"Più poteri al premier" E il Pdl acclama Berlusconi presidente

Il congresso del nuovo partito si chiude con la celebrazione del suo fondatore. "Ora via alla terza ricostruzione dell'Italia". E la Fiera diventa un catino infuocato: con i colonnelli in prima fila. Verdini apre alla Lega: "Il Pdl? Mi piacerebbe entrasse anche Bossi"

"Più poteri al premier" 
E il Pdl acclama 
Berlusconi presidente

Roma - «Metto in votazione l’unica candidatura pervenuta, quella di... Silvio Berlusconìì!!». In platea si avverte persino un fremito di sorriso e Giorgia Meloni, ministro della Gioventù (ma in questo caso «madrina del congresso»), ha un impercettibile attimo di esitazione: «...Sono le regole». Spiega: «Può anche essere eletto per acclamazione». E acclamazione in effetti è - a dire il vero - un boato stile curva. Ecco, il «nuovo» leader del Popolo della libertà ieri è stato investito così. Cartellini alzati, seimila delegati, nemmeno una mano levata contro, nemmeno un astenuto, manco a pagarlo oro.
Quasi dispiace: se non altro perché livelli di consenso così unanimistici, nella storia della politica italiana non se n’erano mai registrati. Se uno avesse votato contro, non c’è dubbio, come minimo finiva sulla prima pagina del Times. Macché: nessun bastiancontrario, neanche un eroico narcisista pronto a immolarsi come anti-Silvio in cambio del proverbiale quarto d’ora di felicità profetizzato da Andy Warhol. D’altra parte, in un congresso che ha come principale jingle la versione strumentale di Meno male che Silvio c’è, stupirsi sarebbe fuori luogo. Esci dal capannone numero 8, dopo tre giorni di congresso, e ti sorprendi a canticchiarlo pure tu - pàrapara-papa-pa-paaàà! - mentre sei in pellegrinaggio nella fiumana incodata verso i parcheggi. Un dramma. D’altra parte tutto il congresso era stato costruito, con cura scientifica, intorno ai momenti celebrativi. E dunque, nell’ultimo atto della liturgia azzurra, quel boato non era un accessorio, ma elemento di sostanza.
Occhio alla foto ricordo. Nel primo giorno, l’atto conclusivo era stata l’ascesa del dream team sul palco, l’appello degli otto leader dei partito fondatori. Tappa obbligata: come disse una volta Francesco Cossiga, «la zuppa si fa con quello che c’è». Ma ieri, nell’ultima giornata di congresso, digerita la pratica di fusione delle tante anime, Berlusconi ha costruito un’altra coreografia umana, quella della «sua» squadra: lui in mezzo, ça va sans dire, due ministri donna ai lati, la Carfagna in camicetta, la Meloni persino ripescata, con un aggancio della mano, perché si era messa dietro. Renato Brunetta se ne sta sorridente di lato, Sandro Bondi dietro di tutti, il solito eroe martire. Il Cavaliere, trasformatosi in speaker, ricorreva ai suoi vecchi classici: «Fate largo alle donne... Sapete che ci piacciono le dame in prima fila». Tutta la Fiera di Roma era un catino infuocato, in un crescendo scenografico che non aveva nulla di casuale. Primo giorno - chissà perché - senza bandiere. Secondo giorno: solo tricolori. Terzo giorno: grande sbandieramento di tricolori e esordio delle nuove bandiere bianche Pdl. E poi tutto un centrifugarsi di estetica iperberlusconiana che arrivava a compimento. I delegati che corrono col trolley in una mano, e la versione impergamenata di Questo è il paese che amo, il discorso della discesa in campo ricevuto in omaggio in una versione ultrakitsch ma gettonatissima (con tanto di capolettera miniato e composizione calligrafica, un cult).

Agli stand sembrava una beffa situazionista, tutti chiedevano l’ormai celebre Silvio-matrjoska inventata dall’animatore de il predellino.it Giorgio Stracquadanio, quella che contiene nel simulacro di Berlusconi tutti i leader battuti dal Cav (compreso Prodi, che si è spinto a chiedere di essere escluso, considerandosi battuto dalla sua coalizione e non da Berlusconi!). Lui, l’inventore del giochino, ovviamente se la gode. Ma gli addetti agli stand dovevano spiegare che, per ora, la Silvio-trjoska è solo virtuale (si scarica da internet). «Ci volevano due mesi per fabbricarla - spiega il predellinista - ci sarà la prossima volta. Così si fa in tempo a metterci anche Franceschini...». Intorno a Stracquadanio, i ragazzi che animano il sito, tutti pasdaràn berlusconiani. Qualcuno chiedeva al deputato internauta se da vecchio liberale non considerasse eccessivo il voto unanime, e lui: «Ma non si doveva nemmeno votare! Era una sciocchezza!». No? «Ma certo che no! Se io invito dieci amici a cena, non è che poi mi devono “eleggere” ospite, giusto? Questo partito adesso è nato su convocazione di Silvio. La prossima volta si vedrà. Quindi stavolta il voto bulgaro è saggio».

Sembra una provocazione, invece molti, nella Fiera azzurra la pensavano come lui, ieri. È entusiasta il ministro Alemanno: «Ma quale congresso-show, quale plastica! È stato un congresso ve-ro». Alla fine, le ultime istantanee che ti restano nel taccuino sono tre file significative. La folla che si è materializzata alle porte della Fiera ieri (con scene di incazzatura spettacolari contro il servizio d’ordine) di quelli rimasti chiusi fuori dalle porte: «Siete pazzi! Sono un consigliere provinciale in Campania!». Le file sterminate perenni al bagno delle donne (qui il trucco era un rito sacro). E la fila sul podietto «finto», meta obbligata per la foto ricordo, quella che ti permette di dire: «Io c’ero e ho parlato». Difficile dire, per citare una delle categorie prezzoliniane introdotte, se fosse mèta dei «fessi» o dei «furbi».

Ps.


A proposito: giunto al parcheggio Francesco Pasquali mi informava che la contesa notturna fra azzurrini e i giovani di An intorno al nome di Annagrazia Calabria (sfottuta da un dirigente di Colle Oppio per la sua berlu-commozione, e difesa da quelli di Forza Italia con un abbandono di massa) è rientrata. Peccato. In questo coro di consenso irenico, una nota stonata serviva proprio.

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