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"Se si ritira si deve dimettere". Il Gop prepara la trappola contro Biden

Il Gop prova a spaventare i democratici sul ritiro di Joe Biden: il passo indietro, infatti, potrebbe dare seguito a migliaia di ricorsi legali da parte degli elettori

"Se si ritira si deve dimettere". Il Gop prepara la trappola contro Biden
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Avrebbe dovuto dimettersi entro il weekend secondo i rumors che avevano tenuto banco per tutta la settimana, e invece Joe Biden sembra promettere a destra e a manca il ritorno in sella, la prossima settimana. Il presidente degli Stati Uniti ha ripetutamente affermato di non avere intenzione di ritirarsi dalla corsa e la sua campagna ha ribadito la sua posizione in una nota venerdì: "È in questa corsa e lo è per vincerla", si legge nel promemoria.

L'allarme sul ritiro di Biden

Se il mondo dei democratici è ormai spaccato a metà tra convinti sostenitori duri e puri (si veda l'endorsement vigoroso della famiglia Clinton nelle ultime ore) e frange chiedono un passo indietro, il tempo sembra stringere senza ancora una rotta precisa. A questo stato di cose ora si aggiunge il timore di eventuali ricorsi legali qualora il presidente Biden compisse un passo indietro. Ed è proprio su questo punto che il Gop sembra insistere in queste ore, tentando di sparigliare le carte e infastidire gli avversari: nella logica dei repubblicani, infatti, l'eventuale ritiro dovrebbe aprire anche l'ipotesi dimissioni da presidente. Ma la controparte si spinge ora ben oltre, tentando di mettere sotto scacco i dem.

Come? Ci ha pensato bene lo speaker repubblicano della Camera Mike Johnson che ha sollevato il problema eventuale di ricorsi legali: Johnson ha, infatti, annunciato che un tentativo di sostituire Biden nella corsa alle presidenziali potrebbe portare a cause legali dopo che circa 14 milioni di elettori hanno votato per lui alle primarie democratiche in tutto il Paese. "Sarebbe sbagliato, e credo illegale, secondo le regole di alcuni Stati, che una manciata di persone si mettesse in una stanza sul retro e cambiasse il candidato perché non gli piace più. Non è così che dovrebbe funzionare”, ha detto.

Lo scenario disegnato dallo speaker Johnson

Un'ipotesi che in parte fotografa una nuda e cruda verità, oltre che un'ipotesi probabile, ma che in queste ore viene agitata come uno spauracchio: i repubblicani, infatti, hanno tutto l'interesse affinché Biden resti il candidato democratico, potendo ipotecare così una vittoria certa salvo colpi di scena. Johnson ha, infatti, ribadito che non potrebbe essere così facile sostituire in extremis il nome del candidato alla Casa Bianca sulle schede elettorali di tutti i 50 stati americani.

"I democratici hanno un vero problema, ogni stato ha il suo sistema elettorale, questo è il nostro sistema costituzionale", ha detto il repubblicano, intervistato dalla Cnn, sottolineando che in qualche Stato potrebbe essere "una reale difficoltà" cambiare il candidato. "Biden è stato scelto dopo un lungo processo democratico in cui 14 milioni di persone hanno partecipato alle primarie - ha continuato lo Speaker - sarebbe molto interessante vedere se il cosiddetto partito della democrazia di riunisce dietro le quinte, spinge un bottone e mette qualcun altro nel ticket".

Anche Manchin chiede il ritiro di Biden

Intanto, al coro dei pro-ritiro si è unito oggi il senatore indipendente Joe Manchin che ha sottolineato come sia ormai tempo che il presidente passi il testimone alle nuove generazioni. "Penso che lascerà un'enorme eredità come uno dei più grandi leader che abbiamo avuto", ha dichiarato alla Cnn su "State of the Union". Secondo il senatore la campagna elettorale rappresenta una sfida mentale e fisica "incredibile" per "chiunque" e ha detto che avrebbe voluto che il presidente concentrasse invece le sue energie nel portare a termine gli ultimi cinque mesi del suo mandato. Secondo Manchin Biden potrebbe sfruttare quel tempo per "unire il Paese, calmare la retorica ed essere in grado di concentrare la sua attenzione sulla pace nel mondo". Il rapporto tra Manchin e Biden si è logorato durante gli ultimi quattro anni, rappresentando un ostacolo grave su alcune delle priorità legislative del presidente e ha cambiato la sua affiliazione al partito da democratico a indipendente.

Verso una convention complessa

Se Biden dovesse ritirarsi, un candidato alternativo verrebbe scelto ufficialmente il mese prossimo dai delegati alla Convention nazionale democratica, possibilmente attraverso una convention aperta, in cui i delegati potrebbero votare chi desiderano, o una convention negoziata, in cui i voti dei delegati sarebbero soggetti ad accordi segreti "mediati" da dirigenti di partito locali e statali. Alcuni importanti esponenti democratici, tra cui il rappresentante James Clyburn, hanno suggerito l’opzione delle "mini-primarie" per selezionare un sostituto, il che comporterebbe una serie di dibattiti, assemblee e altri eventi per far misurare i delegati con i programmi dei candidati prima della convention.

Dopo, diventerebbe molto più difficile per Biden ritirarsi dalla corsa e la decisione finale su eventuali contestazioni legali potrebbe finire nelle mani della Corte Suprema. Con tutto il caos che ne conseguirebbe.

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