"Lo scettro d'avorio deve essere distrutto". Nuove polemiche sull’incoronazione di Camilla

Dopo le critiche riguardanti il diamante Koh I Noor la Regina consorte Camilla deve affrontare un’altra polemica legata, stavolta, al suo scettro d’avorio

"Lo scettro d'avorio deve essere distrutto". Nuove polemiche sull’incoronazione di Camilla

L’organizzazione dell’incoronazione di Re Carlo III ha sollevato diversi inconvenienti. L’ultimo in ordine cronologico ha a che vedere con il Queen Consort’s Rod With Dove, lo scettro che la Regina consorte Camilla dovrà tenere tra le mani il giorno della cerimonia e che, dicono le indiscrezioni, il principe William avrebbe voluto distruggere.

Rischi da evitare

La Regina consorte Camilla non ha voluto un nuovo diadema per la cerimonia d’incoronazione, ma ha scelto di usare la Corona della Regina Mary, infrangendo una tradizione, ma guadagnando le simpatie dei sudditi travolti da una seria crisi economica. “Riciclando” il diadema, Camilla ha anche abilmente evitato di prendere in considerazione la Corona della Regina Madre, su cui brilla il meraviglioso Koh-I-Noor. L’India, infatti, chiede da anni la restituzione del diamante. Una scelta politicamente corretta, quella della sovrana consorte, che schiva polemiche e critiche solo a metà: sulla Corona della Regina Mary, infatti, dovrebbero essere aggiunti i diamanti Cullinan, protagonisti di un’altra controversia con il Sudafrica. Ma il problema più grande potrebbe essere rappresentato da uno dei due scettri tradizionalmente usati durante il rito d’incoronazione, il Queen Consort’s Rod with Dove, realizzato con un materiale al centro di aspre discussioni nel mondo e anche nella royal family: l’avorio.

Il Queen Consort’s Rod With Dove: lo scettro d’avorio

Il gioiello che potrebbe presto essere al centro di una nuova polemica è lo scettro realizzato per Mary di Modena (Maria Beatrice d’Este), moglie di Giacomo II Stuart, da Sir Robert Vyner, nel 1685. Lo scettro è composto da un’asta d’avorio divisa in tre sezioni, sormontata da un globo d’oro decorato con i simboli della nazione (la rosa, il cardo, il giglio e l’arpa). Il globo sorregge una croce su cui è posata una colomba, simbolo dello Spirito Santo. Le sezioni dello scettro sono evidenziate da cerchi d’oro cesellati con foglie d’acanto. Tenere questo gioiello tra le mani durante l’incoronazione, insieme a un altro scettro d’oro, sormontato dalla croce simbolo del potere temporale, è una tradizione a cui nessuna Regina consorte ha mai rinunciato. A quanto sembra neppure Camilla.

Simboli e poteri

Fonti di Palazzo dicono che la Regina consorte Camilla avrebbe deciso di portare lo scettro d’avorio durante l’incoronazione, ma non solo perché si tratta di un emblema della Corona, o per rispettare la consuetudine. Gli scettri della sovrana consorte, infatti, hanno la stessa simbologia di quelli del Re, si riflettono l’uno nell’altro, hanno un valore complementare e speculare. Toglierne uno vorrebbe dire mutilare questa simbologia e il potere che ne deriva. Per esempio a “far coppia” con il Queen Consort’s Rod With Dove è il Sovereign’s Sceptre with Dove, tenuto dal re durante il rito. Come indica il nome, anche quest’ultimo scettro è impreziosito da una colomba che rappresenta lo Spirito Santo. Con una particolarità: le ali della colomba sullo scettro del Re sono aperte, mentre le ali della colomba sullo scettro della Regina consorte sono chiuse. Il significato non cambia, come ha spiegato la senior curator of decorative arts of the Royal Collection, Kathryn Jones: “[La colomba] è simbolo di equità e pietà…così è lo Spirito Santo”.

Contro il traffico illegale d’avorio

La questione del commercio illegale d’avorio è una vera e propria piaga di portata mondiale. Ogni anno, ricorda Il Messaggero, i bracconieri uccidono circa 20mila elefanti (55 al giorno) per appropriarsi delle loro zanne (ma non sono gli unici animali coinvolti, poiché, per esempio, si ricava avorio anche dalle zanne dell’ippopotamo, o del tricheco). Chi pratica un simile scempio non si fa problemi a uccidere, non è minimamente interessato alla sofferenza che procura a questi animali per mero profitto e tantomeno considera i problemi e i rischi legati alla possibile estinzione di queste specie. La legislazione europea ha cercato di arginare il fenomeno autorizzando, per esempio, solo le importazioni di esemplari in avorio anteriori al 1947 e le “importazioni di esemplari anteriori al 1975 legalmente acquisiti che già in precedenza erano stati legalmente importati nell’Ue” (norma del 2021). Nel 2018, invece, il Parlamento britannico ha bandito definitivamente il commercio di avorio nel Paese, senza eccezione. Una decisione che di sicuro ha trovato d’accordo anche re Carlo III e i principi William e Harry, da anni impegnati nella lotta contro i bracconieri e il traffico illegale d’avorio.

“Distruggiamo tutto l’avorio”

Nel 2014 il principe di Galles, di sicuro animato da buona fede, si sarebbe spinto oltre nella sua battaglia in difesa degli elefanti: la scienziata Jane Goodall ricordò di avergli sentito dire che avrebbe voluto “vedere distrutto tutto l’avorio di proprietà di Buckingham Palace”. Stiamo parlando di circa 1200 opere collezionate nell’arco di secoli (tra cui un trono del 1851 arrivato dall’India). L’allora principe Carlo, però, avrebbe frenato questa iniziativa forse un po’ troppo battagliera, definendola “naïf” durante un “franco scambio di opinioni” con il primogenito. Invece il nuovo Re, riporta il Guardian, avrebbe fatto rimuovere tutti gli oggetti in avorio da Highgrove e da Clarence House. L’audace proposta di William non incontrò nemmeno il favore dei critici d’arte, i quali opposero un ragionamento più moderato, come quello dell’esperto Brian Sewell, che dichiarò: “Dobbiamo riconoscere che l’avorio esiste e che è un materiale prezioso che veniva lavorato dai migliori maestri durante il Rinascimento”.

Un compromesso difficile, ma non impossibile

“Come con qualunque collezione storica di tale entità, c’è da aspettarsi che la Royal Collection includa opere che contengono avorio, secondo il gusto dell’epoca” in cui sono state realizzate, ha detto un portavoce del Palazzo reale. Questa dichiarazione, al pari di quella di Sewell, ci spingono a fermarci e a riflettere: distruggere (ma anche nascondere, a ben pensarci) non è mai un’azione sensata. Non purifica le coscienze (semmai le svuota), non risolve problemi che necessitano di interventi mirati, studiati. Significa, invece, privarci di una parte della memoria collettiva (oltre che demolire l’arte e la bellezza, elementi di non secondaria importanza) e, di conseguenza, creare un precedente pericoloso per chi non vede l’ora di imboccare la strada della Cancel Culture.

Per gli stessi motivi è deleterio polemizzare sullo scettro di Camilla. Gli esseri umani moderni hanno sviluppato una sensibilità diversa su molti temi rispetto ai loro predecessori, ma questo è un bene finché tale attenzione è orientata dalla bussola del buon senso.

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