"L’Europa dei burocrati mette in serio pericolo tutto il sistema industriale"

L’ex presidente di Confindustria lancia l’allarme: "Sono state compiute scelte suicide ed esclusivamente ideologiche"

"L’Europa dei burocrati mette in serio pericolo tutto il sistema industriale"
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L’Europa dei fondamentalismi ideologici e della burocrazia rischia di devastare il sistema industriale del Continente. Con il numero di Seda Group ed ex presidente di Confindustria, Antonio D’Amato abbiamo parlato del nuovo regolamento sugli imballaggi che potrebbe compromettere le filiere italiane dell’agroalimentare e della farmaceutica che rappresentano oltre il 30% del Pil.

Presidente D’Amato, cosa si aspetta dal trilogo del 4 marzo sul nuovo regolamento sugli imballaggi. Si profila uno stop al monouso.

«In maniera del tutto ideologica si pensa di fare a meno del packaging che è assolutamente indispensabile per la protezione e conservazione dei prodotti alimentari e farmaceutici e per la tutela della salute dei consumatori. Il modello di società a cui pensano è quello basato sulla decrescita felice, sul ritorno ad un’economia silvestre che non potrà che produrre una vera e propria deindustrializzazione dell’Europa e una implosione economica e sociale e quindi politico-istituzionale».

Quando è peggiorata la situazione?

«A fine novembre il Parlamento Ue con larghissima maggioranza, 426 voti favorevoli, ha votato sul regolamento imballaggi un testo legislativo che ha ulteriormente rafforzato il sistema di economia circolare basato sul riciclo sul quale il sistema delle imprese europee ha investito miliardi di euro negli ultimi 30 anni. Questo è un grande vantaggio competitivo dell’Europa, di cui l’Italia è il campione assoluto. Il Consiglio dei Ministri Europeo dell’Ambiente, con l’eccezione dell’Italia, a fine dicembre ha riportato di fatto le lancette dell’orologio indietro, tornando alla proposta originaria della Commissione».

Perché è preoccupato?

«Qui non si gioca solamente il destino della filiera del packaging, ma sono a rischio le strutture portanti dell’industria agroalimentare italiana ed europea, delle filiere distributive dall’horeca alla grande distribuzione. Centinaia di migliaia di imprese, milioni di lavoratori, decine di miliardi di fatturato. In più rischiamo di far collassare tutto il sistema di raccolta, recupero e riciclo che in Italia e in Europa abbiamo faticosamente costruito negli ultimi 30 anni. Questa è l’Europa dei burocrati, degli estremismi, che ignorando le evidenze scientifiche sui reali impatti ambientali non ha nessun approccio né pragmatico né concreto su quelli che sono i reali bisogni dei cittadini e delle imprese».

Sembra quasi che da parte di Bruxelles si creino più ostacoli che opportunità in nome del Green Deal.
«La sostenibilità ambientale è un obiettivo irrinunciabile, ma quando il Green Deal diventa una summa di provvedimenti ideologici che, a prescindere da qualsiasi approccio scientifico, impongono standard che finiscono per avere impatti negativi sia sull’ambiente, sia sulla competitività, allora si trasforma in un black deal. L’Europa sta affrontando la crisi economica e industriale più grave dal Dopoguerra. Oggi l’eccesso di iperregolamentazione accelera la deindustrializzazione».

L’automotive non sta meglio.
«Abbiamo compiuto delle scelte assolutamente suicide. Siamo andati a scegliere, di fatto, una tecnologia che ci obbliga a dipendere esclusivamente della Cina, con impatti ambientali chiaramente negativi e distruggendo un’industria che in Italia e in Europa ha sempre avuto una leadership mondiale. Lo stesso discorso vale per la tassonomia, per la chimica, per l’agricoltura e adesso per il packaging».

C’è una speranza

che nel corso del trilogo ci possa essere un colpo di coda?
«Il Parlamento Ue si è espresso inequivocabilmente. Il sistema Paese ha fatto uno straordinario gioco di squadra. Non si può assolutamente perdere».

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