
Non solo Canada, Messico e Cina. I dazi statunitensi rappresentano una minaccia concreta anche per altri paesi che guardano con una certa apprensione la data del prossimo 2 aprile. La nuova scadenza nell’entrata in vigore delle tariffe su Canada e Messico (valido su circa metà dell’import dai due paesi) coincide infatti con quella già cerchiata sul calendario che vedrà l’arrivo delle indagini sul commercio estero richieste dal presidente americano Donald Trump e sulla base delle quali verranno prese decisioni importanti su tariffe bilaterali, dazi su import europeo e su alcuni settori chiave. A differenza del suo primo mandato, le iniziative sul fronte commerciale rappresentano una priorità politica per la nuova amministrazione, ma intuire le future mosse di Trump è piuttosto complesso, considerando il suo approccio imprevedibile. In attesa della fatidica data del 2 aprile, la società inglese di gestione del risparmio Schroders prova a disegnare una mappa dei paesi che potrebbero finire nel mirino dei dazi. “Ci sono diverse economie a rischio, considerando quelle con cui gli Stati Uniti hanno un deficit commerciale. – illustra Andrew Rymer, strategic research unit di Schroders - Tuttavia, c'è qualche sfumatura quando si tratta dell'impatto economico e di mercato”. Fondamentale quindi comprendere i rischi e le differenze tra le economie, i mercati e le esposizioni delle singole aziende.
Quali Paesi sono davvero a rischio dazi?
Trump si è mostrato chiaro e deciso riguardo al commercio, mettendo al centro della sua agenda politica l'uso dei dazi come strumento per proteggere le industrie e i posti di lavoro americani. Ha frequentemente sottolineato gli squilibri commerciali come una preoccupazione centrale, sia durante il suo primo mandato che recentemente. Ecco allora che il deficit commerciali degli Stati Uniti (in cui il valore delle importazioni supera quello delle esportazioni) rappresenta un indicatore utile per valutare il rischio di nuove tariffe. E qui “Cina, Unione europea e Messico sono ovviamente in cima alla lista”, avverte Rymer. In particolare, con l’Unione europea si evidenzia un disavanzo commerciale di oltre 200 miliardi di dollari, contro i 150 miliardi del Messico.

“Tuttavia – aggiunge l’esperto - ci sono altri paesi che potrebbero attirare l'attenzione, comprese varie economie asiatiche esportatrici”. Il Giappone, ad esempio, figura al quarto posto per deficit commerciale, dietro il Messico e davanti al Canada. Più indietro la Corea del Sud, con cui però Trump ha concordato un accordo di libero scambio rivisto nel suo primo mandato. E’ chiaro che “i deficit commerciali sono solo uno dei parametri con cui Trump potrebbe misurare le relazioni commerciali. – precisa - In precedenza, ha citato la manipolazione valutaria, i sussidi nazionali iniqui e il furto di proprietà intellettuale tra i potenziali catalizzatori di un’azione tariffaria”.
Pil: il peso dei dazi sull’economia
Per valutare invece l’impatto economico dei dazi per i paesi eventualmente colpiti, lo studio analizza l'esposizione di ciascuna economia verso gli Stati Uniti attraverso le esportazioni, vale a dire la percentuale di export sul Pil. “Il Messico e il Canada sono i più colpiti da questo aspetto. – afferma Rymer - Anche gli esportatori asiatici, Taiwan e Thailandia, sono esposti in misura considerevole”. Taiwan però si distingue nettamente dagli altri mercati, con il 43% dei ricavi derivanti dagli Stati Uniti legati soprattutto all’esportazione dei microchip. “Di conseguenza, si potrebbe prevedere che una risorsa così strategicamente importante possa essere esentata o beneficiare di qualche agevolazione, anche se ciò non è garantito”. Per quanto riguarda la Cina, invece, nonostante sia ad alto rischio di attrarre dazi statunitensi, la sua esposizione economica appare molto inferiore rispetto a Messico e Canada, con un impatto sul Pil quindi più contenuto.
Le ripercussioni sul mercato azionario globale
Il tema dazi influenzerà anche gli umori del mercato, come dimostra il ritorno della volatilità di questi giorni. Secondo Schroders, da tenere sotto osservazione l’indice Msci All Country World, che comprende sia i mercati sviluppati che quelli emergenti e in cui gli Stati Uniti detengono una posizione dominante con un peso del 66% (al 31 gennaio 2025). I mercati azionari delle economie con cui gli Usa hanno un deficit commerciale rappresentano invece circa il 27% dell'indice. L'Unione europea è la più grande con una quota del 9%, seguita da Giappone e Canada con rispettivamente il 5% e il 3%. Seguono Cina, Svizzera, Taiwan e India.
Movimenti importanti potrebbero vedersi anche a livello di singole azioni. “I dazi hanno il potenziale di sconvolgere le catene di fornitura sia per le società statunitensi che per quelle internazionali quotate in Borsa. - avvertono da Schroders - Le aziende delle economie interessate potrebbero anche subire una riduzione della competitività o un ridotto accesso al mercato. Lo stesso potrebbe accadere per le imprese statunitensi, se venissero attuate misure reciproche”. Ecco quindi che in questo scenario, un fattore chiave da tenere in considerazione anche nella selezione dei titoli sarà rappresentato dalla capacità delle singole aziende di trasferire l'impatto tariffario sui clienti. “Alcune aziende potrebbero essere più isolate, o in grado di sopportare i dazi rispetto ad altre”.
Infine, da non sottovalutare nemmeno l’impatto dei dazi sul fronte valutario. “Se il dollaro si rafforzerà rispetto alla valuta locale, in risposta ai dazi sulle economie partner, ciò rappresenterebbe un potenziale ostacolo per i rendimenti degli investitori dai mercati partner in termini di dollari”, precisa Rymer. Il movimento del dollaro sarà rilevante anche per le stesse multinazionali americane con ricavi internazionali. Basta ricordare che la generazione di ricavi dell'S&P 500 è a livello nazionale solo per il 59% circa.
In altre parole, le aziende statunitensi registrano oltre il 40% dei loro ricavi fuori dai confini Usa. “Oltre all’impatto della conversione valutaria, - conclude - queste aziende potrebbero anche essere soggette a dazi o misure di ritorsione”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.