Di Pietro parla da divorziato: "Il segretario Bersani? E' lontano da chi soffre"

Il leader dell’Idv contro il segretario del Pd: "Stupisce il suo atteggiamento ricattatorio. Invece di criticare noi, interpelli i suoi elettori e capirà chi sbaglia"

Di Pietro parla da divorziato: "Il segretario Bersani?  E' lontano da chi soffre"

Roma Tanto tuonò che piovve. Cambia rapido il cielo della politica, e inabbissa sotto grandinate d’insulti l’alleanza frettolosamente - ma faticosamente - raggiunta tra il Pd e l’Idv alla fine dell’estate scorsa. «Caro Tonino, se fai così te ne vai per la tua strada», fa la faccia feroce Bersani. «Sei lontano anni luce dal Paese reale che soffre, mi stupisce l’atteggiamento intimidatorio e ricattatorio, caro amico Bersani», non indietreggia di un centimetro Di Pietro.
Come si noterà sono già a «caro amico», come suol dirsi. Ingiallisce, anzi svanisce, la cosiddetta «foto di Vasto» del settembre scorso che vede i due (con Nichi Vendola «terzo comodo») suggellare il patto di alleanza, ed è ormai chiaro che la partita del futuro si giocherà su campi totalmente nuovi. Il governo Monti, com’era facile prevedere, procede a un «taglio» netto in più: quello della comunità d’intenti antiberlusconiani.

Troppo diverso il modo di relazionarsi con le (eventuali) modifiche alla manovra, troppa la distanza tra il tipo di origine e i traguardi che si propongono le due formazioni. Il Pd, nonostante il forte imbarazzo, ancora prudente nel chiedere qualche piccola riduzione dell’impatto sulle pensioni (cosa che può ancora sperare di ottenere, sempre che non sia posta la fiducia). L’Idv, invece, a passo di carica per una «contromanovra» che ha il segno di un’invasione di campo, perché il proposito dichiarato è: «noi vogliamo difendere i più deboli, i povericristi».

Di Pietro definisce la manovra «un decreto truffaldino: così era capace anche Berlusconi, non serviva un governo di professori. Da Monti gli italiani si aspettavano misure eque, giuste e non norme dettate da banchieri, speculatori e proprietari dell’industria bellica. Invece di attaccare noi, che difendiamo le fasce sociali più deboli e gli onesti lavoratori, Bersani provi a interpellare i suoi elettori e vedrà che è lui a rischiare l’isolamento dall’Italia reale che piange e che soffre». La contromanovra dell’Idv prevede di reperire fondi dal taglio delle spese militari (per esempio, i 18 milioni di euro per l’acquisto dei cacciabombardieri F35/JSF) e dalle frequenze televisive, «che erano gratuite quando il padrone di Mediaset era presidente del Consiglio e lo sono rimaste, nonostante l’emergenza, anche quando non lo è.

Eppure in Germania l’asta per l’assegnazione qualche soldino l’ha portato: 4,4 miliardi di euro. E negli Usa 20 miliardi di dollari, ci hanno fatto...».
Parole d’ordine con le quali il leader dell’Idv sa di poter intercettare vasto consenso tra gli elettori del centrosinistra, come è stato in tutti questi due decenni. Ma toni e accuse vengono ritenute inaccettabili dal Pd, anche perché finiscono per sottolineare l’innaturale circostanza di un sostegno privo di condizioni allo stesso governo sostenuto da Berlusconi e dal Pdl.

Sbiadite appaiono le parole difensive di Bersani, che da giorni ripete (a se stesso più che agli altri): «A noi non interessa vincere sulle macerie del Paese...

per noi l’Italia vuol dire prima di tutto lavoratori e ceti più deboli. Se uno vuol scantonare e mettere davanti all’Italia i suoi interessi elettorali non va bene e se ne assumerà la responsabilità». Sicuro, ottimo. Ma, intanto, il populismo dipietrista scorrazza felice per la prateria.

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