Nicolas Sarkozy torna a parlare sul tema della guerra russo-ucraina con un'intervista a Le Figaro che ha già fatto molto discutere. L'ex leader de Les Republicains, in carica dal 2007 al 2012 all'Eliseo e negli ultimi anni esponente di quella destra che si è molto avvicinata a Emmanuel Macron, ha dichiarato che sarebbe un errore chiudere la porta a Mosca. Sarkozy ha ricordato che "i russi sono slavi. Sono diversi da noi. La discussione è sempre difficile e ha causato molti malintesi nella nostra storia comune. Nonostante questo noi abbiamo bisogno di loro e loro hanno bisogno di noi" per un dialogo a tutto campo, dato che "la Russia è un vicino dell'Europa e tale rimarrà".
Sarkozy parla a ruota libera, arriva a considerare come opzione per la fine del conflitto una soluzione tramite referendum della questione della Crimea e rivendica l'operato da presidente. Il leader gollista fu l'alfiere del ritorno della Francia nel comando Nato nel 2007, fu un duro critico di Vladimir Putin dopo la svolta strategica inaugurata dalla Conferenza per la sicurezza di Monaco dello stesso anno e sostenne una soluzione negoziata per la crisi georgiana nel 2008 opponendosi all'invasione russa ma mirando anche a preservare l'indipendenza di Tbilisi rispettando quelle che Sarkozy ha oggi definito "le linee rosse" di Mosca: "abbiamo rifiutato l'adesione di Ucraina e Georgia alla Nato, nonostante le forti pressioni americane. Non volevamo che Putin scivolasse nella paranoia anti-occidentale che è stata a lungo la tentazione dei leader russi", dice Sarkozy, e in un certo senso si dimostra più franco della ben più deferente Cancelliera tedesca, che dopo la fine del suo mandato ha più volte riscritto la storia del suo comprensibile menage politico con Mosca.
Nel 2008 Putin, allora passato formalmente alla carica di primo ministro nell'arrocco di potere con Dmitri Medvedev, fu persuaso da Sarkozy a non entrare nella capitale georgiana per rovesciare il presidente Mikheil Saakashvili, che aveva aperto le ostilità contro le enclavi filorusse secessioniste. Nel novembre 2008 il Nouvelle Observeur ha citato una ricostruzione di Jean-David Levitte, ex consigliere diplomatico di Sarkozy, secondo cui in quel caldo agosto di quindici anni fa Putin disse a Sarkozy di voler "appendere Saakashvili per le palle" ricordando che non ci sarebbe stato nulla di diverso "dalla scelta americana di deporre e far impiccare Saddam Hussein in Iraq".
Furbescamente, Sarkozy avrebbe usato come bersaglio il presidente Usa George W. Bush di fronte a Putin ricordando che il leader di Mosca avrebbe "rischiato di fare la sua fine" agli occhi del mondo, ovvero quella di un leader messo all'angolo nella credibilità internazionale per aver scatenato una guerra non compresa dall'opinione pubblica globale. Quanto, ironia della sorte, Putin ha poi fatto nel 2022 in Ucraina.
Quei tempi Sarkozy li rivendica apertamente:"Ho avuto profondi contrasti con Vladimir Putin, mi sono assunto le mie responsabilità nel 2008, quando ero presidente di turno del Consiglio Ue". E il presidente russo di allora, Dmitrij Medvedev, ha applaudito le parole dell'ex omologo: "Come ho detto in diverse occasioni, i politici europei del passato avevano una levatura maggiore di quelli odierni: Nicolas Sarkozy, per esempio, che ha contribuito a risolvere il conflitto con la Georgia nel 2008 e non ha perso il suo buon senso", ha scritto su Twitter Medvedev lodando il capo di Stato francese di allora. Totalmente avversa la reazione ucraina: dalla medesima piattaforma il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak accusa Sarkozy di portare avanti "una logica criminale che giustifica le guerre d'aggressione della Russia". Durissimo anche François Bayrou del movimento liberale MoDem che in Francia definisce Sarkozy "comprato dai russi".
Destinato a far scalpore è anche il contenuto dell'antologia di Sarkozy sulla sua visione della modernità, appena pubblicata in Francia, dal titolo "Le Temps des Combats" ("Il Tempo delle Battaglie"). In essa Sarkozy rincara la dose invitando Emmanuel Macron a un atteggiamento costruttivo con Mosca: "è dovere del presidente francese tenere aperta la via del dialogo con la Russia". Un approccio politico, quello dell'ex presidente, che all'Eliseo non si è mai voluto abbandonare, nonostante la frustrazione di Macron per i reiterati rifiuti di Putin di incoronarlo come potenziale mediatore.
Ma la pulsione francese, dal generale De Gaulle a oggi, è quella della ricerca del dialogo a tutto campo con Mosca. E Sarkozy si associa al coro di autorevoli voci occidentali che aprono, da diversi mesi, a considerare il negoziato come via di fine alla guerra, prendendo atto dell'impossibilità della prospettiva di una vittoria militare di una delle parti in causa.
Se la guerra è continuazione della politica con altri mezzi, è anche vero che rinunciare alla politica come strumento di conclusione delle guerre sarebbe un grave autogol per tutte le grandi potenze. E sempre più voci di peso lo stanno sottolineando.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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