Ferrari finisce fuori pista. Pesa la sbandata in Cina

La Rossa spinge l'utile (+13%) ma delude la Borsa (-7%)

Ferrari finisce fuori pista. Pesa la sbandata in Cina
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Inatteso fuori pista a Piazza Affari per Ferrari. La trimestrale sfornata dal gruppo di Maranello non ha impattato con le attese e il titolo è scivolato indietro di oltre il 7%, segnando la peggior seduta dell'anno. I ricavi sono stati pari a 1,64 miliardi di euro nel terzo trimestre, al di sotto delle aspettative degli analisti che erano a 1,8 miliardi. L'utile netto rettificato si è attestato a 375 milioni, in rialzo del 13%.

Un campanello d'allarme arriva dal calo delle vetture consegnate, scese del 2,2% a 3.383 unità nel trimestre. Le spedizioni risultano diminuite in Cina e nelle Americhe, mentre sono aumentate in Europa e nel resto dell'Asia-Pacifico. Dalle sale operative si attribuisce il violento calo in Borsa proprio al tonfo del 29% delle consegne in Cina, anche se va ricordato che la Rossa ha sempre mantenuto un approccio prudente verso Pechino. Non più tardi di tre mesi fa il ceo Benedetto Vigna (in foto) aveva sentenziato che «la Cina non peserà mai più del 10% sui ricavi di Ferrari». Lo stesso Vigna ieri ha posto l'accento sul fattore prezzi. «La Ferrari 12 Cilindri non è così economica in Cina, costa quasi tre volte di più di quello che può costare in Europa. Dobbiamo trovare i modelli giusti per il paese». Il Cavallino Rampante ha confermato gli obiettivi per l'intero 2024 e anche qui c'era chi puntava su una nuova revisione al rialzo. La società di Maranello, che ieri ha annunciato il prossimo Capital Market Day per la seconda metà del prossimo anno, prevede di chiudere il 2024 un fatturato di oltre 6,55 miliardi e un utile per azione rettificato di almeno 7,90 euro.

«La reazione del mercato sembra decisamente sproporzionata - taglia corto Gabriel Debach, market analyst di eToro - con la riduzione delle consegne che può essere interpretata positivamente, ossia preservare l'esclusività e rafforzare il valore del brand rimangono obiettivi primari per il Cavallino Rampante, e i ricavi totali che continuano a crescere ne sono una testimonianza».

Ieri riflettori anche su Maserati con la visita di Carlos Tavares, ceo di Stellantis, allo stabilimento di Modena. Il top manager è stato accolto da un presidio dei 150 lavoratori in cassa integrazione. «È vero che il settore è in crisi ma la Maserati resta l'unica realtà industriale di vetture di lusso colpita», è l'appello dei sindacati Fiom-Cgil che ritengono essenziale per il rilancio del Tridente il varo di nuovi modelli. La nota diffusa da Stellantis Italia non va nel dettaglio e ribadisce che il team di Maserati, guidato da Santo Ficili, «sta perfezionando un piano strategico per riportare il marchio ai vertici del settore, con una pipeline completa di nuovi prodotti e tecnologie per i prossimi anni».

La crisi dell'auto miete intanto nuove ondate di licenziamenti in giro per l'Europa. La tedesca Schaeffler, specializzata nella produzione di cuscinetti per l'industria automobilistica, taglierà circa 4.700 posti di lavoro, di cui 2.800 in Germania, dopo aver visto dimezzarsi l'utile operativo nel terzo trimestre a causa anche della debolezza della domanda di auto elettriche.

In affanno anche la francese Michelin che ha annunciato la chiusura entro il 2026 di due fabbriche tagliando complessivamente 1.254 posti di lavoro a seguito del «crollo» delle vendite di pneumatici per autocarri e furgoni.

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