“Una breaking news che interessa solo 100 americani”. Il Washington Post presenta così l'entrata in vigore di standard meno rigidi nel dress code consentito al Senato Usa. “I senatori potranno vestirsi come vorranno” annuncia in un comunicato il leader della maggioranza, il democratico Chuck Schumer, il quale però precisa che continuerà ad indossare giacca e cravatta.
In effetti non c’era un vero e proprio regolamento che stabilisse cosa potessero indossare i senatori ma sino a poco tempo fa la consuetudine era quella di adottare un modo di vestire non molto diverso da quello rappresentato in Mad Men, il telefilm ambientato in un ufficio pubblicitario di New York degli anni Sessanta. I recenti cambiamenti socioculturali hanno però fatto sì che diversi rappresentanti del popolo americano e non solo – basti pensare al dibattito sullo stesso tema in Italia – cominciassero a presentarsi in tenute ben più sportive.
Uno dei più accesi sostenitori delle nuove disposizioni è il senatore democratico della Pennsylvania John Fetterman che, dopo una breve parentesi “formale”, è tornato ad indossare felpa e pantaloncini sportivi durante i lavori in aula. Al di là del suo contributo al cambio di costumi a Washington, il politico “ribelle”, eletto a novembre scorso dopo aver sconfitto il dottor Oz, il suo rivale repubblicano nonché famoso cardiochirurgo televisivo, ha aperto la strada anche ad una discussione più aperta sulla salute mentale. Conosciuto come "il gigante tatuato" - è alto due metri – soffre di depressione clinica e a febbraio scorso ha necessitato di un ricovero per tale problematica.
A riprova di quanto la polarizzazione nella politica americana abbia raggiunto livelli preoccupanti non si è fatta attendere la reazione di alcuni esponenti del partito repubblicano. Marjorie Taylor Greene, l’ultra trumpiana deputata della Georgia famosa per le sue interruzioni durante l’ultimo discorso del presidente Joe Biden sullo Stato dell’unione, si è scagliata contro il nuovo regolamento definendolo “vergognoso”. La senatrice Susan Collins ha dichiarato scherzando che si presenterà al lavoro in bikini e il suo collega Mike Lee, facendosi forse prendere un po’ la mano, ha commentato l’annuncio di Schumer paragonandolo al declino dell’Impero Romano.
Per la verità tra i suoi ranghi il partito dell’elefante può contare su alcuni sostenitori della nuova policy. Ted Cruz, rappresentante del Texas, in passato si è presentato al Congresso in tenuta da palestra e Kyrsten Sinema ha presieduto una sessione di lavori in un vestito di jeans definito dai critici come un perfetto look da rodeo. L’ex senatore della North Carolina Richard M. Burr era invece solito presentarsi in infradito e bermuda.
La piccola rivoluzione nei costumi arrivata ora in politica è solo l’ultima tappa di un processo più generale che ha stravolto non solo il modo di concepire il lavoro ma anche il come presentarsi in un contesto lavorativo. Più di un decennio fa precursori di questa tendenza sono state le big tech californiane. Basti pensare ai dolcevita neri indossati da Steve Jobs durante le presentazioni dei prodotti Apple o le felpe con cappuccio del CEO di Facebook Mark Zuckerberg. Prima che la pandemia sdoganasse nuove abitudini, lo smart casual era quindi diventato così popolare che il New York Times annunciava già nel 2016 “la fine del dress code da ufficio”.
Per una curiosa coincidenza, nella stessa settimana in cui vengono introdotte le discusse disposizioni al Senato, i parlamentari americani riceveranno al Congresso Volodymyr
Zelensky. Il presidente ucraino non si presenterà in giacca e cravatta ma, come fa dall’inizio della guerra d’aggressione scatenata dalla Russia contro il suo Paese, in tenuta militare. Con buona pace del senatore Lee.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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