Emanuele Orsini tiene alto il pressing sulla politica nazionale. L'interlocuzione tra il leader degli industriali e il ministero dell'Economia è continua nell'intento di convincere il ministro Giorgetti ad assecondare le richieste su Ires premiale e industria 5.0. «Bisogna mettere nelle condizioni le nostre imprese di essere ancora più competitive rispetto alle altre aziende europee ha spiegato ieri il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini (in foto) e quindi le parole chiave devono essere crescita e investimenti».
Viale dell'Astronomia continua il fitto confronto con il Tesoro sull'Ires premiale. «Auspichiamo che dal 24% si possa arrivare al 19% per premiare le aziende che pagano le tasse in questo Paese», ha indicato Orsini dal palco dell'assemblea di Federchimica. Il governo tiene aperto il tavolo sulla Manovra con i sindacati che sono convocati a Palazzo Chigi il prossimo 4 novembre con presente anche la premier Giorgia Meloni. Altro dossier molto caldo per Confindustria è Industria 5.0, considerata «una grande opportunità», ma va semplificata e gli industriali propongono di incrementare l'aliquota perchè possa diventare più attrattiva.
Orsini sollecita anche un cambio di passo sui temi energetici. Sulle imprese italiane gravano costi energetici troppo alti e il numero uno di Confindustria ritiene che gli obiettivi al 2030-2035 di produzione da fonti rinnovabili non siano verosimili e il nuovo mix energetico non può fare a meno di mini reattori nucleari, gli Smr (Small Modular Reactors) «che sono sicuri, sono contenuti e noi come industria siamo disponibili a trovare la location all'interno delle nostre industrie, perchè capisco che per un sindaco trovare un posto sia complicato». Sulla stessa lunghezza d'onda Francesco Buzzella, presidente di Federchimica, che ha parlato di costi energetici «abnormi e non competitivi» auspicando un ruolo dell'Italia come hub energetico per l'area Sud dell'Europa per il gas, lo stoccaggio della Co2 e le rinnovabili «in una strategia che comprenda il nucleare di nuova generazione e quello di fusione». Il salasso energia per l'industria chimica si traduce in costi annui per 600 milioni tra quelli diretti e indiretti (cioè connessi all'acquisto di elettricità). «Nel lungo termine la transizione verde è un obiettivo ineluttabile, ma l'eccessiva accelerazione europea senza adeguate misure di supporto ha costi troppo elevati», ha spiegato il numero uno di Federchimica.
Dopo due anni consecutivi di contrazione della produzione chimica in Italia (-4,1% nel 2022 e -6,7% nel 2023), la svolta tarda ad arrivare e quest'anno dovrebbe chiudersi con un modesto recupero dello 0,5% frutto più della normalizzazione delle scorte che da una significativa ripresa della domanda. La chimica di base rimane su livelli di attività ben al di sotto del 2021 (-15%) mentre la cosmetica si conferma in espansione (+9%).
Per il 2025 l'attesa è di una risalita più convinta (+1,2%) anche se il contesto rimanere denso di incognite per un settore che in Italia annovera oltre 2.800 imprese e 112mila addetti.
Da uno studio realizzato da The European House Ambrosetti emerge che una politica industriale a favore del settore chimico genererebbe un valore aggiunto di 33,3 miliardi e la creazione di oltre 50mila nuovi posti di lavoro in tutto il manifatturiero.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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