Donald pigliatutto

Anche l'Arizona a Trump: vinti così i sette Stati-chiave. Il Congresso sta per diventare interamente del Gop. E il tycoon ha già dalla sua la Corte Suprema

Donald pigliatutto
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Donald Trump si prende anche l'Arizona e mette a segno una vittoria piena per sette a zero contro Kamala Harris negli stati in bilico, rendendo ancora più cocente la sconfitta dei democratici.

Ma la portata e la forza del suo ritorno vanno ben oltre: il tycoon pigliatutto non solo ha conquistato la Casa Bianca e incassato il voto popolare con un margine di quattro milioni di schede, ma pure la vittoria del suo partito al Senato, e alla Camera i repubblicani si avviano a mantenere la maggioranza, con il controllo di tutto il Congresso.

E infine, la Corte Suprema è già orientata a destra con sei giudici conservatori contro tre progressisti, grazie alle nomine effettuate da Trump durante il primo mandato. Per quanto riguarda i grandi elettori, The Donald ne ha conquistati un totale di 312, a fronte dei 226 ottenuti dalla vicepresidente (per vincere ne servivano 270).

Dopo quattro giorni di spoglio, infatti, Cnn ed Nbc gli hanno assegnato anche l'ultimo degli stati indecisi, tradizionalmente repubblicano, ma che nel 2020 era andato di misura a Joe Biden. Mentre nei giorni scorsi era già stato dichiarato vincitore negli altri sei, ossia Georgia, North Carolina, Pennsylvania, Wisconsin, Michigan e Nevada, che gli avevano consegnato la vittoria.

Al Senato si dovrebbe votare già a metà settimana per la leadership repubblicana, e risalgono le quotazioni di Rick Scott: il senatore della Florida ha ricevuto un terzo endorsement dal collega Bill Hagerty, tra i frontrunner per la carica di segretario di stato, ed è sostenuto anche dall'ex conduttore di Fox Tucker Carlson, molto influente nella cerchia ristretta di Trump. Alla Camera, invece, rimangono da assegnare ancora pochi seggi: i repubblicani sono avanti con 213 contro i 205 dei democratici, e sono favoriti per superare la quota di 218 che consente il controllo della House.

«Siamo pronti ad avere un governo unificato alla Casa Bianca e al Congresso» ha esultato lo speaker Mike Johnson, sottolineando che il Gop sta preparando un programma «ambizioso» per i primi 100 giorni in carica del 47esimo presidente il quale, ha precisato, sta «pensando in grande» alla sua eredità. D'altronde il tycoon ha consolidato e accresciuto il potere del movimento Maga, sostenendo i nuovi arrivati a Washington e preparando il terreno per il suo ritorno al 1600 di Pennsylvania Avenue.

E dopo la vittoria, ha affermato che i risultati elettorali hanno consegnato un «mandato senza precedenti e forte» ai repubblicani. Sabato, intanto, si sono tenuti cortei di protesta contro The Donald in varie città americane, da New York a Washington, da Seattle a Portland, ma con numeri decisamente inferiori a quanto successo nel 2016. Migliaia di persone si sono radunate fuori dalla Trump Tower nella Grande Mela gridando slogan come «Non ce ne andiamo» e «Non ci tireremo indietro».

Altre migliaia di persone si sono ritrovate nella capitale in risposta ai timori che la nuova amministrazione possa minacciare ulteriormente i diritti all'aborto dopo che la sentenza Roe v. Wade è stata ribaltata dalla Corte Suprema nel 2022.

I manifestanti della Women's March si sono radunati fuori dagli uffici della Heritage Foundation di Dc per criticare il think tank conservatore autore del controverso 'Progetto 2025' per la seconda presidenza Trump.

L'iniziativa è stata organizzata per sostenere l'accesso all'aborto e «come un'opportunità per costruire comunità e forza sulla scia

delle elezioni del 5 novembre». La protesta maggiore della Women's March tuttavia è in programma, sempre a Washington, il 18 gennaio, due giorni prima che Trump presti giuramento per il suo secondo mandato da presidente.

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