"La Cina non è pronta per la guerra": cosa dice il rapporto che divide gli esperti

Secondo un centro studi Usa, dietro al potenziamento militare cinese non ci sarebbe la necessità di preparare Pechino alla guerra

"La Cina non è pronta per la guerra": cosa dice il rapporto che divide gli esperti
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La Cina come una tigre di carta? La controintuitiva suggestione arriva dalla lettura del nuovo rapporto del think tank Rand Corp. per il quale l’impressionante crescita militare di Pechino degli ultimi anni avrebbe una finalità tutta interna e non quindi quella di preparare il Paese ad un conflitto con gli Stati Uniti per il controllo di Taiwan e dell'Indo-Pacifico. L’analisi rilasciata il mese scorso dal centro studi americano, ripresa nelle ultime ore dalla Cnn, capovolge le conclusioni raggiunte sin qui dalla gran parte degli esperti e dalle principali agenzie di intelligence affermando che l’erede del Celeste Impero non sia davvero pronto per la guerra e solleva, come è ben facile immaginare, numerose perplessità tra gli addetti ai lavori.

Secondo il think tank di Washington il Partito Comunista Cinese (Pcc) ha alimentato l’espansione militare nazionale per mantenere un ferreo controllo sia sul personale delle forze armate che sulla società cinese. Tali considerazioni politiche potrebbero però ostacolare, se non compromettere, un confronto tra l’Esercito Popolare di Liberazione (Elp) e quello americano. Un’eventualità teorizzata dalla cosiddetta trappola di Tucidide che prevede l’inevitabilità di un conflitto tra una potenza emergente e una dominante.

Per la Cia una guerra sino-americana per Taiwan è prevista entro il 2027 ma, come ribadisce l’esperto di questioni cinesi di Rand Timothy Heath, tale scenario è improbabile in quanto “i progressi della modernizzazione militare della Cina sono concepiti prima di tutto per rafforzare l’attrattiva e la credibilità del regime del Pcc”. A sostegno della sua tesi Heath ricorda che l’esercito cinese “dedica fino al 40% del tempo di addestramento a temi politici” a discapito di quanto sarebbe necessario ”per padroneggiare le competenze essenziali per le operazioni di combattimento”.

Le unità dell’Elp, prosegue l’analista del think tank Usa, sono guidate non solo da ufficiali comandanti ma anche da commissari politici più interessati a valutare la lealtà al partito dei soldati che le loro effettive capacità militari. Per Heath il Pentagono dovrebbe concentrarsi su una più ampia varietà di minacce che la Cina potrebbe mettere in pratica e che potrebbero non prevedere l’impiego di missili e bombe. Oltretutto, i dubbi per la reale potenza cinese arriverebbero anche dalla guerra in Ucraina che ha dimostrato come una nazione più potente non sia riuscita di fatto ad ottenere i suoi obiettivi e a prevalere sul campo contro un esercito, almeno sulla carta, meno preparato.

Le conclusioni esposte nello studio di Rand sono state accolte da un profondo scetticismo. “La Cina è sempre più forte”, dichiara John Culver, ex funzionario dell’intelligence. Rincara la dose Andrew Erickson, professore presso il Naval War College, secondo il quale il presidente Xi Jinping è impegnato in “difficili sforzi” di ristrutturazione militare che “danno priorità al miglioramento delle capacità di combattimento realistiche e impongono” alle forze armate cinesi alcuni tra i più esigenti requisiti.

In effetti gli eventi delle ultime ore sembrano rimarcare le intenzioni ostili del gigante asiatico. Le autorità di Taipei hanno infatti reso noto di aver rilevato 41 aerei e 9 navi militari di Pechino, più una “imbarcazione ufficiale”, domenica, in coincidenza con il passaggio nello Stretto di Taiwan di una fregata canadese.

La Cina nel mese di febbraio, ha mobilitato 245 aerei e 108 navi, un numero record che denota l’intensificazione delle operazioni della Repubblica Popolare attorno all'isola di Formosa che assume sempre più i tratti di una prova generale per un conflitto a tutto campo.

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