Poggiali, il mito del doppio nei volti di De Vivi

I riflettori si accendono finalmente su una giovane artista italiana (classe 1992) di indiscutibili qualità già riconosciute in patria e all'estero

Poggiali, il mito del doppio nei volti di De Vivi
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Il ruolo di una galleria d'arte è indispensabile e prezioso per la cultura solo quando contribuisce a sostenere autori che altrimenti troverebbero difficilmente spazio nei musei o nelle istituzioni pubbliche; un aspetto, questo, molto sentito in un Paese come l'Italia che scarseggia di musei d'arte contemporanea.

Milano per fortuna rappresenta un territorio fertile se consideriamo il numero delle gallerie di ricerca che propongono al pubblico nuovi talenti da ogni latitudine. Questo mese merita segnalare la mostra personale della pittrice veneziana Barbara De Vivi presso la galleria Poggiali di Foro Buonaparte 52. Si tratta dell'ultima scoperta della galleria fiorentina che a Milano dà spesso spazio alla nuova pittura, con occhio particolare allo scenario statunitense e dell'America Latina.

Questa volta i riflettori si accendono finalmente su una giovane artista italiana (classe 1992) di indiscutibili qualità già riconosciute in patria e all'estero, che ha ricevuto premi come il «Combat Prize» e il «Premio Euromobil Under 30», e ha completato residenze presso la Fondazione Bevilacqua La Masa (Venezia), Pilotenkueche (Lipsia) e Gangeviertel (Amburgo). Il suo lavoro è stato recentemente al centro della mostra «Flaming April» al Mom Art Centerad Amburgo nel 2023 e le sue opere sono state incluse nella collezione della Fondazione CRC ed esposte al Castello di Rivoli.

A Milano, nella mostra intitolata «Controfigura», De Vivi espone la sua produzione di pittura figurativa incentrata sul ritratto, ovvero sul mito del «doppio», un tema molto caro alla letteratura, alla filosofia e al cinema. L'artista sviluppa su tela e su carta le immagini elaborate dalla propria storia familiare e identitaria, facendole dialogare con l'iconografia dei social che inondano i device e scompaiono con la velocità della luce.

È tuttavia la sua una pittura meditativa e fortemente introspettiva in cui volti e corpi si sovraespongono in dissolvenze oniriche che rivendicano una femminilità ora sussurrata ora gridata. Per indagare nel profondo del proprio inconscio, l'artista utilizza come modella la sorella, una sorta di alter ego in cui rispecchiarsi, con una narrazione pittorica ammaliante e densa anche di pathos.

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