Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha parlato al telefono on il primo ministro danese, Mette Frederiksen. Tra i due, nel corso dei 45 minuti di conversazione, ci sono stati toni molto accesi per le rivendicazioni che Trump ha fatto, nelle settimane scorse, sul territorio della Groenlandia, che com'è noto fa parte dello stato danese. L'indiscrezione sulla telefonata infuocata arriva dal Financial Times, che cita cinque alti funzionari europei secondo i quali il presidente Usa avrebbe insistito per "prendersi" la Groenlandia, suscitando la scontata reazione da parte del capo del governo di Copenaghen.
La premier danese, proprio come aveva già fatto in una nota ufficiale il governo di Copenaghen, ha sottolineato che la Groenlandia non è in vendita.
Secondo i funzionari europei (attuali e passati) informati sulla telefonata, la conversazione tra i due leader sarebbe andata molto male, come scrive il quotidiano britannico. Secondo questi funzionari "Trump è stato aggressivo e conflittuale" dopo che il primo ministro danese ha dichiarato che l’isola non è in vendita, nonostante la sua offerta di una maggiore cooperazione sulle basi militari e sullo sfruttamento minerario.
Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri danese Lars Lokke Rasmussen aveva dichiarato: "Non possiamo avere un ordine mondiale in cui i Paesi, se sono abbastanza grandi, possono semplicemente prendere ciò che vogliono, chiunque siano".
Perché la Groenlandia è così ambita?
Con appena 56.000 abitanti e un’estensione pari a sette volte l’Italia, la Groenlandia da anni è nel mirino degli americani. Già dai tempi del presidente Truman che, dopo la Seconda guerra mondiale, si dichiarò disposto a pagare la somma equivalente a 1,6 miliardi di euro di oggi per poterla acquistare. Ma l’operazione non andò in porto.
La strategia di Trump mira a diversi obiettivi: mettere le mani sul potenziale di terre rare, gas e petrolio e il controllo di una rotta commerciale che rischierebbe di finire, in futuro, nelle mani di Mosca e Pechino. Tutti obiettivi legati al previsto scioglimento dei ghiacci, spinto dal climate change. Ma le mire statunitensi avrebbero anche delle ragioni militari, legate ad una presenza strategica in caso di attacco russo.
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