Milena Vukotic compie novant'anni e li festeggia portando in scena, al Franco Parenti, da venerdì al 16 gennaio, «Così è (se vi pare)», con la regia di Geppy Gleijeses, con Pino Micol e Gianluca Ferrato.
Abbiamo visto la Vukotic nel film «Diamanti», con la regia di Ozpetek, nella parte della vispa zietta di Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, dove ha dato prova, non solo della bravura, ma anche dell'eleganza, tipico timbro della sua recitazione, per la quale, le è stato consegnato il premio Donatello alla Carriera. Oggi interpreta la Signora Frola in uno spettacolo, particolare, che inizia ascoltando la voce di Geppy Gleijeses, che cita brani di «Personaggi», poi confluiti nella novella «Tragedia di un personaggio», in cui Pirandello dice di dare udienza, dalle ore nove alle dodici, ai «signori personaggi delle sue novelle», certi tipi «gabbati, disillusi, mezzi matti». Tra questi, c'è il dottor Fileno, scopritore del metodo del cannocchiale rovesciato che rende il presente «piccolo e lontano». La regia di Gleijeses parte proprio da qui, da questa apertura del sipario, con i personaggi che si trovano in casa Agazzi e che li vediamo presentarsi come degli ologrammi tridimensionali, resi tali dal video-artist Michelangelo Bastiani; che, attraverso un apparato luminoso, li rende piccoli uomini feroci, alti circa cinquanta centimetri, che dibattono, con una recitazione volutamente meccanica sul mistero che sta dietro la famiglia del Signor Ponza, di sua moglie e della Signora Frola giunti, nella nuova destinazione, dopo la tragedia del terremoto che aveva distrutto la loro abitazione e raso al suolo il paese. Quei piccoli personaggi riprenderanno la loro altezza e le loro fattezze con l'arrivo della Signora Frola, annunziata sempre dalla voce di Gleijeses che cita la didascalia «è una vecchietta linda, modesta, affabilissima, con una grande tristezza negli occhi, ma attenuata da un costante dolce sorriso sulle labbra». Su questa didascalia Gleijeses ha costruito la recitazione di Milena Vukotic, davvero straordinaria nella parte più difficile della sua lunga carriera. Il regista ha puntato soprattutto sulla recitazione, più che sul problema dell'identità, indirizzando la sua «lettura» verso l'indagine della verità e della pazzia; sottolineando, nel frattempo, il relativismo della prima, col ricorso a un labirinto di specchi. Specchi nei quali i personaggi vedono proiettato il proprio doppio, mentre un distaccato e sarcastico Laudisi, interpretato con consapevolezza e padronanza, da Pino Micol, non si diverte a filosofeggiare, ma a rinfacciare, ironicamente, ai presenti, il loro vacuo accanimento nel voler conoscere la verità. Le persone, venute in casa Agazzi, sono trattate da Gleijeses come un Coro che recita, spesso, all'unisono e che si diverte nel cercare di capire chi sia pazzo, se la Signora Frola o il Signor Ponza, interpretato, con tanto dolore e commiserazione, da un efficace Gianluca Ferrato, anche quando dovrà simulare una specie di follia, facendo ricorso a una recitazione artatamente isterica. Il solo che non si appassiona è Laudisi che vive quella «stranezza» con distacco epico.
In verità, Pirandello utilizza la pazzia non come una patologia, ma come mezzo drammaturgico, oltre che come elemento d'indagine per vedere come reagisca la società dei salotti borghesi dinanzi a un fatto cosi strano, come lo definiscono, più volte, il consigliere Agazzi e la signora Sirelli.
Il regista ha capito che Pirandello utilizza la pazzia come stratagemma per dimostrare l'infondatezza di una verità assoluta e per giustificare il labirinto di specchi, visto come il labirinto delle anime quando non sono a posto con le coscienze.
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