Mariella Enoc, Andrea Moltrasio e Ilaria Vescovi, supplente Luciano Vescovi, sono i tre «saggi» che consulteranno tutte le articolazioni di Confindustria per verificare il consenso e vagliare le possibili candidature alla successione di Carlo Bonomi. Ieri è stata comunicata la nomina della commissione di designazione ed è partito l’iter che porterà il 4 aprile al voto del consiglio generale per individuare il candidato, che sarà eletto dall’assemblea del 23 maggio.
Da ieri, quindi, sono possibili le autocandidature degli iscritti con un sostegno di almeno 19 voti (il 10%) del consiglio. L’attenzione si concentra su quattro nomi, destinati a ridursi - come di prammatica - a due con la convergenza delle candidature tramite la definizione di alleanze programmatiche. Il presidente del Sole 24 Ore, Edoardo Garrone (Erg), e il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi (patron di Duferco e leader di Federacciai) hanno già raggiunto il quorum di lettere di sostegno necessarie alla presentazione della candidatura. Allo stesso modo, dovrebbero essere della partita i vicepresidenti uscenti Alberto Marenghi (Lombardia) ed Emanuele Orsini (Emilia Romagna), mentre sarebbe sfumata la candidatura del lombardo Giovanni Brugnoli.
Insomma, la partita è molto aperta, considerato che l’outsider Gozzi è riuscito a superare il primo fuoco di sbarramento dei grandi elettori di Assolombarda grazie al supporto di Brescia, Bergamo e Napoli. Il sistema confindustriale spera in una candidatura unica considerato che il quadriennio di Bonomi si è concluso senza che l’associazione abbia riconquistato il peso politico rivestito fino alla grande crisi del debito sovrano. Ecco perché l’intento è evitare scontri. Non è un caso che Assolombarda (la territoriale più potente del sistema; ndr) abbia puntato su Garrone che ha una lunga esperienza all’interno del mondo confindustriale e una lunga frequentazione con i palazzi del potere. Lo scontro tra candidati è un lusso che oggi Confindustria non si può permettere se vuole tornare a dettare legge nei confronti di governi sempre più sensibili alle istanze del sindacato.
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