Con l’approvazione in Consiglio dei ministri del Decreto legislativo che attua la delega fiscale che riordina la delicatissima materia della riscossione, si compie un altro, importante passo verso la realizzazione di quel «fisco amico» che rappresenta uno dei cardini programmatici dell’attuale maggioranza di governo.
Il viceministro all’Economia, Maurizio Leo (nella foto), ha dichiarato che l’obiettivo è quello di rendere più veloce ed efficiente il sistema della riscossione, con tutta una serie di interventi che puntano a snellire l’attuale magazzino del non riscosso che rappresenta una montagna di crediti superiore ai 1200 miliardi.
Tutto ciò, sempre secondo Leo, cercando di ridisegnare «completamente l’architettura del fisco italiano».
L’impostazione delle misure annunciate, così come ampiamente descritto su queste pagine, tende a ribaltare la sinistra filosofia che ha sempre considerato alla stregua dei criminali anche coloro i quali evadevano per oggettiva incapacità di versare quanto dovuto al fisco. Un fisco, occorre sempre ricordare, che sul piano normativo rappresenta una giungla quasi inestricabile, piena zeppa di trappole e trabocchetti, che l’attuale maggioranza sta cercando di rendere a misura d’uomo.
Sotto questo profilo lo stralcio delle cartelle esattoriali dopo 5 anni, che la sinistra tassaiola proprio non digerisce, dimostra l’intenzione di uscire da un sistema vessatorio che, pure per pochi spiccioli, tiene sotto la minaccia di un catastrofico pignoramento milioni di contribuenti per un tempo quasi infinito.
Tuttavia ancora parecchio resta da disboscare nella fitta giungla fiscale, in particolare nel vasto e complesso settore della riscossione coatta.
Riscossione che spesso e volentieri molti enti locali affidano ad agenzie private le quali, per ovvi motivi di business, dimostrano assai meno scrupoli rispetto all’esattore pubblico. Da tempo alcuni esperti del settore tributario segnalano, da parte di tali agenzie, una certa «inclinazione» a gonfiare le cartelle esattoriali, procedendo con una interessata sollecitudine sconosciuta all’Agenzia delle Entrate. Il problema, come segnalano gli stessi esperti, consiste nel fatto che tali soggetti privati possono rapidamente mettere le mani sui conti correnti di qualunque presunto creditore, anche per una semplice multa, dal momento che una volta emessa la cartella, essa diventa un titolo esecutivo.
In tal senso, una svolta potrebbe aversi se, proprio come avviene per le contravvenzioni stradali, ad occuparsi del contenzioso fosse il giudice di pace, in luogo delle affollatissime commissioni tributarie.
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