"Salario minimo? Introdurlo per legge è ideologico"

Federico Iadicicco, presidente dell’Anpit, ritiene che solo la crescita economica possa far aumentare i salari

"Salario minimo? Introdurlo per legge è ideologico"
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“La norma sul salario minimo ha più il sapore della propaganda politica che una risposta a una necessità effettiva”. A dirlo è Federico Iadicicco, presidente dell’Anpit (Associazione Nazionale Per l'Industria e il Terziario) che vedi dei “limiti anche di natura giuridica” nella proposta del centrosinistra.

A cosa si riferisce?

“Quando si considera il salario minimo quello sottoscritto dalle organizzazioni più rappresentative non si tiene conto dell’articolo 39 della Costituzione e, infatti, sarebbe necessario approvare una legge sulla rappresenta sindacale. Senza di essa si rischia di creare un pasticcio giuridico che potrebbe aumentare i contenziosi e ottenere l’effetto contrario, ossia frenare l’economia e la crescita dei salari”.

Al di là di questo, il salario minimo serve oppure è meglio intervenire diversamente?

“Se vogliamo aumentare i salari dobbiamo intervenire su alcuni fattori che consentano di sviluppare politiche di crescita. In primis serve ridurre la pressione fiscale sulla persona perché così aumentiamo il reddito disponibile, mentre se riduciamo la pressione fiscale sulle imprese riusciamo a creare politiche di sviluppo che consentiranno di avere un aumento delle retribuzioni nel medio termine. Questo è ciò che il governo sta facendo con la delega fiscale, il principale strumento per raggiungere l’obiettivo”.

Nel settore terziario, però, spesso, come ha evidenziato anche il presidente di Confindustria Bonomi, i salati sono molto bassi…

“Nel settore del terziario la maggior parte dei contratti sottoscritti sono quasi tutti al di sopra dei 9 euro l’ora. Ci sono alcuni settori con basso tasso di produttività e dove le retribuzioni rischiano di essere sotto quella soglia, però, bisogna vedere se sono sostenibili. Le retribuzioni non si aumentano per legge e pensarlo fa parte solo di una dinamica ideologica che rientra nel gioco delle parti. Le retribuzioni nel pubblico aumentano se interviene lo Stato, ma nel privato salgono se aumenta la crescita e questo può avvenire solo con una riduzione delle tasse per famiglie e imprese, con un aumento della produttività del lavoro e con maggiori investimenti. Su quest’ultimo punto è chiaro che i fondi del Pnrr sono i principali veicoli. Solo dopo parlerei di salario minimo. Rinvierei la discussione non a settembre prossimo, ma al settembre 2030 perché oggi i problemi sono altri”.

Il salario minimo, come sostiene Tito Boeri, può favorire il lavoro nero?

“È chiaro che uno dei problemi del salario minimo introdotto per legge è che, se mettiamo un importo universale per tutti i settori e non teniamo conto delle peculiarità dei singoli settori, l’effetto indiretto sarà quello di aumentare il lavoro nero pur di non pagare quel costo non sostenibile. Ma non solo. Alcune aziende o imprese potrebbero essere costrette alla chiusura.

Infine, bisogna tener conto che molte attività svolte dall’uomo oggi possono essere automatizzate e, se il costo dell’automazione è notevolmente più basso della manodopera, corriamo il rischio che la sostituzione macchina-uomo avvenga in maniera più rapida”.

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