In Italia le piccole e medie imprese sono in genere sottoassicurate. Si tratta di un fenomeno e un problema da tempo conosciuto. Secondo un'indagine dell'Ania (2010), il 14% delle Pmi non ha stipulato una polizza incendio, il 31% non ha previsto i danni da furti, il 33% non ha preso in considerazione i danni a terzi. Una categoria di rischi, quest'ultima, che oggi non dovrebbe comprendere solo quelli che coinvolgono i prestatori d'opera (uno sforzo in questo senso contribuirebbe anche a prevenire il fenomeno delle morti bianche), ma anche quelli provocati ai consumatori attraverso prodotti e servizi, o quelli causati all'ambiente. Il 90% delle Pmi ignora cosa sia l'assicurazione contro i rischi ambientali.
In Italia il rapporto premi polizze danni/Pil è pari al 2,4% contro, per esempio, il 3,7% della Germania. La maggior parte delle piccole imprese è assicurata per non più di tre rischi. Solo il 14% contro più di cinque. Gli attuali chiari di luna economici non aiutano a migliorare questi dati. Vi sono tuttavia anche motivazioni culturali alla base del fenomeno della sottoassicurazione. Nelle grandi aziende si rileva più sensibilità alla copertura dei rischi rispetto alle realtà più piccole. Molte di queste non considerano il premio assicurativo come un investimento in sicurezza e protezione del patrimonio e del business, ma come una spesa senza un ritorno.
Al contrario, il portafoglio assicurativo dovrebbe diventare oggetto di analisi attenta e un aspetto cui le banche dovrebbero attribuire più importanza nel percorso di valutazione del merito creditizio. Una corretta copertura dei rischi contribuisce, con altri fattori, a ridurre l'eventualità di default di un'impresa.
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