Londra - Sempre più infuocata la corsa rialzista dei prezzi petroliferi scatenata dai drammatici scontri che da giorni imperversano in Libia, in un quadro già allarmistico a causa dell’allargarsi di tensioni tra paesi del mondo arabo, di cui molti sono produttori di oro nero. "Se la situazione internazionale si tranquillizza - ha affermato l’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni al termine dell’audizione al Copasir - credo che il prezzo scenderà sotto i 100 dollari al barile".
La corsa dell'oro nero Questa mattina sul mercato di Londra il barile di Brent è arrivato a sfiorare quota 120 dollari, mentre negli scambi elettronici sul New York Mercantile Exchange il barile di West Texas Intermediate ha sfondato al rialzo la soglia psicologica dei 100 dollari, per la prima volta da oltre due anni e mezzo. Secondo gli analisti queste sferzate ai prezzi riflettono un allarmismo che va ben al di là della situazione in Libia. "Riguarda i maggiori produttori, che potrebbero essere investiti dai rischi di contagio delle tensioni sociali", spiega Victor Shum, della Purvin & Gertz a Singapore. La Francia punta il dito contro una bolla speculativa dei prezzi. "Le previsioni rialziste dei mercati non sono ragionevoli", ha affermato il ministro dell’industria Eric Besson. "Gli eccessi di capacità produttive sono elevati e i paesi industrializzati dispongono di riserve rilevanti". A tarda mattina i rialzi del greggio si moderano in parte, a Londra il Brent, che in precedenza aveva toccato 119,79 dollari, si attesta a 113,57, ovvero 2,32 dollari in più rispetto alla chiusura di ieri; nel frattempo negli scambi dell’after hours sul Nymex i futures sul Wti, che stamattina hanno toccato 103,41 dollari, portano i rialzi a 2,28 dollari rispetto al fixing di ieri, con il barile a 100,28 dollari. Restano al rialzo anche le quotazioni di un altro bene rifugio per eccellenza: l’oro, che sul Comex vede l’oncia salire a quota 1.414,90 dollari.
Scaroni: "Il prezzo calerà" Secondo l’ad di Eni, "l’effetto" delle tensioni nelle regioni nordafricane "si vede sul prezzo del petrolio". "Nessuno poteva immaginare che potesse toccare 120 dollari così velocemente. Ma tutto questo - ha spiegato Scaroni - non ha nulla a che vedere con la sicurezza degli approvvigionamenti. È vero infatti che importiamo tanto petrolio dalla Libia ma è altrettanto vero che può essere rimpiazzato con quello di altri fornitori". Secondo Scaroni, "l’incertezza nella regione è stato il grilletto che ha fatto partire la speculazione".
Altro fattore degli aumenti il fatto che "a seguito della rivolta sul mercato ci sono 1,2 milioni di barili in meno, che non è tanto, ma qualcosa". L’Italia importa "molto petrolio" dalla Libia, ma il greggio proveniente dal Paese nordafricano "è facile da rimpiazzare con altri fornitori".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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