Cala il sipario sull’ente dei navigator

Esce di scena l’Anpal, l’agenzia del reddito di cittadinanza costata una fortuna senza risultati

Cala il sipario sull’ente dei navigator
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Venerdì primo marzo nel silenzio dei palazzi sono uscite di scena sia l’Anpal che la sua controllata Anpal Servizi. L’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, istituita dal governo Renzi per supportare l’attuazione del Jobs Act, è ritornata una costola del ministero del Lavoro, mentre sempre al dicastero guidato da Marina Calderone farà capo Sviluppo Lavoro Italia spa (la ex Anpal Servizi).
La «scomparsa» di un ente pubblico (anche se nessun suo dipendente ha perso il posto) non è diventata una notizia perché l’Anpal è una realtà di cui collettivamente si vuole perdere la memoria. Fallito il suo obiettivo iniziale, quello di coordinare le politiche attive (la cui competenza è assegnata dalla Costituzione alle Regioni), l’Agenzia è nota per essere stato il «braccio armato» del reddito di cittadinanza durante i governi M5s. Assieme agli oltre 31 miliardi di sussidi sprecati fino al 2023 era stata prevista l’assunzione di 2.980 navigator che avrebbero dovuto prendere in carico i percettori della provvidenza in grado di impiegarsi per avviarli a un percorso formativo. Alla fine, visti gli scarsi risultati ottenuti (solo il 12% è stato avviato al reinserimento, con percentuali di soddisfazione tra il 3 e l’8%), i beneficiari del reddito annoverano, oltre ai percettori, i navigator stessi e l’«estemporaneo» presidente Anpal, Mimmo Parisi, noto per essersi diviso - nostante i 130mila euro di emolumento - tra Roma e il suo incarico in Mississippi.
Il governo Meloni ha semplicemente preso atto che questo sistema, così come congegnato, non aveva più ragion d’essere. E, dopo aver cambiato volto al reddito di cittadinanza restringendolo all’assegno di inclusione (e al supporto formazione e lavoro), ha eliminato un ente oramai inutile. Inutili, però, non sono le sue funzioni. E soprattutto la sua eliminazione non cancella i problemi del mondo del lavoro in Italia. I dati sull’occupazione, nonostante un leggero calo a gennaio, restano positivi. Oltre 23,7 milioni di italiani avevano un impiego (+362mila su base annua) e i disoccupati sono calati di 162mila unità a 1,8 milioni. Un numero rimpinguato dai circa 1,7 milioni di giovani inattivi.
A fronte di questi dati si registra che il programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori), strutturato dalle Regioni con i fondi europei, ha preso in carico nel 2023 1,3 milioni di persone circa. I centri per l’impiego viaggiano a ritmo di circa 100mila nuove pratiche al mese. Si potrebbe fare di più a tutti i livelli. Come la Fondazione Adapt ha sempre notato, queste tematiche non si possono affrontare con un approccio «ministeriale», ma con uno più pragmatico che, come ha notato il giuslavorista Francesco Seghezzi, tenga conto che i mercati sono «sempre più caratterizzati da transizioni tra periodi di lavoro, di non lavoro, di formazione» e «accompagnare le persone durante queste transizioni, senza che diventino una condanna, è la sfida che il sistema deve affrontare».

Tanto più in questa fase nella quale la stretta sui tassi farà progressivamente sentire i suoi effetti sui numeri dell’occupazione. La morte dell’Anpal, in fondo, si potrà considerare una buona notizia solo se queste lezioni saranno state apprese.

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