologicamente non c’erano prove che la principessa Diana fosse incinta”. Mohamed al-Fayed portò come prova della sua teoria il fatto che il corpo di Diana sarebbe stato imbalsamato per nascondere le tracce della gravidanza. Stando alla versione ufficiale, però, questo tipo di provvedimento sarebbe stato effettuato per conservare il corpo in attesa delle visite di Carlo e dell’allora presidente francese Chirac con la moglie.

Vittima di un regolamento di conti

Nella sua autobiografia “The Big Breach” (2001) l’ex spia dell’MI6, Richar Tomlinson, affermò persino che l’autista di Diana e Dodi, Henri Paul, sarebbe stato pagato dai servizi segreti per assassinare la principessa (però nell’incidente è morto anche lui: un “errore” di calcolo? Una specie di missione suicida? Sembra tutto molto strano).

Nel 2006 il giornalista Francis Gillery pubblicò il libro “Lady Died”, in cui rivelò che Diana sarebbe stata vittima inconsapevole di una sorta di regolamento di conti: Dodi, infatti, sarebbe andato con lei a Parigi non per trascorrere una vacanza romantica, bensì per concludere un affare poco pulito. Qualcuno avrebbe manomesso la sua auto per tentare di annientare una delle colonne portanti della dinastia al-Fayed. Altra ipotesi tutta da dimostrare.

Queste sono solo alcune teorie di complotto sulla morte di Lady Diana. Le più famose, da cui si dipanarono altre fantasie di complotto. Per cercare di mettere ordine nella vicenda e di verificare eventuali responsabilità nella morte della principessa venne organizzata e avviata l’operazione Paget.

Operazione Paget

Il regno e il mondo intero volevano sapere come e perché Lady Diana era morta, quale fosse l’esatta dinamica dei fatti dal momento in cui la principessa era uscita dall’Hotel Ritz al suo ultimo istante di vita. Londra voleva dare una risposta ai tanti dubbi dell’opinione pubblica, ma anche capire se le idee di Mohamed al-Fayed avessero una base concreta su cui poter lavorare o se fossero le suggestioni di un uomo disperato, che non si rassegnava alla perdita del figlio. Fu proprio il miliardario egiziano, spiega il People, a insistere affinché la questione venisse approfondita.

Così il 6 gennaio 2004, racconta il People, il royal coroner Michael Burgess chiese a Sir John Stevens, capo del Metropolitan Police Service di Londra, di aprire un’inchiesta sulla morte di Lady Diana e di Dodi al-Fayed. “Ogni singolo aspetto delle teorie cospirazioniste…verrà esaminato dal mio team e dal coroner”, dichiarò Stevens alla Bbc, nel 2004. “Dobbiamo tentare di fare tutto ciò che possiamo per mettere una pietra sopra questa inchiesta, in un modo o nell’altro”.

Le indagini durarono quasi tre anni, durante i quali 14 investigatori si mossero tra Londra e Parigi, cercando di verificare ben 175 “accuse di cospirazione” formulate da Mohamed al-Fayed. Furono ascoltati circa 300 testimoni e tutto il materiale raccolto finì in un report da 871 pagine. Inoltre vennero esaminati, come riporta il New York Times, 600 elementi di prova.

Secondo le previsioni, ricorda ancora la Bbc, l’inchiesta doveva costare circa 2 milioni di sterline. Invece raggiunse i 12,5 milioni: 4,5 milioni riguardano le ricerche del coroner, 8 milioni, invece, vennero spesi dal Metropolitan Police Investigation. Una somma non indifferente, che scatenò parecchie polemiche. Per il 78% degli intervistati durante un sondaggio della Bbc si trattò di "uno spreco di denaro”.

L’interrogatorio di Carlo

Tra le centinaia di persone che gli investigatori ascoltarono nell’ambito dell’operazione Paget ci fu anche Carlo. L’allora principe di Galles venne interrogato da Sir John Stevens il 6 dicembre 2005 a St. James’s Palace. Il confronto venne condotto sulla base della famosa lettera, datata ottobre 1996, in cui Diana aveva accusato Carlo di tramare contro di lei per toglierla di mezzo una volta per tutte: “Mio marito sta pianificando ‘un incidente’ con la mia macchina, un guasto ai freni e una ferita grave alla testa…in modo da avere via libera per sposarsi”.

La principessa era certa che Carlo volesse sposare la tata dei figli, Tiggy Legge-Bourke (teoria rivelatasi infondata e di cui, forse, Diana si convinse anche dopo aver ascoltato le bugie raccontate da Martin Bashir per ottenere la celebre intervista alla Bbc del novembre 1995) e che Camilla fosse “niente altro che un diversivo”. Carlo ricostruì gli ultimi anni con Diana e ribadì di non sapere nulla della lettera. “…Carlo fu molto collaborativo, perché non aveva niente da nascondere”, disse Stevens in un’intervista al Daily Mail, nel 2021.

La conclusione dell’inchiesta

I risultati dell’indagine vennero pubblicati il 14 dicembre 2006. Secondo gli investigatori non vi sarebbe alcun motivo per ritenere che Lady Diana sia stata vittima di un complotto. L’incidente nel Tunnel dell’Alma sarebbe stato causato da “una guida gravemente negligente”: a quanto pare prima di salire sulla Mercedes Henri Paul, l’autista di Diana e Dodi, sarebbe stato ubriaco e avrebbe assunto dei farmaci. In più avrebbe guidato a una velocità folle, perdendo ben presto il controllo dei veicolo.

Il dossier smentì sia la possibilità che la principessa fosse incinta al momento dello schianto, sia le illazioni secondo cui l’MI6 avrebbe spiato le sue chiamate e sorvegliato la sua casa. Nel 2022 David Douglas, membro dell’operazione Paget, spiegò al programma Good Morning Britain di Itv: “È mia assoluta convinzione che si sia trattato di un terribile, tragico incidente in cui tre persone hanno perso la vita e un’altra ha visto la sua esistenza stravolta”.

Anche Stevens commentò il risultato dell’inchiesta e, parlando al New York Times chiarì: “La nostra conclusione è che, sulla base delle prove disponibili in questo momento, non vi sia stata alcuna cospirazione per uccidere gli occupanti dell’auto. È stato un tragico incidente”. Tuttavia Stevens non ha mai attribuito tutta la colpa dell’incidente a Henri Paul: “Un incidente di questa natura è simile a una collisione più grande di un aeroplano. C’è una lunga catena di eventi. Togliete qualunque anello di quella catena e ciò non sarebbe mai accaduto”.

Tra questi eventi vi sarebbe la decisione di Diana e di Dodi di non indossare le cinture di sicurezza. Se lo avessero fatto, forse la storia sarebbe andata in maniera diversa. Anche il medico legale Richard Shepherd disse in proposito al Daily Mail: “Se [Diana] avesse allacciato la cintura di sicurezza, probabilmente sarebbe sopravvissuta...Forse se la sarebbe cavata con un occhio nero, qualche costola rotta, un braccio ingessato…”. Purtroppo la ferita riportata non le lasciò scampo: “…Era piccola, ma rara, una delle più rare, se non la più rara che io abbia potuto riscontrare durante la mia carriera”.

William e Harry, come precisa l’Independent, accettarono le conclusioni dell’indagine, al contrario di Mohamed al-Fayed, che al programma News at Ten di Itv ribadì le sue accuse contro la royal family e chiosò: “Ne ho avuto abbastanza. Mi metto nella mani di Dio per ottenere la mia rivalsa”.

Probabilmente, però, non c’è nessuna verità da esigere, nessun mistero da scoprire, né rivincite da prendere: Diana e Dodi sarebbero morti in un incidente d’auto che con più attenzione, forse, poteva essere evitato.

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