
È nelle piccole storie che, a volte, si può intravedere il futuro. A Monfalcone, per lungo tempo, si è assistito a un braccio di ferro tra l'amministrazione comunale di centrodestra e la comunità islamica, che compone il 30% della popolazione. Anna Maria Cisint (nella foto), sindaco uscente, è diventata parlamentare europea anche grazie alle sue battaglie per la legalità e, ora che la sua carica si è liberata, il comune si presenta alle elezioni (13/14 aprile). E lo fa con una grossa novità: tra i candidati a sindaco c'è anche Bou Konate, già assessore per la giunta di centrosinistra, che questa volta ha deciso di correre con una lista composta interamente da stranieri. Una prova di forza, visto che Monfalcone è la città delle tre studentesse che hanno chiesto di andare in classe con il niqab, dove il 75% delle donne straniere gira con il volto coperto, delle due moschee abusive e dove è stato arrestato un aspirante jihadista.
Konate prosegue quindi con la sua battaglia e mantiene una posizione che non è solo politica ma anche religiosa e che serve a tenere unita la comunità bengalese locale. «In questi anni mi hanno detto che esageravo - racconta la Cisint a il Giornale - ma gli islamici hanno un obiettivo chiaro: prendere il potere. È a causa della sinistra se oggi ci troviamo in questa situazione. Ora che i musulmani a Monfalcone sono tanti hanno deciso di fare la loro lista perché vogliono impadronirsi di questo Paese in tutti i modi». I politici di sinistra, sia a livello locale sia nazionale, da tempo blandiscono le comunità di stranieri promettendo cittadinanza e benefici per guadagnarsi il loro voto. «La candidatura di Konate - prosegue la Cisint - dimostra con tutta evidenza le ragioni e la validità della battaglia che sto conducendo per contrastare la volontà islamica di cancellare la nostra identità e i nostri valori occidentali, imponendo regole che sono in netto contrasto con i nostri ordinamenti». Monfalcone potrebbe diventare la prima città in Italia ad avere una lista islamica all'interno di un'amministrazione locale. Birmingham, in Inghilterra, ha iniziato così e in passato ha eletto sindaco Muhammad Afzal, il quale ha dichiarato che «non è vero che i matrimoni forzati siano un problema della comunità musulmana» e che, in un'intervista, ha fatto riferimento ai «cristiani ubriachi violenti» tra i problemi della sua comunità.
«Monfalcone diventa il primo esempio nazionale in cui, in forza di una presenza favorita da leggi permissive in tema di ricongiungimenti familiari, a cui il governo ha ora posto rimedio, il rifiuto di ogni forma di integrazione si traduce persino in una contesa elettorale», prosegue Cisint, secondo la quale una «lista composta esclusivamente da stranieri diventa, concretamente e simbolicamente, l'espressione di una volontà che guarda alla prospettiva di conquistare il controllo delle istituzioni per trasformare un angolo del nostro Paese in una enclave musulmana».
Non sono solo elezioni, quindi. E non è neppure solo un partito per gli stranieri.
È un modo di vivere incompatibile con il nostro che si fa largo. E che sfrutta la libertà e la democrazia per imporsi. Perché nell'islam non c'è distinzione tra pubblico e privato, tra politica e religione. Tutto è collegato. Unito. Sottomesso.
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