
A 10 anni dalla scomparsa di Umberto Agnelli, una Fiat risanata e proiettata sul mercato globale ha presentato, ad Auburn Hills, con Sergio Marchionne e la sua squadra di manager, il Piano industriale che prevede 7 milioni di vetture prodotte nel 2018, 132 miliardi di ricavi, 5 miliardi di utili e investimenti pari a 55 miliardi nel periodo del piano quinquennale. Cifre impressionanti, ma indispensabili per consentire a Fca di essere un player di livello mondiale che opera con volumi rilevanti su 4 Continenti: America del Nord, America del Sud, Europa e Asia.
Il piano, molto articolato, si focalizza fondamentalmente su 5 punti per consentire crescita ma un adeguato ritorno sugli investimenti. Il primo punto è la crescita dei marchi premium con Maserati che punta a 75mila unità nel 2018 e il rilancio di Alfa Romeo che deve aumentare di quasi sei volte i volumi del 2013. Scelta coraggiosa, ma anche fondata da un punto di vista di mercato e di brand per il prestigio di cui ancora gode il marchio Alfa anche negli Usa. E poi c'è Maserati, simbolo del lusso sportivo italiano. Per realizzare questo obiettivo, Fiat Chrysler Automobiles dovrà impegnare i migliori talenti tecnici sia dal punto di vista della progettazione sia della fabbrica, perché va a competere con i prestigiosi marchi tedeschi e giapponesi, rinomati per l'alta tecnologia e l'alta qualità. Il successo di questi due marchi si giocherà anche sul valore delle vetture usate a 3-4 anni dalla messa in esercizio che si fonderà molto sul brand, ma soprattutto sulla qualità e affidabilità di lungo termine.
Il secondo punto riguarda le auto di volume dove la battaglia dei prezzi, particolarmente in Europa, ha contratto sensibilmente i margini per le case e per i distributori, consentendo un modesto se non negativo ritorno sugli investimenti. In questo settore, però, Fiat è regina nel progettare e produrre vetture del segmento A e B a costi molto contenuti, e con Panda, e soprattutto con 500, che sta diventando un brand grazie a 500L e 500X, ha delle carte da giocare sia in campo nazionale sia internazionale. Il terzo punto del piano è rappresentato dal forte incremento di investimenti e di volumi dedicato al marchio Jeep. Passare dalle 732mila unità del 2013 a 1,9 milioni nel 2018 non sarà facile, ma credo che sia possibile con l'allargamento dell'offerta del prodotto Jeep che gode di grande prestigio e potenziale di vendita sia negli Usa sia in Europa, e che si svilupperà molto in Asia e in America del Sud. Il quarto punto di Marchionne è sulle economie di scala, realizzabili con la crescita dei volumi fino ai 7 milioni di veicoli previsti per il 2018 che consentiranno un adeguato ritorno sugli investimenti. Il quinto punto del piano riguarda la finanza e qui, francamente, visti i precedenti, il grande talento di Marchionne, saprà risolvere, al meglio, l'equazione che richiede 55 miliardi di investimenti. Di certo, possiamo dire che Fiat e Chrysler, insieme, hanno molte più possibilità di raccolta di capitali e di successo, di quanto possano conseguire separatamente. Come sempre, la presentazione di un piano così ambizioso ha suscitato varie reazioni: ottimistiche, realistiche, scettiche. Non credo valga la pena di addentrarsi sui numeri realizzabili o non realizzabili, per intero o in parte, ma piuttosto constatare che le direttrici strategiche fondamentali sono condivisibili.
*Presidente Areté Methodos
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