Pil, la Corte dei Conti: fare di più Ma in Italia l'occupazione riparte

La Corte dei Conti chiede maggiori sforzi per raggiungere la soglia del 2% di pil: "Le riforme fatte sono insufficienti per la crescita". Ma il Centro studi di Confindustria smentisce le Cassandre che, da mesi, tuonano contro la tenuta del mercato del lavoro: l'emorragia è in esaurimento. Secondo uno studio recente, è ripartita l’occupazione a tempo determinato: +5,1% annuo nel quarto trimestre 2010

Pil, la Corte dei Conti: fare di più 
Ma in Italia l'occupazione riparte

Roma - L’ipotesi di una manovra correttiva per conseguire l’obiettivo di sostanziale pareggio di bilancio fissato dal programma di stabilità nel 2014 "desta qualche perplessita". Il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino prende le distanze dal Dpef e il piano di riforme del governo e sottolinea "gli andamenti della finanza pubblica, influenzati dal permanere di condizioni di crescita lenta, che riducono la dinamica del gettito e rendono più difficile sostenere i costi di un programma di riduzione della spesa pubblica". Tuttavia l’emorragia occupazionale è in esaurimento. I tecnici del Centro studi di Confindustria smentiscono le Cassandre che, da mesi, tuonano contro la tenuta del mercato del lavoro italiano. E', infatti, in ripresa l’occupazione a tempo determinato (+5,1% annuo nel quarto trimestre 2010).

La Corte dei Conti chiede di più La Corte dei Conti ha valutato positivamente il Dpef 2011 che recepisce le nuove regole europee, innovando significativamente l’impianto della documentazione che sorregge la prossima sessione di bilancio. E' stata apprezzata l’alta qualità delle informazioni tecniche e metodologiche alla base delle proiezioni tendenziali e programmatiche relative al periodo 2011-2014, che ha consentito di colmare una delle carenze che più volte anche la Corte aveva evidenziato negli anni precedenti, con riferimento ai principali documenti programmatici. Non mancano, tuttavia, alcune perplessità. In particolare, è stato evidenziato come sia assunto un andamento tendenziale del bilancio pubblico meno favorevole di quello adottato nella Decisione di finanza pubblica dello scorso settembre, nonostante che il consuntivo per il 2010, diffuso dall’Istat a marzo, presenti risultati migliori di quelli preventivati nella Decisione di finanza pubblica 2011-2013. Tale scenario parrebbe comportare, per conseguire l’obiettivo di sostanziale pareggio di bilancio, fissato dal Programma di stabilità per il 2014, una manovra correttiva, ipotesi che, secondo la Corte, "desta qualche perplessità", anche alla luce degli andamenti della finanza pubblica influenzati dal permanere di condizioni di crescita lenta, che riducono la dinamica del gettito e rendono più difficile sostenere i costi di un programma di riduzione della spesa pubblica. Il problema irrisolto nel nuovo scenario, sempre ad avviso della Corte dei Conti, appare dunque quello legato alla perdurante difficoltà dell’economia italiana a recuperare ritmi di sviluppo in linea con quelli prevalenti negli altri Paesi europei che sono più speditamente avviati a recuperare i tassi di crescita pre-crisi. Se da un lato il documento adotta un approccio pienamente coerente con le raccomandazioni europee e con gli obiettivi di ripristino della stabilità finanziaria, prevedendo numerose misure con un impatto basso o nullo sui conti pubblici, ma con significativi effetti sull’economia, dall’altro "l’impostazione ha solo in parte natura programmatica essendo prevalentemente orientato a consolidare ex-post, all’interno di un organico programma di riforme, le azioni già intraprese. Condivisibile, peraltro, è la decisione di non sovraccaricare gli scenari con provvedimenti sui quali il Parlamento non ha ancora dato il suo assenso». Nonostante questo, la magistratura contabile rileva come l’impulso espansivo del programma di riforme fin qui attuato risulti limitato perchè non è sufficiente a condurre i valori di crescita in prossimità di quel 2 per cento che rappresenterebbe il valore in grado di conciliare l’obiettivo di riduzione congiunta dell’indebitamento e del debito pubblico, come richiesto dalle nuove regole europee".

L'occupazione è in ripresa Il Centro studi Confindustria sottolinea come sia comunque ancora "debole" l’attività industriale italiana che nel primo trimestre, secondo le stime, ha avuto un aumento congiunturale dello 0,2% dopo la contrazione nel quarto trimestre 2010 dello 0,6%. In marzo si è registrato un aumento congiunturale su febbraio dell’1,5%. Gli imprenditori si attendono progressi meno vivaci con aspettative di produzione a marzo in calo (a 16 rispetto al 18 di gennaio). Sul lavoro c’è "qualche segnale positivo ma non si delinea ancora una inversione di tendenza". Le aspettative delle imprese indicano comunque che "l’emorragia occupazionale è in esaurimento" e che "la domanda di lavoro sta tornando ad aumentare". La forza lavoro inutilizzata resta comunque ampia nei settori dove la produzione è ancora molto al di sotto dei livelli pre-crisi. La cig autorizzata a marzo ha segnato un +45% su febbraio "ben al di là di quanto giustificato dai fattori stagionali". La Confindustria sottolinea che la riduzione del volume delle esportazioni a febbraio (-5,6% su gennaio) compensa il balzo di gennaio (+7%). Il dato risente anche delle tensioni nel Nord Africa. Infine l’associazione sottolinea che il ritmo della ripresa mondiale ha iniziato a scemare dai livelli sostenuti del primo trimestre 2011. Gli indicatori congiunturali dopo i massimi di febbraio sono diminuiti a marzo. Sono in frenata ordini e produzione.

Il ritmo della ripresa mondiale Il ritmo della ripresa mondiale è in rallentamento dopo i livelli sostenuti del primo trimestre 2011. "Restano molto ampi i divari di dinamismo con alcune economie molto vivaci e altre in ritardo. L’Italia appartiene a queste ultime". Da qualche mese la produzione industriale oscilla senza direzione, l’occupazione è stabile e la Cig torna a salire, l’export mantiene un buon passo, ma inferiore a quello dei mercati di riferimento (tra i quali sono importanti Nord Africa e Medio Oriente, ora in subbuglio).

L’accelerazione dei prezzi al consumo rispecchia le maggiori bollette energetiche e alimentari e trasferisce potere d’acquisto dai consumatori ai paesi esportatori di input primari, ma non ci sono sintomi di trasferimento su altri listini nè tantomeno sulle retribuzioni (che scontano l’alta disoccupazione). 

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