"Parte attiva di una rivoluzione": la sfida di Ispra sulla finanza sostenibile

Maria Siclari, Direttore Generale di Ispra, è alla guida della nuova task force istituita dal suo ente e parla degli obiettivi della sua istituzione con ilGiornale.it

"Parte attiva di una rivoluzione": la sfida di Ispra sulla finanza sostenibile

Maria Siclari, Direttore Generale di Ispra, è alla guida della nuova task force istituita dal suo ente per fornire sostegno a istituzioni ed enti sulla finanza sostenibile, la prima istituita nel perimetro delle pubbliche amministrazioni italiane. Con lei discutiamo degli obiettivi con cui l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale intende muoversi sul fronte della vigilanza e del sostegno pubblico.

Dottoressa Siclari, come lavora Ispra per mettere in campo uno scrutinio efficiente sulla finanza sostenibile?

"Ispra ha colto al volo l’opportunità di entrare ed essere parte attiva di questa grande rivoluzione che è la finanza sostenibile, uno strumento fondamentale per la lotta al Greenwashing. Dal 2018 ad oggi sono state avviate diverse attività, quali convegni, pareri forniti, incontri con i portatori d’interesse, con l’obiettivo di promuovere un dialogo costruttivo con le autorità vigilanti e gli operatori finanziari. Lo scorso anno è stata attivata una collaborazione con il Forum per la Finanza sostenibile della durata di 3 anni, per sensibilizzare gli operatori finanziari sulle buone pratiche, in contrasto al Greenwashing, nell’ambito della finanza sostenibile e della sostenibilità d’impresa, rispetto al Regolamento Tassonomia UE. Il rapporto prodotto nell’ambito di questa collaborazione è stato presentato con successo all’ultima edizione di Ecomondo".

La task force nasce da questa attività costante di monitoraggio?

"Nell’ultimo semestre del 2022, Ispra ha attivato un’interlocuzione costante con le autorità di vigilanza e con le associazioni degli operatori di mercato e delle imprese, per supportarli nella comprensione del dato ambientale che l’Istituto già detiene perché chiamato a raccoglierlo in virtù di adempimenti di legge e compiti istituzionali in materia di rifiuti, di emissioni (clima alteranti e non), di certificazioni ambientali e di autorizzazioni integrate ambientali. In questo contesto, l’Istituto ha deciso anche di istituire una task force per la finanza sostenibile, presieduta dalla sottoscritta, con l’obiettivo di riunire intorno ad un tavolo tutte le competenze dell’Istituto e metterle al servizio di tutti in una circostanza così delicata come quella attuale, che vede, negli ultimi mesi, lo sviluppo di dispositivi legislativi comunitari in materia di finanza sostenibile, dalla Sustainable Finance Disclosure Regulation, passando per la Tassonomia delle attività sostenibili alla Corporate Sustainability Reporting Directive e alla Corporate Sustainability Due Diligence".

Con la task force lanciate un modello per le pubbliche amministrazioni italiane. A che livello è il sistema nel suo complesso nei ragionamenti sulla sostenibilità?

"L’applicazione di questa nuova normativa coinvolgerà a livello europeo qualcosa come 50.000 società, rispetto alle attuali 12.000, che saranno chiamate a fornire un reporting di sostenibilità certificata e sottoposta a controllo indipendente, mentre a livello italiano si passerà dalle attuali circa 200 imprese, attualmente soggette alla Dichiarazione non Finanziaria, a circa 5.000 imprese. In realtà, non avevamo intenzione di lanciare un modello, almeno nei nostri intenti, ma di facilitare un dialogo costruttivo con le autorità vigilanti e gli operatori finanziari e con le altre istituzioni quali MEF, Ministero del Tesoro, MASE. L’Ispra è l’Ente pubblico titolare di dati e informazioni ambientali pubblici e validati; tra le sue funzioni istituzionali c’è il supporto tecnico al Comitato Ecolabel Ecoaudit, che segue il processo di sviluppo dei criteri EU Ecolabel per i prodotti finanziari retail, cioè non destinati a clienti professionali. La finanza sostienile ed Ispra non sono dunque due modi distanti".

Che importanza ha la consulenza in ambito di finanza sostenibile?

"Come ribadito anche nel rapporto ONU sul contrasto al Greenwashing durante la Cop27 in Egitto, le informazioni e i dati ambientali devono essere certificati, validati da un punto di vista scientifico da enti terzi attendibili e indipendenti che operino sulla base di dati pubblici e, in virtù di questo, Ispra metterà a disposizione tutti i dati e le informazioni ambientali pubbliche di cui dispone, ma anche competenze tecniche specifiche per supportare le imprese nella loro capacità di estrarre ‘informazioni rilevanti’ sulla sostenibilità delle proprie attività e renderle disponibili agli investitori".

Le nuove tassonomie Ue e le svolte europee regolatorie sul tema della finanza verde impongono una sostenuta attenzione a ogni aggiornamento normativo. L'economia e la politica italiana saranno in grado di farvi fronte?

"Per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal, del PNRR, ma soprattutto per raggiungere la neutralità climatica per la metà del secolo, è necessario spingere e riorientare anche i flussi capitali verso investimenti sostenibili. Confindustria stima, infatti, che il fabbisogno finanziario necessario a realizzare gli obiettivi del Fit for 55 al 2030 - il pacchetto di proposte per arrivare al -55% della riduzione delle emissioni inquinanti - sia di più di 1100 miliardi di euro. Questo ‘tsunami’ normativo in arrivo sta già generando una richiesta massiva di accesso a dati sinora non accessibili o addirittura di produzione di nuovi dati di natura ambientale che riguardino le imprese e gli impatti dei settori economici. Le aziende si dovranno adeguare a questa nuova normativa e per poterlo fare le dobbiamo aiutare: accompagnarle e supportarle, fornendo loro tutte le informazioni ambientali in nostro possesso è proprio il nostro compito. Ispra ha iniziato e continuerà in maniera sempre più serrata ad avere un dialogo con molti dei portatori di interesse perché solo da una tale interlocuzione si può comprendere pienamente il loro fabbisogno e aiutarli nel modo più corretto. L’auspicio è quello di svolgere questo ruolo di “facilitatore” in una sfida che si annuncia sì complessa, ma di indiscutibile importanza strategica per il benessere del nostro continente e per la competitività del sistema economico industriale del nostro Paese".

Più in generale, come opera Ispra in questa fase critica per la lotta ai cambiamenti climatici? Quali sono le vostre priorità di ricerca per questo 2023?

"Il cambiamento climatico rappresenta una delle più grandi sfide da affrontare già ora e nei prossimi decenni; le attività che l’Istituto svolge sui cambiamenti climatici sono finalizzate a fornire un supporto tecnico-scientifico ai decisori in merito ai due obiettivi prioritari previsti a livello internazionale e nazionale: neutralità climatica e resilienza al cambiamento climatico. Nello specifico l’impegno di Ispra si concretizza attraverso tre linee di attività, prioritarie anche per l’anno in corso. Conoscenza del clima e delle sue variazioni, in primo luogo. Neutralità climatica, secondo punto. Terzo, infine, conoscenza degli impatti e adattamento al cambiamento climatico"

Conoscenza del clima e delle sue variazioni come primo punto, diceva. Come lavora Ispra?

"La valutazione dello stato e delle tendenze del clima in Italia, che Ispra aggiorna con cadenza annuale, costituisce la base conoscitiva indispensabile per sviluppare le necessarie azioni di adattamento ai cambiamenti climatici. Vorrei fornire qualche dato in proposito: le stime più recenti, elaborate su dati preliminari, indicano che il 2022 è stato l’anno più caldo dal 1961, con una temperatura media di +1.12°C rispetto al valore medio del trentennio di riferimento 1991-2020. Inoltre, il 2022 risulta l’anno meno piovoso e le precipitazioni sono state ben inferiori alla media climatologica specialmente nell’Italia centro-settentrionale, determinando il persistere di una situazione di siccità estrema in diverse aree del territorio nazionale e conseguenti problemi di severa riduzione di risorsa idrica. Da questo quadro emerge chiaramente l’importanza della conoscenza dei cambiamenti climatici in atto e dei conseguenti impatti sul territorio per pianificare azioni future".

C'è poi il grande tema della neutralità climatica...

"Per il perseguimento degli obiettivi di neutralità climatica le attività dell’Ispra riguardano la messa a punto di scenari emissivi per la riduzione delle emissioni nel lungo termine; il supporto per l’attuazione del Decreto Clima; le valutazioni per il raggiungimento degli obiettivi di emissione al 2030".

E per quanto riguarda l'adattamento al cambiamento climatico, come lavora Ispra?

"Da alcuni anni Ispra coordina, all’interno del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, l’attività finalizzata allo studio, identificazione ed elaborazione di indicatori di impatto dei cambiamenti climatici per comporre il quadro conoscitivo relativo agli effetti dei cambiamenti climatici già osservati nel nostro Paese, sia sui sistemi naturali che sui settori di importanza socio-economica. Il set di indicatori ad oggi popolato, verrà aggiornato e integrato proprio quest’anno e sarà disseminato, insieme ad altri contenuti e informazioni, attraverso la Piattaforma Nazionale sull’adattamento che Ispra ha sviluppato per conto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Sul tema dell’adattamento Ispra sta affiancando il MASE nel percorso finalizzato alla redazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti climatici che auspichiamo possa presto rappresentare un valido strumento per rendere il nostro territorio più resiliente ai cambiamenti climatici".

Spesso si sente parlare dei ritardi nella lotta Europea e italiana alle emissioni e a altre questioni legate ai cambiamenti climatici. Gli ultimi anni dimostrano però che il nostro modello rimane punto di riferimento. Dove possiamo fare scuola?

"Dall’analisi dei dati disponibili, emerge che già dal 2022 l’Italia molto verosimilmente non rispetterà i nuovi target sulle emissioni dei Paesi membri stabiliti dal regolamento «Effort sharing», regolamento che stabilisce dei target nazionali annui vincolanti per il periodo 2021-2030 alle emissioni di trasporti (che rappresentano poco meno del 40% di queste emissioni), civile (ossia semplificando il riscaldamento degli edifici che rappresenta circa il 25%), agricoltura (che pesa per oltre il 10%), rifiuti. Finora l’Italia è stata in grado di rispettare gli impegni vigenti per il periodo 2013-2020, grazie a una serie di fattori che includono, tra l’altro, il susseguirsi di periodi di forte contrazione della produzione industriale, ma è purtroppo da molti anni che le emissioni dei settori trasporti e civile - se si esclude l’anno di inizio della pandemia con il conseguente lock-down - non calano in maniera significativa. Per quanto riguarda il settore dei trasporti, emerge inoltre che le misure vigenti, incluse quelle del PNRR, sono insufficienti al conseguimento degli obiettivi stabiliti dal vecchio Piano nazionale energia e clima, elaborato nel 2018, e molto distanti dai nuovi obiettivi stabiliti dal cosiddetto pacchetto «fit for 55», ossia quell’insieme di norme europee in via di adozione per rispettare gli impegni assunti nell’ambito dell’Accordo di Parigi. Le misure vigenti appaiono, invece, molto più efficaci nel settore delle energie rinnovabili. In tale ambito gli interventi finanziati e gli effetti attesi dalle riforme abilitanti, potrebbero portare ad incrementi significativi per la produzione fotovoltaica ed eolica, ma anche per la produzione di biometano. In particolare, le produzioni eolica e fotovoltaica si tradurrebbero in una riduzione evidente delle emissioni prodotte dal settore delle industrie energetiche, quantificabile in circa 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente al 2030".

E se guardassimo al passato come cambia il quadro?

"Se guardiamo invece al nostro passato il quadro cambia in modo rilevante. Dal 1990 al 2020 la quota italiana di rinnovabili sul consumo interno lordo di energia è cresciuta all’incirca dal 4% al 20%. La quota di energia rinnovabile in Italia nel 2020 è tra le più alte nei Paesi UE (superiore a Francia e Germania). Inoltre, l'Italia è stata tra i paesi Europei con minore intensità energetica (al 5° posto nel 2020) e se si considerano solo i maggiori paesi di UE27, l'Italia continua ad avere la più bassa intensità energetica seguita dalla Germania. In conclusione: tutti gli indicatori mostrano che l'Italia, rispetto ai maggiori Stati membri dell'UE27, ha un'efficienza energetica ed economica storicamente elevata, con una quota significativa di energie rinnovabili e gas naturale nel mix energetico, e una delle emissioni pro capite più basse d'Europa. L'intensità energetica per unità di PIL in Italia è superiore solo a quella di Irlanda, Danimarca, Malta e Lussemburgo.

L'andamento di indicatori come le emissioni di gas serra pro capite, l'intensità energetica e l'intensità di carbonio dell'economia mostrano che i Paesi più grandi si stanno gradualmente avvicinando ai valori italiani, storicamente più bassi, e in alcuni casi tali valori sono stati superati".

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